Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili ha recentemente sciolto un dubbio che diverse società tra professionisti avevano sollevato presso i loro Ordini territoriali. La questione? Se fosse sufficiente utilizzare l’indirizzo di posta certificata di uno dei soci professionisti oppure se occorresse attivare una casella PEC intestata direttamente alla società. Con il Pronto Ordini n. 88 del 18 novembre 2025 la risposta è arrivata, chiara. E non lascia spazio a interpretazioni. Le STP (Società tra Professionisti) devono dotarsi di una propria casella di posta elettronica certificata e comunicarla sia al Registro Imprese che all’Ordine professionale di riferimento. La PEC personale del socio? Non è una soluzione percorribile.
🕒 Cosa sapere in un minuto
La decisione del CNDCEC
- Con il Pronto Ordini n. 88/2025 del 18 novembre 2025 il Consiglio Nazionale ha chiarito che le STP devono avere una propria PEC
- Non è sufficiente utilizzare l’indirizzo di posta certificata di uno dei soci professionisti
- La società è un soggetto giuridico autonomo e necessita di un domicilio digitale proprio
Fondamento normativo dell’obbligo
- Articolo 16 del DL 185/2008: prevede l’obbligo di domicilio digitale per le imprese costituite in forma societaria
- Le STP rientrano nell’ambito applicativo in quanto società iscritte al Registro Imprese
- Articolo 8 del DM 34/2013: disciplina l’iscrizione delle STP nella sezione speciale dell’Albo professionale
Doppio obbligo comunicativo
- La PEC della società va comunicata al Registro delle Imprese tramite pratica telematica
- Lo stesso domicilio digitale deve essere comunicato all’Ordine professionale di appartenenza
- Le STP sono soggette agli stessi obblighi comunicativi dei professionisti persone fisiche iscritti all’Albo
Passaggi operativi da seguire
- Attivare una casella PEC intestata alla denominazione sociale della STP presso un gestore accreditato
- Comunicare l’indirizzo al Registro Imprese con modello ComUnica o tramite professionista abilitato
- Informare l’Ordine professionale secondo le modalità previste dall’ente territoriale
- Mantenere la casella attiva e controllare periodicamente le comunicazioni ricevute
Perché non basta la PEC del socio
- La PEC personale appartiene al professionista come persona fisica, non alla società
- La STP ha soggettività giuridica autonoma e deve avere propri canali di comunicazione formale
- Il domicilio digitale della società garantisce continuità anche in caso di variazioni nella compagine sociale
- Le comunicazioni ufficiali devono raggiungere un indirizzo univocamente riferibile all’ente societario
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Un soggetto giuridico autonomo che esercita attività professionale
Per capire perché il CNDCEC abbia assunto questa posizione occorre tornare alla natura delle società tra professionisti. Sono enti costituiti in forma societaria, vero. Ma non esercitano attività di impresa nel senso tradizionale del termine, essendo invece orientate all’esercizio di professioni protette. Questo le colloca in una zona particolare del nostro ordinamento.
Vanno iscritte nella sezione speciale del Registro Imprese presso la Camera di Commercio territorialmente competente. E contestualmente devono risultare in un’apposita sezione dell’Albo tenuto dall’Ordine professionale a cui appartengono i soci. Una doppia registrazione che testimonia questa duplice natura: societaria per la forma, professionale per la sostanza dell’attività svolta.
La norma di riferimento per l’iscrizione all’Albo professionale è contenuta nell’articolo 8 del decreto ministeriale 8 febbraio 2013, n. 34. Mentre per l’aspetto della forma societaria rileva quanto previsto dalla disciplina generale sulle società, con gli adattamenti specifici per le STP introdotti dalla legge 12 novembre 2011, n. 183.
L’obbligo di dotarsi del domicilio digitale trova il suo fondamento normativo
Qui entra in gioco l’articolo 16 del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185 (poi convertito in legge). La disposizione stabilisce che le imprese costituite in forma societaria devono indicare il proprio domicilio digitale. Il CNDCEC richiama proprio questa norma per fondare l’obbligo in capo alle società tra professionisti.
Certo, si potrebbe obiettare: ma le STP non sono imprese in senso stretto, esercitano attività professionale. E in effetti questo è un punto che ha generato qualche incertezza iniziale, come testimonia la richiesta di chiarimenti arrivata dall’Ordine di Livorno. La risposta del Consiglio Nazionale però non lascia dubbi: pur non svolgendo attività di impresa commerciale, le STP “sono costituite in forma societaria” e questo basta per farle rientrare nell’ambito applicativo della norma.
La PEC del socio professionista appartiene a lui come persona fisica. È uno strumento di comunicazione individuale, legato alla sua iscrizione personale all’Ordine e alla sua attività professionale. La società invece ha una propria soggettività giuridica. Agisce come ente autonomo nei rapporti con terzi, con clienti, con la pubblica amministrazione. Deve quindi avere un proprio canale di comunicazione formale, distinto e riconoscibile.
Gli obblighi comunicativi verso l’Ordine professionale seguono le stesse regole
Una volta attivata la casella PEC intestata alla società e comunicata al Registro delle Imprese, c’è un secondo passaggio da compiere. L’articolo 8 del DM 34/2013 prevede che le STP, proprio perché iscritte in una specifica sezione dell’Albo professionale, siano soggette ai medesimi obblighi comunicativi che gravano sui professionisti iscritti come persone fisiche.
Questo significa che il domicilio digitale va comunicato anche all’Ordine. Non è sufficiente l’adempimento verso la Camera di Commercio. Serve un’ulteriore comunicazione formale all’ente ordinistico, utilizzando le modalità e i canali che ciascun Ordine territoriale mette a disposizione dei propri iscritti.
Nella prassi si tratta spesso di procedure telematiche piuttosto snelle. Molti Ordini hanno predisposto portali dedicati dove è possibile aggiornare i propri dati, compreso il domicilio digitale. Il principio però resta: la società deve risultare dotata di PEC propria anche agli occhi dell’Ordine, non può “appoggiarsi” alla casella di uno dei soci.
Una questione che tocca anche le responsabilità operative concrete
Vale la pena riflettere sulle implicazioni pratiche di questa posizione. Quando una comunicazione ufficiale deve raggiungere la società – poniamo una richiesta dell’Agenzia delle Entrate, una notifica di un atto giudiziario, una convocazione dell’Ordine stesso – è fondamentale che arrivi a un indirizzo univocamente riferibile all’ente societario.
Se si utilizzasse la PEC di un socio, cosa succederebbe in caso di suo recesso dalla società? O se quel professionista dovesse sospendere temporaneamente la propria attività? Si creerebbe un cortocircuito comunicativo potenzialmente molto problematico.
Il domicilio digitale della società garantisce continuità. Resta operativo indipendentemente dalle vicende personali dei singoli soci. E soprattutto rappresenta in modo chiaro l’identità della STP come soggetto giuridico a sé stante, che ha rapporti propri con clienti, fornitori, amministrazione pubblica.
Come mettersi in regola: i passaggi operativi necessari
Per le società tra professionisti che ancora non avessero adempiuto, i passaggi da compiere sono sostanzialmente tre. Il primo riguarda l’attivazione vera e propria della casella PEC. Va scelta intestandola alla denominazione sociale completa della STP, presso uno dei gestori accreditati di posta elettronica certificata.
Secondo step: comunicare questo indirizzo al Registro delle Imprese. Si tratta di una variazione dei dati societari che va effettuata tramite pratica telematica, utilizzando il modello ComUnica o rivolgendosi ai professionisti abilitati alla presentazione delle pratiche camerali (commercialisti, consulenti del lavoro).
Terzo passaggio: informare l’Ordine professionale di appartenenza. Qui le modalità possono variare da Ordine a Ordine, quindi conviene verificare le procedure specifiche consultando il sito web dell’ente territoriale di riferimento o contattando direttamente i loro uffici.
Un ultimo aspetto da considerare: il domicilio digitale va tenuto attivo e funzionante. Non basta crearlo e dimenticarsene. Occorre controllare periodicamente la casella, perché le comunicazioni inviate tramite PEC hanno pieno valore legale. Una notifica non letta ha comunque effetti giuridici, come se fosse stata materialmente ricevuta.



