La sentenza della Cassazione n. 17668/2025 ha finalmente chiarito una questione che ha tenuto banco per anni tra uffici e contribuenti: i termini di decadenza per l’emissione degli atti impositivi in era Covid non sono cumulabili con le sospensioni emergenziali. Non si tratta di una semplice precisazione tecnica, ma di una decisione che mette ordine in un ginepraio normativo nato durante la pandemia.
Stanco di leggere? Ascolta l’articolo nell’innovativo formato podcast.
|
1
La vicenda processuale che ha portato alla pronuncia
Tutto nasce da un avviso di accertamento relativo al periodo d’imposta 2015, notificato l’11 marzo 2022 anziché entro il 31 dicembre 2020. Il contribuente – giustamente, come poi emergerà – aveva impugnato l’atto eccependo la tardività della pretesa per intervenuta decadenza. I giudici di merito, sia in primo che in secondo grado, avevano dato ragione al contribuente. Ma l’Agenzia delle Entrate non si è arresa, proponendo ricorso in Cassazione e sostenendo che le norme Covid avrebbero dovuto… diciamo così, “salvare” l’atto tardivo.
La questione, apparentemente semplice, nascondeva in realtà un nodo interpretativo complesso. Da un lato c’era l’art. 67 del D.L. 18/2020 (il decreto “Cura Italia”) che aveva sospeso per 85 giorni i termini dell’amministrazione finanziaria, dall’altro l’art. 157 del D.L. 34/2020 (il decreto “Rilancio”) che aveva previsto la possibilità di scindere emissione e notifica degli atti impositivi.
I termini di decadenza secondo la normativa ordinaria
Prima di addentrarci nelle complessità della normativa emergenziale, è opportuno ricordare che per l’anno d’imposta 2015 il termine ordinario di decadenza scadeva il 31 dicembre 2020. Si tratta del termine quadriennale previsto dall’art. 43 del D.P.R. 600/1973, che decorre dal 31 dicembre dell’anno di presentazione della dichiarazione.
La regola è chiara: l’amministrazione ha quattro anni di tempo per emettere l’avviso di accertamento, decorsi i quali decade dal potere impositivo. Questo principio risponde a un’esigenza di certezza del diritto che caratterizza tutto il sistema tributario.
Le disposizioni emergenziali Covid e la loro portata
La pandemia ha stravolto molte certezze, comprese quelle fiscali. Il legislatore è intervenuto con due disposizioni principali:
- L’articolo 67 del D.L. 18/2020 ha previsto la sospensione dall’8 marzo al 31 maggio 2020 (85 giorni) dei termini relativi alle attività di liquidazione, controllo, accertamento e riscossione. Una norma che, nella prassi, ha generato non pochi equivoci interpretativi.
- L’articolo 157 del D.L. 34/2020 ha invece stabilito che gli atti impositivi con termini di decadenza scadenti tra l’8 marzo e il 31 dicembre 2020 dovevano essere emessi entro il 31 dicembre 2020, ma potevano essere notificati successivamente (tra il 1° marzo 2021 e il 28 febbraio 2022).
La posizione della Cassazione: no al cumulo delle proroghe
La Suprema Corte ha respinto il ricorso dell’Agenzia con argomentazioni che vale la pena analizzare nel dettaglio. Secondo i giudici di legittimità , l’art. 157 del D.L. 34/2020 costituisce una disciplina speciale che deroga al principio generale di divieto di proroga dei termini di prescrizione e decadenza.
La ratio della norma è chiara: agevolare il contribuente che si sarebbe trovato a ricevere la notifica di un provvedimento in un momento di obiettiva difficoltà determinato dalla pandemia. Ma – e qui sta il punto centrale – il legislatore ha espressamente previsto un termine ultimo per l’emissione del provvedimento, ossia il 31 dicembre 2020.
Particolarmente significativo è il passaggio in cui la Cassazione evidenzia come la norma abbia “espressamente escluso nell’individuazione del termine l’ulteriore sospensione temporale di 85 giorni”, riferendosi alla sospensione prevista dall’art. 67 del D.L. 18/2020.
Implicazioni pratiche della pronuncia
La sentenza assume particolare rilievo considerando che diversi uffici hanno emesso provvedimenti impositivi con decadenza al 31 dicembre 2020 in date successive, sostenendo l’applicabilità anche del periodo di sospensione di 85 giorni. Una prassi che, alla luce di questa pronuncia, risulta illegittima.
Si consideri che, nella casistica professionale, sono emersi casi in cui l’amministrazione ha tentato di giustificare atti tardivi invocando la combinazione delle due disposizioni emergenziali. La Cassazione ha ora chiarito che tale interpretazione è errata: le due norme non sono tra loro cumulabili.
Profili critici e prospettive operative
La pronuncia della Cassazione, pur chiarendo definitivamente la questione, mette in luce alcune criticità del sistema normativo emergenziale. La sovrapposizione di disposizioni con finalità diverse ha generato incertezze interpretative che si sono tradotte in contenziosi spesso evitabili.
Nell’esperienza applicativa, è emerso come la disciplina emergenziale abbia creato più problemi che soluzioni, lasciando strascichi che si trascinano ancora oggi. La sentenza 17668/2025 rappresenta quindi un punto di riferimento importante per la definizione dei rapporti pendenti.
Considerazioni conclusive e scenari futuri
La decisione della Cassazione conferma che, anche in situazioni eccezionali come quelle determinate dalla pandemia, i termini di decadenza mantengono la loro funzione di garanzia per i contribuenti. La possibilità di scindere emissione e notifica, prevista dall’art. 157 del D.L. 34/2020, non comporta automaticamente una proroga dei termini di decadenza.
È auspicabile che i contenziosi ancora pendenti su questa specifica questione vengano abbandonati dagli uffici, anche in considerazione del rischio di condanna alle spese processuali. La giurisprudenza ha ora fornito indicazioni chiare che dovrebbero orientare l’operato dell’amministrazione finanziaria verso una maggiore coerenza interpretativa.