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Riporto delle perdite fiscali: prevale la normativa vigente al momento dell’utilizzo

30 Aprile, 2025

L’ordinanza n. 10919/2025 della Corte di Cassazione stabilisce il principio secondo cui il riporto delle perdite fiscali è disciplinato dalla normativa vigente nell’esercizio di utilizzo. Tale pronuncia interviene in un contesto normativo caratterizzato da stratificazioni e modifiche legislative susseguitesi nel tempo. La Suprema Corte ha respinto la tesi del contribuente che invocava l’applicazione del regime normativo vigente al momento della generazione delle perdite.

Criterio temporale di applicazione della normativa fiscale

Il contenzioso tributario oggetto di pronuncia concerne una fattispecie in cui il contribuente intendeva compensare nel 2011 perdite fiscali generatesi nel triennio 2005-2007. La questione controversa attiene all’individuazione della disciplina normativa applicabile ratione temporis. La società contribuente sosteneva l’applicabilità della normativa vigente all’epoca di formazione delle perdite, mentre l’Amministrazione finanziaria asseriva la necessità di applicare il regime in vigore nell’anno di utilizzo.

L’Agenzia delle Entrate aveva contestato che le perdite non fossero riconducibili a nuova attività produttiva, essendo derivate dall’acquisizione di un ramo d’azienda. Secondo l’Ufficio doveva quindi applicarsi la limitazione quantitativa dell’80% del reddito imponibile. Il contribuente, per contro, riteneva di poter beneficiare del precedente regime che consentiva il riporto illimitato per le perdite da start-up.

Evoluzione del quadro normativo sul riporto delle perdite

La disciplina del riporto delle perdite ha subito significative modifiche nel periodo di riferimento. Nel regime originario vigente nel 2005, il riporto delle perdite ordinarie era soggetto al limite temporale quinquennale. Le perdite generatesi nei primi tre esercizi di attività (c.d. “perdite da start-up”) godevano invece di un regime di favore, potendo essere riportate senza limiti temporali, purché riferibili a nuova attività produttiva.

Il D.L. n. 98/2011, entrato in vigore il 6 luglio 2011, ha profondamente innovato la disciplina abrogando il limite temporale quinquennale e introducendo un limite quantitativo pari all’80% del reddito imponibile di ciascun periodo. La ratio di tale intervento normativo va ricercata nell’esigenza di stabilizzazione del gettito fiscale, contemperando l’interesse erariale con quello del contribuente alla compensazione delle perdite pregresse.

La fattispecie dell’acquisto di ramo d’azienda

Nella controversia in esame, la Cassazione ha affrontato altresì la problematica relativa alla qualificazione dell’acquisto di ramo d’azienda ai fini dell’applicabilità della disciplina delle perdite da start-up. L’Amministrazione finanziaria aveva sostenuto che tale fattispecie non integrasse i requisiti previsti dalla normativa per la configurazione di una “nuova attività produttiva”, presupposto imprescindibile per l’accesso al regime di favore.

La Corte ha implicitamente confermato tale interpretazione, ritenendo che la mera acquisizione di un ramo aziendale da società operante nel medesimo settore non costituisca di per sé avvio di nuova attività imprenditoriale. Tale impostazione risulta peraltro in linea con l’orientamento della prassi amministrativa sul punto.

Analisi della pronuncia della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto la tesi dell’Amministrazione finanziaria, affermando che il regime applicabile al riporto delle perdite è quello vigente nell’anno di utilizzo. Tale principio trova fondamento nella circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 53/E/2011, espressamente richiamata dalla Suprema Corte, la quale aveva già chiarito che il momento rilevante per l’individuazione della disciplina applicabile è quello dell’utilizzo delle perdite fiscali.

La sentenza in commento ha quindi precisato che nel 2011 la società avrebbe dovuto applicare il limite quantitativo dell’80% di cui al D.L. n. 98/2011, beneficiando tuttavia dell’eliminazione del vincolo temporale quinquennale precedentemente vigente. La Corte ha inoltre evidenziato che tale interpretazione risponde all’esigenza di assicurare certezza nell’applicazione delle norme tributarie.

Profili applicativi e conseguenze per i contribuenti

L’orientamento giurisprudenziale cristallizzato nell’ordinanza n. 10919/2025 comporta rilevanti conseguenze sul piano operativo. I contribuenti si trovano infatti a dover applicare alle perdite fiscali pregresse il regime normativo vigente al momento del loro utilizzo in compensazione con i redditi imponibili, indipendentemente dalla disciplina in vigore all’epoca della loro formazione.

Le imprese che dispongono di perdite fiscali pregresse sono pertanto tenute a verificare accuratamente il regime applicabile in fase di predisposizione delle dichiarazioni fiscali. La compensazione delle perdite generate anteriormente al 2011 soggiace al limite quantitativo dell’80% del reddito imponibile, ma beneficia dell’assenza di limiti temporali di riporto. Per le perdite da start-up permane inoltre il requisito della riferibilità a nuova attività produttiva.

Il principio del “tempus regit actum” nell’ordinamento tributario

La pronuncia in esame si colloca nel solco di un orientamento giurisprudenziale consolidato che applica il principio del “tempus regit actum” alla materia tributaria. Tale principio, di derivazione civilistica, postula che gli atti e i rapporti giuridici siano disciplinati dalla normativa vigente al momento del loro perfezionamento.

Nel sistema tributario, l’applicazione di tale principio comporta che la compensazione delle perdite fiscali con i redditi imponibili costituisca un atto autonomo rispetto al momento genetico della perdita. Conseguentemente, la disciplina applicabile è quella in vigore nell’esercizio in cui si procede alla compensazione.

La Cassazione ha quindi confermato un orientamento ermeneutico volto a garantire certezza nell’applicazione delle norme fiscali, prevenendo potenziali disparità di trattamento tra contribuenti che si trovino in situazioni analoghe. La pronuncia richiama inoltre l’esigenza di stabilizzazione del gettito fiscale sottesa alla riforma del 2011, la quale consente una diluizione temporale dell’utilizzo delle perdite pregresse.

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