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Poste di bilancio con elevato rischio fiscale

18 Novembre, 2025

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Una pluralità di voci contabili dell’esercizio annuale presentano, intrinsecamente, una vulnerabilità riconosciuta sia dalla letteratura tributaria che dalla giurisprudenza di legittimità. Tali componenti rappresentano elementi critici sottoposti a specifici approfondimenti nel corso dei controlli amministrativi, poiché spesso celano profili di non conformità rispetto alla normativa fiscale vigente. Per evitare contestazioni in sede di verifica, le poste contabili devono conformarsi ai criteri stabiliti dal Decreto Presidenziale n. 917/1986 (TUIR), segnatamente la certezza, l’inerenza e la competenza. Questi parametri risultano rilevanti sia con riguardo alle componenti di costo che a quelle di ricavo. La circostanza che una voce di bilancio risulti dotata di tali requisiti, tuttavia, non garantisce in via assoluta il suo pieno riconoscimento fiscale. Esiste infatti una zona grigia nella quale l’Agenzia delle Entrate esercita il proprio sindacato discrezionale sulle appostazioni contabili, potendo operare una requalificazione functio dei componenti reddituali e contestare determinate scelte gestionali aziendali.

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🕒 Cosa sapere in un minuto

  • Requisiti fondamentali: Ogni costo deducibile deve possedere certezza, inerenza e competenza (art. 109 TUIR). L’onere della prova spetta al contribuente.
  • Voci critiche sotto scrutinio: Sponsorizzazioni, compensi amministratori, rimanenze, finanziamenti soci, svalutazioni crediti e immobilizzazioni immateriali richiedono documentazione accurata.
  • Participation Exemption (PEX): Esenzione del 95% delle plusvalenze subordinata a 4 requisiti cumulativi temporali e sostanziali (art. 87 TUIR). Perdita totale del beneficio in caso di violazione anche singolare.
  • Azione preventiva: Formalità procedurale, documentazione contemporanea, valutazione congruità e tracciabilità sono elementi di prevenzione essenziali contro contestazioni amministrative.
  • Inattendibilità bilancio: Assenza distinte inventariali o gravi scostamenti nelle rimanenze comporta dichiarazione di inattendibilità e ricorso ad accertamenti induttivi (D.P.R. 570/1996).

Fondamenti normativi e principi di derivazione rafforzata

Nell’ambito della problematica generale concernente la tassazione dei redditi di impresa, acquista rilevanza il principio di derivazione rafforzata. Secondo tale orientamento, in assenza di specifiche deroghe dettate dalla normativa fiscale, l’adozione di soluzioni contabili coerenti coi principi contabili generalmente riconosciuti rende, nella generalità dei casi, le appostazioni contabili immodificabili dal punto di vista fiscale. La giurisprudenza, ivi inclusa quella di legittimità, ha affrontato in numerose occasioni tali questioni marginalità, frequentemente risolvendo le controversie a favore dell’Amministrazione finanziaria.

La normativa relativa alle cosiddette società di comodo, disciplinata dalla Legge n. 724/1994, conserva rilevanza nel panorama tributario contemporaneo sebbene con intensità ridotta rispetto al passato, grazie alle innovazioni normative recenti. Questo istituto mantiene comunque la capacità di generare ripercussioni significative sulla configurazione fiscale di molteplici voci di bilancio, incidendo sensibilmente sulla quantificazione del carico tributario complessivo.

Criticità relative ai contratti di sponsorizzazione e marketing

Tra le voci di bilancio maggiormente esposte a scrutinio dei verificatori fiscali figurano i costi sostenuti dall’impresa in relazione a contratti di sponsorizzazione commerciale. Questa categoria di oneri subisce, regolarmente, un esame approfondito durante la fase istruttoria delle verifiche. In molteplici circostanze, tale analisi si conclude con contestazioni riguardanti la corretta qualificazione della natura del costo e la legittimità della detrazione IVA, nonché della conseguente deducibilità ai fini delle imposte sul reddito.

La questione centrale riguarda l’identificazione del nesso funzionale tra la spesa e l’attività di impresa. L’Amministrazione finanziaria, nel corso dei controlli, accerta frequentemente l’assenza del requisito dell’inerenza oppure rileva difetti nella documentazione idonea a comprovare i presupposti fattuali della spesa. Una società operante nel settore della consulenza, ad esempio, che sostiene costi per il naming di una struttura sportiva locale, dovrà fornire evidenze documentali circa il collegamento tra tale operazione e la produzione di ricavi professionali, dimostrando l’utilità della visibilità commerciale conseguita.

Plusvalenze in regime di participation exemption: requisiti procedurali e temporali

La disciplina tributaria relativa all’esenzione delle plusvalenze conseguite in regime di participation exemption (PEX), disciplinata dall’articolo 87 del TUIR, presenta una complessità notevole. Tale normativa subordina il riconoscimento dell’esenzione al verificarsi congiunto di una molteplicità di condizioni, sia di natura temporale che sostanziale, per qualificare come acquisito il beneficio specifico alle plusvalenze realizzate.

I requisiti cardine del regime PEX includono: il possesso ininterrotto della partecipazione dal primo giorno del dodicesimo mese precedente la cessione; l’iscrizione delle partecipazioni tra le immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio esercizio chiuso durante il periodo di detenzione; la residenza fiscale della società partecipata in una giurisdizione priva di regime fiscale privilegiato; l’esercizio da parte della partecipata di un’attività effettivamente commerciale secondo la definizione di cui all’articolo 55 del TUIR.

Le ultime due condizioni devono sussistere ininterrottamente per almeno tre periodi d’imposta anteriori al momento della cessione. La violazione anche di un singolo requisito comporta la perdita totale del beneficio esentativo, assoggettando il plusvalore al regime ordinario di tassazione. La giurisprudenza tributaria ha generato recenti sviluppi interpretativi intorno alla qualificazione della commercialità nelle fasi di start-up aziendale, con effetti rilevanti sulla pianificazione fiscale delle operazioni di investimento.

Compensi agli amministratori e vincoli formali di deducibilità

I corrispettivi attribuiti a titolo di remunerazione agli organi amministrativi costituiscono una voce di frequente contestazione da parte dell’Agenzia delle Entrate. I profili critici emergono, in primo luogo, dalla carenza dei requisiti di natura formale, quale l’assenza ovvero il ritardo nella deliberazione organica relativa all’attribuzione del compenso. Tale vizio, pur formale, determinando una insufficiente certezza circa il diritto della società alla deduzione, fonda contestazioni mirate al disconoscimento integrale della deducibilità della spesa.

In ulteriori circostanze, è l’entità stessa dell’importo corrisposto agli amministratori a generare questioni tributarie di rilievo. L’Amministrazione finanziaria, coadiuvata dalla giurisprudenza tributaria sia di merito che di legittimità, opera valutazioni di congruità dei compensi, parametrandoli agli standard di mercato e alle effettive responsabilità gestionali assunte. Una remunerazione manifestamente sproporzionata rispetto alle mansioni esercitate espone il contribuente a contestazioni di indeducibilità parziale o totale della spesa.

Correlati al tema dei compensi amministrativi operano i profili di deducibilità fiscale dei premi assicurativi sottoscritti dall’ente collettivo al fine di proteggere il proprio management da specifici rischi (c.d. “key man insurance”), nonché gli accantonamenti annuali stanziati in bilancio a titolo di trattamento di fine mandato (TFM). Tali materie ricevono continua attenzione da parte della giurisprudenza tributaria, con la progressiva sedimentazione di orientamenti giurisprudenziali che meritano approfondimento specialistico.

Rimanenze di magazzino e metodologie di verifica

Altra voce di bilancio caratterizzata da elevata sensibilità fiscale è costituita dalle rimanenze di magazzino, particolarmente quando il peso specifico di tale componente risulta rilevante rispetto al totale dell’attivo patrimoniale. In simili situazioni, l’attività di controllo dei verificatori fiscali tende a concentrarsi sull’analisi completa della gestione dell’intero ciclo produttivo-commerciale, fino alla ricostruzione dei saldi finali al fine di formulare un giudizio di attendibilità della rappresentazione contabile rispetto alle consistenze fisiche realmente esistenti.

Scostamenti significativi nelle giacenze di magazzino, oppure l’assenza delle cosiddette distinte inventariali—che l’impresa è sempre obbligata a mantenere a disposizione e consegnare agli organi verificatori in caso di esplicita richiesta—può determinare, secondo il D.P.R. n. 570/1996, la dichiarazione di inattendibilità complessiva delle scritture contabili. Tale pronunciamento legittima il ricorso alle metodologie di accertamento di natura induttiva, esponendo il contribuente a rischi di maggior carico tributario difficilmente contestabili in sede giurisdizionale.

Finanziamenti soci e implicazioni fiscali dirette e indirette

I finanziamenti erogati dai soci costituiscono voci di bilancio esposte ad elevata sensibilità fiscale. Tali operazioni, frequentissime nelle realtà aziendali di piccole dimensioni e nei complessi di gruppo, generano profili critici sia sul fronte delle imposte indirette—in particolare il tributo di registro—sia con riguardo alle imposte sul reddito.

La caratterizzazione formale del finanziamento secondo le categorie di “gratuito” ovvero “oneroso”, il rispetto delle formalità procedurali nella fase deliberativa e di accettazione, il versamento effettivo dei capitali risultano elementi cruciali ai fini dell’evitamento di contestazioni nel corso della verifica fiscale. Un finanziamento formalizzato mediante semplice annotazione contabile, privo di documentazione idonea a comprovarne la effettiva erogazione, è facilmente vulnerabile a disconoscimento da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Svalutazioni crediti e requisiti di deducibilità

Situazione analoga si prospetta con riguardo alle operazioni di svalutazione e conseguente perdita su crediti commerciali. In questo ambito, le prese di posizione dell’Amministrazione finanziaria e della giurisprudenza tributaria risultano molteplici e frequenti, imperversando quant’è ai requisiti di certezza e precisione che la normativa tributaria esige ai fini della deducibilità di una perdita su crediti. L’articolo 109 del TUIR richiede che il costo risulti certo nella sua esistenza e determinato nel suo ammontare, scansion incertezze tecniche che caratterizzano spesso la gestione dei crediti in sofferenza.

Il contribuente soggiace all’onere di provare sia l’effettiva insolvenza del debitore che il collegamento tra il credito deteriorato e l’esercizio dell’attività d’impresa. L’assenza di atti notarili o di percorsi di recupero stragiudiziali documentati espone il contribuente a contestazioni circa la mancanza della certezza della perdita.

Immobilizzazioni immateriali: profili valutativi complessi

Anche con riguardo a talune componenti delle immobilizzazioni immateriali appostate nell’attivo dello stato patrimoniale sorgono questioni di rilevante impatto fiscale, concernenti tanto la valutazione contabile quanto la conseguente deducibilità ai fini tributari.

Esemplificativamente, emergono criticità relative all’avviamento commerciale derivante da acquisizioni aziendali, alle spese di manutenzione straordinaria capitalizzate anzichè gestite a conto economico, alle spese di sviluppo e ricerca. Tali voci richiedono un’analisi scrupolosa finalizzata ad accertare la sussistenza dei requisiti di inerenza e di strumentalità all’esercizio dell’attività imprenditoriale.

Fattispecie della fatturazione soggettivamente inesistente

Questione particolarmente critica concerne l’utilizzo di fatture soggettivamente inesistenti, in relazione alle quali la problematica tributaria presenta molteplici declinazioni, investendo primariamente il profilo della detrazione dell’IVA in capo all’utilizzatore della fattura medesima.

In questo ambito, acquisiscono straordinaria rilevanza le pronunce della giurisprudenza dell’Unione Europea, il cui orientamento ha gradualmente permeato gli assetti giurisprudenziali delle corti di merito nazionali e della Corte di Cassazione. La linea giurisprudenziale consolidata riconosce, nelle ipotesi caratterizzate da buona fede dell’acquirente, la possibilità di mantenere il diritto alla detrazione IVA pur in presenza di vizi nella documentazione del fornitore, a patto che l’acquirente non abbia potuto accorgersi, con l’ordinaria diligenza, dell’irregolarità della transazione.

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