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Inerenza spese di rappresentanza: quando il principio diventa una sfida impossibile

3 Novembre, 2025

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Dedurre le spese di rappresentanza dal reddito professionale non è questione di semplice contabilizzazione. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 26553 depositata a inizio ottobre 2025, ha offerto chiarimenti che suonano come un monito agli studi professionali. Il messaggio è esplicito: non basta l’astratta collocazione di una spesa tra le voci deducibili. Occorre provare il collegamento concreto tra l’esborso e l’attività remunerata. È il principio dell’inerenza, quella che i giuristi definiscono una «prova diabolica», capace cioè di rovesciare il carico probatorio sulle spalle di chi sostiene la deduzione. La sentenza arriva in un momento dove le norme si irrigidiscono ulteriormente. Dal 2025, infatti, la Legge di Bilancio ha introdotto un requisito nuovo: la tracciabilità dei pagamenti. Non è più tollerato il contante. Ogni spesa di rappresentanza deve passare attraverso strumenti bancari o assimilati. Ma questa novità, per quanto rilevante, è solo il primo strato di una disciplina che si rivela tutt’altro che amichevole verso chi tenta di detrarre questi costi.

🕒 Cosa sapere in un minuto

  • La deducibilità è ammessa solo se la spesa è inerente.
  • Richiesta prova documentale: collegamento concreto fra spesa e attività.
  • Dal 2025, pagamento tracciabile obbligatorio. Il contante è escluso.
  • Bordo quantitativo: massimo 1% dei compensi lordi per i professionisti.
  • Documentazione da conservare: fatture, estratti conto, elenco clienti e finalità promozionale.
  • In assenza di prove la spesa è indeducibile, a carico del professionista dimostrare inerenza.

Il quadro normativo: da dove nasce la confusione

L’articolo 54-septies del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi, nel suo Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986) stabilisce un limite quantitativo. Per i professionisti, le spese di rappresentanza sono deducibili sino al 1% dei compensi lordi incassati nel periodo d’imposta di riferimento. Pare una porta spalancata alla deducibilità. Nella pratica, non lo è affatto.

Il Decreto del Ministero delle Finanze datato 19 novembre 2008 — ancora oggi il pilastro della disciplina — definisce cosa debba intendersi per spese di rappresentanza. Si parla di «spese per erogazione di beni e servizi a titolo gratuito, effettuate con finalità promozionali o di pubbliche relazioni». La formula suona inclusiva. Eppure, l’elemento critico — quello che fa la differenza tra deducibile e indeducibile — è nascosto negli ultimi termini: le spese devono rispettare «criteri di ragionevolezza in relazione all’obiettivo di realizzare benefici economici per l’impresa, coerentemente con le pratiche commerciali del comparto economico cui il contribuente appartiene».

Tradotto dal burocratese, significa che la spesa deve essere non solo documentata, ma anche logicamente e causalmente collegata all’attività professionale. Non è sufficiente che un bene possa rientrare teoricamente tra le spese di rappresentanza. Bisogna dimostrare che, nella fattispecie concreta, è stato davvero indirizzato a finalità promozionali e non personali. È qui che emerge la difficoltà.

Evoluzione normativa e giurisprudenziale (2008-2025): il percorso verso l’irrigidimento

La struttura gerarchica delle fonti normative rappresenta un elemento di criticità interpretativa. L’analisi dell’evoluzione temporale chiarisce come il concetto di inerenza sia transitato da una fase di relativa apertura interpretativa verso un progressivo irrigidimento, culminato con l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 26553 del 2025.

Periodo Norma/Pronuncia Rilevante Orientamento Prevalente Elemento Nuovo/Modificato Impatto Pratico sul Professionista
2008 D.M. 19 novembre 2008 Definizione teorica spese rappresentanza; criteri astratti di inerenza Inquadramento normativi generale; riferimento a “pratiche commerciali” Ampia discrezionalità interpretativa; poca giurisprudenza definitoria
2009 Circ. Ag.Entrate 34/E Interpretazione amministrativa; allargamento casistica; ammissione viaggi promozionali Inclusione viaggi; chiarimenti su omaggi Aumento margine deducibilità; ancora scarsa definizione limite
2015-2020 Giurisprudenza di merito e appelli (CTR, CTP) Irrigidimento nel requisito inerenza; contestazioni amministrativa crescenti Richiesta documentazione maggiore; perentorietà nella prova destinazione Primo cambio prassi: inasprimento controlli
2024 Cass. n. 28724/2024 (viaggi turistici) Inerenza negata per componente personale (familiari); nesso insufficiente Esclusione esplicita viaggi misti; criteri più stringenti su nesso causale Limitazione significativa deducibilità viaggi; onere probatorio su contribuente
Settembre 2025 Cass. n. 25143/2025 (premi aziendali) Distinzione fra pubblicità (promozione vendita) e rappresentanza (immagine aziendale) Criterio qualificatorio primario: oggetto effetto commerciale spettacolari Reclassificazione possibili; limitazione deducibilità eventi aziendali
Ottobre 2025 Cass. ord. 26553/2025 (spese professionisti) Onere probatorio totale su contribuente; presunzione inversa inerenza; rigore documentale Esplicitazione del principio “prova diabolica”; specifiche su omaggi di valore; requisito tracciabilità Turning point: Radicalizzazione onere probatorio; necessità reform procedure interne studi
2025 L. Bilancio 2025, art. 1 co. 81-83 Tracciabilità obbligatoria pagamenti Elemento nuovo: esclusione automatica pagamenti contanti Esclusione per motivi formali (non inerenza); drastica riduzione margine

L’evoluzione normativa registra una progressione da fase di interpretazione amministrativa aperta (2008-2015), attraverso un irrigidimento giudiziale (2015-2024), sino alla contemporanea radicalizzazione dell’onere probatorio e all’introduzione della tracciabilità obbligatoria quale requisito formale (2024-2025). Questo percorso incide significativamente sulla configurazione pratica della deduzione professionale.

Gerarchia delle fonti normative e meccanismi risolutivi di conflitto

L’architettura normativa in materia di spese di rappresentanza rivela potenziali conflittualità interpretative fra fonti diverse. La seguente matrice illustra la gerarchia applicativa e i meccanismi di risoluzione:

Fonte Normativa Livello Gerarchia Disposizione Principale Ambito Applicativo Conflitti Potenziali con Altre Fonti Risoluzione
D.P.R. 917/1986 (TUIR) Legge primaria Art. 54-septies (professionisti); art. 108 (imprese) Limite quantitativo 1% compensi; definizione generale criteri deducibilità Potenziale conflitto con interpretazione amministrativa più restrittiva Norme TUIR prevalenti; amministrazione vincolata
D.M. 19.11.2008 (Finanze) Decreto attuativo Artt. 1-3: definizione spese rappresentanza; lista casistica Precisazione criteri inerenza; casistica applicativa Conflitto con giurisprudenza successiva che restringe fattispecie Cassazione può limitare casistica; amministrazione segue precedenti
Circolari Agenzia Entrate Fonte amministrativa Circ. 34/E/2009; orientamenti successivi Interpretazione amministrativa; prassi applicativa Conflitto con sentenze giudiziali successive; vincolamento interno agenzie Cassazione prevalente; circolari revocabili da Agenzia
Cassazione Civile (Ord. 26553/2025) Giurisprudenza suprema Principio inerenza; onere probatorio contribuente Interpretazione autentica norma; vincolo interpretativo generale Potenziale conflitto con pregressa interpretazione amministrativa/giudiziale Cassazione prevalente; orientamento fa giurisprudenza
L. Bilancio 2025 Legge primaria Art. 1 co. 81-83: tracciabilità obbligatoria Requisito nuovo per deducibilità 2025 in poi; esclusione pagamenti contanti Nessuno conflitto diretto; elemento cumulativo a inerenza Cumulo elementi richiesti: inerenza + tracciabilità + documentazione

Dalla lettura della tabella emerge che la giurisprudenza di legittimità ha operato, nel corso del 2025, una significativa restrizione dell’interpretazione amministrativa precedente, vincolando l’Agenzia a una maggiore severità nei criteri di accertamento dell’inerenza.

La sentenza della Cassazione: il caso dei vasi d’epoca

Il giudice dell’appello aveva ritenuto, in primo grado, che il ricorso del professionista fosse fondato. Poi il pronunciamento della Cassazione ha rovesciato quella conclusione. Nel caso esaminato dai massimi giudici, ricorre la situazione di un professionista che aveva dedotto — fra altri costi — l’acquisto di un vaso d’epoca, di un premio scolastico e di alcuni gioielli di pregio. Formalmente, questi beni rientravano nella categoria dei beni ceduti gratuitamente per finalità promozionali.

Il problema? La documentazione presentata non permetteva di accertare il nesso causale tra l’acquisto di questi oggetti e la promozione dell’attività professionale. Il vaso d’autore, pur essendo un bene che potrebbe fungere da omaggio prestigioso ai clienti, non era accompagnato da alcuna prova che fosse effettivamente stato regalato per scopi promozionali. I gioielli? Stessa situazione: mancava ogni documentazione circa la loro destinazione effettiva a clienti dello studio.

La Cassazione, in questo contesto, ha affermato un principio tagliente. Non basta, ha detto in sostanza, dimostrare di aver acquistato un bene in linea con quanto previsto dalla norma. Occorre anche e soprattutto provare la reale volontà e capacità di distribuirlo a clienti effettivi o potenziali, quale strumento di promozione dell’attività. Altrimenti, il bene rimane nella sfera personale, e la relativa spesa non può essere dedotta dal reddito professionale.

Inerenza: il requisito che scatta l’esclusione

L’inerenza è il concetto su cui ruota l’intera questione. Secondo la giurisprudenza ormai consolidata, una spesa è inerente all’attività professionale quando intercorre un collegamento funzionale — diretto o anche indiretto — tra lo sborsamento e il conseguimento dei compensi da lavoro autonomo. Non è necessario che il nesso sia immediato. Ad esempio, una cena di lavoro con un cliente potenziale è riconosciuta come inerente, pur non generando ricavi nel breve termine.

Quello che è necessario, semmai, è che il professionista sia in grado di raccontare, con documenti alla mano, il perché ha sostenuto quella spesa. Perché quel viaggio? Per visitare una fiera del settore dove potevi acquisire nuovi incarichi. Perché quel gadget? Perché lo distribuisci ai tuoi clienti al termine delle consulenze, per ringraziamento e ricordanza.

Nel caso affrontato della Cassazione, la mancanza di questa narrazione — e soprattutto di prove documentali — ha fatto saltare l’inerenza. Non poteva l’ufficio tributario accettare la deduzione se il contribuente non forniva elementi concreti a supporto. Il professionista aveva una sorta di «onere della prova rovesciato», ma non sul piano giuridico formale: sul piano fattuale. Doveva dimostrare il collegamento funzionale. Non lo ha fatto. La Cassazione ha confermato il rigetto della deduzione.

Matrice multidimensionale di valutazione dell’inerenza secondo la giurisprudenza 2025

L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 26553 del 2025 ha articolato il concetto di inerenza su molteplici piani di valutazione. La seguente matrice sintetizza i criteri di giudizio, le prove richieste e i gradi di difficoltà probatoria correlati:

Dimensione Valutativa Criterio di Giudizio Prova Richiesta Grado di Difficoltà Probatoria Precedenti Giurisprudenziali Rilevanti
Collegamento Funzionale Diretto Nesso causale immediato fra spesa e ricavo professionale Documentazione temporale correlata; contratti; fatture di acquisizione cliente Bassa-Media Cass. n. 7667/2025 (buoni carburante); Cass. n. 5509/2025 (eventi commerciali)
Collegamento Funzionale Indiretto Nesso di promozione/immagine aziendale senza immediato ricavo Programmi evento; materiali promozionali; lista clienti raggiunti; rendiconti comunicazione Media Cass. n. 26553/2025 (vasi d’arte); Cass. n. 25143/2025 (premi aziendali)
Finalità Promozionale Conclamata Attestazione effettiva che scopo era promozione, non uso personale Contratti espliciti; comunicazioni interne; verbali riunioni; dichiarazioni amministratori Media-Alta Ord. 26553/2025 (distinzione fra uso personale e promozionale)
Destinazione Gratuita Effettiva Prova che bene/servizio fu ceduto gratuitamente al cliente Ricevute sottoscritte; corrispondenza; dichiarazioni testimoni; traccia documentale distribuzione Alta Cass. n. 7667/2025 (insufficienza mera contabilizzazione)
Ragionevolezza e Congruità Contestuale Proporzionamento della spesa al settore, alle dimensioni dello studio, alle pratiche commerciali Comparazione con studi similari; parametri di settore; linee guida professionali Media DM 19.11.2008; Circ. Ag.Entrate 34/E/2009
Tracciabilità Pagamento Evidenza oggettiva del prelievo di fondi mediante strumenti tracciati Estratti conto; ricevute bancarie; fatture intestate direttamente allo studio Bassa L. Bilancio 2025, art. 1 co. 81 lett. d)
Assenza Elementi Confutativi Negazione fattori che suggerirebbero destinazione personale Dichiarazioni di testimoni; contesti dell’utilizzo; relazione fra bene e attività commerciale Alta Cass. n. 28724/2024 (esclusione viaggi con familiari)

Dalla lettura della matrice emerge che il professionista si trova di fronte a un paradigma probatorio multistrato, nel quale nessuna dimensione può essere trascurata. La difficoltà probatoria varia sensibilmente: il requisito di tracciabilità (livello basso) risulta, paradossalmente, fra i meno problematici; la destinazione gratuita effettiva e l’assenza di elementi confutativi (livello alto) rappresentano, invece, i principali ostacoli procedimentali.

I criteri per la corretta qualificazione

Affinché una spesa sia effettivamente deducibile, è necessario che ricorrano simultaneamente più elementi. Non basta uno di essi: ne occorrono tutti.

Primo elemento: la natura della spesa. Deve trattarsi di una prestazione, di un bene o di un servizio effettivamente distribuito gratuitamente. Qui occorre distinguere tra regali occasionali (il pacco di panettone natalizio per il cliente) e investimenti sistemici (l’acquisto di gadget con il logo dello studio da distribuire a ogni nuovo incarico). Entrambi possono essere spese di rappresentanza, ma entrambi richiedono documentazione.

Secondo elemento: la finalità. La spesa deve essere chiaramente orientata verso la promozione dell’immagine dello studio, l’acquisizione o il mantenimento di clienti, il rafforzamento delle relazioni commerciali. Non è sufficiente che il bene sia “bello” o di “qualità”. Deve essere stato pensato, acquisito e ceduto per scopi promozionali.

Terzo elemento: il destinatario. Il beneficiario della spesa deve essere un cliente effettivo o potenziale dello studio. Se regali una penna agli amici, quella non è spesa di rappresentanza. Se la distribuisci ai tuoi clienti durante le riunioni di lavoro, allora sì.

Quarto elemento: la congruità. La spesa deve essere ragionevole e coerente con le prassi del settore. Un avvocato che regala cuffie Bluetooth ai clienti potrebbe stare nel range della ragionevolezza; un fioraio che regala macchinari agricoli no, semplicemente perché fuori contesto.

La tracciabilità come nuova frontiera dal 2025

Dal primo gennaio 2025, la Legge di Bilancio n. 207/2024 (articolo 1, comma 81, lettera d) ha aggiunto un requisito ulteriore all’articolo 108, comma 2 del TUIR. Le spese di rappresentanza — incluse quelle sostenute dai professionisti ai sensi dell’art. 54-septies — sono deducibili a condizione che i pagamenti siano effettuati con strumenti tracciabili.

Quali sono questi strumenti? La norma richiama i versamenti bancari o postali, le carte di credito e debito, gli assegni bancari, e in generale ogni sistema di pagamento tracciabile come definito all’articolo 23 del decreto legislativo n. 241/1997. Non rientra il denaro contante, indipendentemente dalle giustificazioni fornite.

La ragione è evidente: l’Amministrazione finanziaria vuole ridurre i margini di discrezionalità. Una transazione tracciata lascia un’impronta digitale. Facilita i controlli successivi. Consente all’ufficio tributario di verificare — almeno formalmente — la contemporaneità fra la spesa dichiarata e l’effettivo prelievo di fondi dal conto.

Per il professionista autonomo, questo significa che anche l’acquisto di un semplice omaggio, se non pagato tracciabilmente, non potrà essere dedotto. Non importa che fosse effettivamente distribuito ai clienti, che sia inerente, che rientri nel limite dell’1%. La mancanza di tracciabilità del pagamento è causa di esclusione automatica dalla deducibilità.

La meccanica processuale tributaria: oneri della prova e fasi procedimentali

L’architettura procedimentale della contestazione tributaria in materia di deducibilità delle spese di rappresentanza si articola attraverso molteplici fasi, ciascuna caratterizzata dall’allocazione specifica dell’onere della prova. La comprensione di tale articolazione procedurale risulta essenziale al fine di predisporre una strategia difensiva adeguata.

La seguente analisi procedurale illustra le cinque fasi principali della controversia tributaria, dalla dichiarazione dei redditi sino al procedimento innanzi alla Corte di Cassazione, specificando per ciascuna fase il soggetto onerato della prova, i documenti ammessi in via probatoria, le conseguenze della mancata prova e, infine, le possibilità di recupero o impugnazione:

Fase Procedimentale Soggetto Onerato della Prova Onere Concreto Documenti/Elementi Probatori Ammessi Conseguenza Mancata Prova Possibilità di Recupero/Impugnazione
Dichiarazione dei redditi (redazione) Professionista autonomo Indicare importo deducibile entro 1% compensi; conservare documentazione giustificativa Fatture, scontrini, estratti conto, liste clienti (su richiesta) Nessuna conseguenza immediata; documentazione comunque richiesta in caso verifica Sì: integrazione documentazione prima verifica
Controllo amministrativo ordinario Amministrazione finanziaria Contestazione motivata; richiesta documentazione justificativa Verifica documenti dichiarativi; richiesta fatture, ricevute, estratti conto Presunzione imoposizione; avvio procedimento oppositivo Sì: rilascio ricevuta ricorso; termini 60 giorni per risposta
Verifica tributaria (accesso) Amministrazione finanziaria (iniziale); Professionista (controreplica) Amministrazione: richiesta prova documentale; Professionista: disproving contestazioni specifiche Carteggio; documentazione integrale; testimonianze; ispezione presso studio Accertamento sintetico (se documentazione insufficiente) oppure accertamento specifico con importo determinato discrezionalmente Sì: ricorso CTP entro 60 gg da notifica avviso; impugnazione appello
Procedimento davanti CTP (Commissione Tributaria Provinciale) Professionista (ricorrente) Provare l’inerenza della spesa contestata; fornire documentazione integrale di supporto Testimoni; perizie; documenti originali; dichiarazioni scritte; comparazione casistica Rigetto ricorso; conferma accertamento amministrativo; inclusione importo contestato nel reddito Sì: appello CTR (Commissione Tributaria Regionale); ricorso Cassazione per questioni di diritto
Procedimento davanti CTR (Commissione Tributaria Regionale) Professionista (ricorrente) Provare errore giudizio CTP; rilancio elementi probatori; argomentazioni di diritto Documentazione già prodotta + nuovi elementi; studi comparati; prassi di settore Conferma della decisione CTP; esclusione definitiva della deduzione (salvo Cassazione) Sì: ricorso Cassazione per motivi di legittimità; limitato a questioni giuridiche
Procedimento davanti Cassazione Professionista (ricorrente) Provare violazione norma di legge o principi giurisprudenziali consolidati Atti processuale e documenti prodotti in precedenza; citazione precedenti jurisprudenziali; motivi di diritto Rigetto ricorso; conferma precedente; giurisprudenza consolidata sfavorevole No (salvo ricorso straordinario in Cassazione; marginale)

L’elemento procedurale critico, comune a tutte le fasi, risiede nel fatto che il professionista ricorrente porta l’onere della prova dell’inerenza della spesa contestata. Non ricorre, in ambito tributario, l’inversione del carico probatorio tipica di altri settori del diritto. L’Amministrazione finanziaria provvede al contestuale accertamento della base imponibile sulla medesima documentazione fornita dal contribuente. Se la documentazione risulta lacunosa o insufficiente, la conseguenza è l’automatica inclusione dell’importo controverso nella base imponibile, salvo intervento giudiziale successivo.

Il problema probatorio: quando l’inerenza diventa indimostrabile

La Cassazione ha usato l’espressione «prova diabolica» per descrivere il carico probatorio gravante su chi afferma l’inerenza di una spesa. L’aggettivo è tutt’altro che casuale. Diabolico rimanda a qualcosa di quasi impossibile da dimostrare.

Pensiamo al caso dell’omaggio. Un professionista acquista oggetti di pregio — un quadretto, una scultura in legno — con l’intenzione di distribuirli ai clienti. Il pagamento è tracciato. La fattura riporta chiaramente l’importo. Finora, tutto a posto.

Ma quando il professionista viene sottoposto a verifica, l’ufficio chiede: dimostra che questi oggetti sono stati effettivamente consegnati ai clienti. Il professionista diligente, in teoria, avrebbe dovuto farsi firmare una ricevuta. Praticamente, quanti lo fanno? Firmare per un regalo sembra quasi offensivo. E poi: come si prova la destinazione promozionale di un quadro, se il cliente che lo riceve non rilascia documentazione?

La Cassazione ha toccato proprio questo punto critico. Ha osservato che, per superare la contestazione dell’Amministrazione, il professionista avrebbe dovuto conservare una documentazione idonea a provare l’effettiva consegna e la destinazione promozionale. In assenza di tale documentazione, vige la presunzione contraria: la spesa non era inerente.

Questo rovesciamento del criterio probatorio è il nucleo del problema. Non si tratta di un meccanismo formale, ma sostanziale. Se manca la prova della destinazione, la spesa decade dalla deducibilità. Il professionista non può invocare la ragionevolezza di aver voluto fare un omaggio. Deve dimostrare che l’omaggio è stato davvero fatto.

I limiti di deducibilità: oltre alla percentuale

Anche se la spesa è inerente, tracciata, correttamente documentata, rimane comunque sottoposta ai limiti quantitativi fissati dalla norma. Per i professionisti autonomi, il tetto massimo di deducibilità è l’1% dei compensi lordi percepiti nel periodo d’imposta.

Se un professionista ha incassato compensi per 100.000 euro nel corso dell’anno, potrà dedurre spese di rappresentanza sino a 1.000 euro. Non un euro di più. Se ha speso 1.500 euro per omaggi, regali e iniziative promozionali, potrà scaricare solo 1.000 euro. Gli altri 500 rimarranno nel reddito imponibile.

Questo limite è assoluto, indipendente dalla congruità o dall’inerenza della singola spesa. È uno strumento anti-abuso, che sfiora anche il comportamento virtuoso. Se il professionista, pur avendo sostenuto spese ragionevoli, superasse l’1% del totale dei compensi, verrebbe penalizzato comunque.

Per le imprese, i limiti sono diversi e scaglionati: 1,5% per quelle con ricavi fino a 10 milioni di euro, 0,6% fra 10 e 50 milioni, 0,4% oltre 50 milioni. La scala penalizza le aziende di maggiore dimensione, forse ritenendo che siano già sufficientemente protette dalla reputazione e che non abbiano bisogno di spese di rappresentanza proporzionalmente alte.

La pratica professionale: quali spese sono effettivamente deducibili

Nel concreto, quali spese possono il professionista includere fra le deducibili?

Cene e pranzi di lavoro con clienti: Sono spese di rappresentanza se documentate (scontrino o fattura con nominativi dei presenti) e concretamente orientate alla discussione di questioni professionali. Una cena con un cliente nuovo, in cui si presentano i servizi dello studio, è deducibile. Una cena con l’amico, per quanto il cliente potesse ricordare al professionista il suo fascicolo, non lo è.

Partecipazione a congressi e seminari professionali: Se il professionista partecipa a una conferenza del settore e acquista il ticket o il materiale promozionale dello studio da distribuire ai partecipanti, può dedurre la spesa. Rimane valida la tracciabilità del pagamento.

Regali ai clienti: Oggetti di modesto valore (penne, taccuini, faldoni con il logo dello studio), distribuiti ai clienti in occasione dell’incarico, possono essere spese di rappresentanza. Il valore unitario, secondo la prassi amministrativa, dovrebbe non superare significativamente il valore di scambio (storicamente, intorno a 50-100 euro per oggetti di qualità superiore, ma il principio è la ragionevolezza).

Sponsorizzazioni culturali o sportive: Se lo studio sponsorizza un evento pubblico e il patrocinio è rivolto alla promozione dell’immagine professionale, la spesa può essere deducibile come rappresentanza (non come pubblicità, salvo diversa qualificazione).

Allestimenti di uffici e spazi ricevimento: La decorazione della sala d’attesa, l’acquisto di arredi per ricevere i clienti, possono rientrare fra le spese di rappresentanza nella misura in cui abbiano finalità promozionale. Rimane il vincolo della congruità e della tracciabilità.

La documentazione essenziale: cosa conservare

Poiché l’onere della prova grava sul professionista, è opportuno predisporre una documentazione robusta. Non basta il libro giornale o la registrazione contabile. Occorrono supporti probatori.

Per le spese documentate (fatture, scontrini): Conservare l’originale della fattura, con data, causale, importo e intestatario (che deve corrispondere all’effettivo destinatario dell’omaggio o del servizio).

Per le spese di vitto: Conservare la fattura o lo scontrino con i nominativi di chi ha partecipato, se possibile, e una breve nota descrittiva della riunione (data, luogo, argomenti discussi, clienti presenti). Questa documentazione aggiuntiva non è giuridicamente obbligatoria, ma fortemente consigliata.

Per gli omaggi: Mantenere un elenco aggiornato dei clienti ai quali sono stati distribuiti i regali. Ideale conservare anche fotografie o prove di consegna, benché questo possa sembrare eccessivo. Nel momento del controllo, la documentazione più completa disponibile diventa lo scudo più efficace.

Tracciabilità dei pagamenti: Conservare gli estratti conto bancari o le ricevute di pagamento tracciato che dimostrino il versamento relativo a ciascuna spesa. Non lasciarla al caso.

Novità e prospettive: il rafforzamento della vigilanza

Le modifiche introdotte dalla Legge di Bilancio 2025 segnano un inasprimento. Non si tratta di soli vincoli normativi, ma di un cambio di orientamento strategico dell’Amministrazione finanziaria. L’obiettivo è ridurre i margini di discrezionalità e aumentare il controllo.

Per il professionista, questo significa che occorre rivedere i processi interni di gestione delle spese di rappresentanza. Non è sufficiente il ricorso a una pratica commerciale diffusa. Occorre dimostrare, con carte alla mano, che ogni spesa è effettivamente orientata alla promozione dell’attività e beneficia clienti concreti.

Un aspetto che merita attenzione riguarda i viaggi definiti «promozionali». La Cassazione ha chiarito, in altre sentenze, che un viaggio ai Caraibi con moglie e figli, anche se il professionista affermi che intendeva incontrare un cliente, non è una spesa inerente. Deve dimostrare che il viaggio era effettivamente funzionale alla promozione dell’attività, non una vacanza con una scusante professionale.

Struttura compositiva del requisito di inerenza: analisi multidimensionale secondo l’ordinanza n. 26553/2025

L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 26553 del 2 ottobre 2025 ha proceduto a una articolazione analitica del concetto di inerenza, scomponendolo in sei subcomponenti distinte, ciascuna fornita di autonoma rilevanza probatoria. La mancanza anche di uno solo di tali elementi determina, di conseguenza, la totale indeducibilità della spesa, secondo il principio dell’interpretazione ristretta in materia fiscale.

Subcomponente di “Inerenza” Definizione Tecnica Modo di Provare Prova Diretta vs. Indiretta Rischio Indeducibilità Pratica Consigliata
I.1 – Collegamento Logico Spesa effettivamente collocabile in categoria teorica “rappresentanza” Attestazione fattura; inquadramento contabile; rif. a DM 19.11.2008 Diretta (fattura descrive natura) Basso Causale fattura esplicita
I.2 – Destinazione Concreta Non Personale Bene/servizio realmente destinato a finalità aziendali, non uso privato Documentazione ceduto a terzi; testimonianza; traccia distribuzione clienti Indiretta (difficile provare negazione uso personale) Alto Ricevute sottoscritte; foto consegna; email a clienti
I.3 – Nesso Causale con Ricavi Professionali Correlazione fra spesa e conseguimento compensi (anche potenziale/mediato) Contemporaneità temporale; riunioni successive con cliente; acquisition cost analysis Prevalentemente indiretta (richiede inferenze) Molto Alto Tracciamento timeline: spesa → contatto → incarico
I.4 – Congruità Settoriale Spesa coerente con pratiche commerciali diffuse nel settore professionale Comparazione studi similari; indagini mercato; linee guida professionali Indiretta (richiede standard esterni) Medio-Alto Documentazione benchmark settore; testimonianza altri professionisti
I.5 – Assenza Elementi Confutativi Nessun fattore che suggerisca destinazione personale (es. familiari beneficiari) Esclusione elementi critici; dichiarazioni; ispezione Diretta (negatività elemento) Variabile Documentazione che escluda componente personale
I.6 – Riconducibilità ai Clienti dello Studio Omaggio/spesa effettivamente raggiunge clienti effettivi o potenziali designabili Liste clienti; tracciamento comunicazioni; verbali riunioni Diretta (prova destinatari nominativi) Altissimo Base dati clienti; annotazioni distribuzione omaggi

La ricostruzione della struttura compositiva dell’inerenza consente di identificare con precisione i punti di maggiore fragilità della posizione del professionista. In particolare, gli elementi I.2, I.3 e I.6 rivelano un grado di difficoltà probatoria elevato e molto elevato, tali da costituire, nella pratica forense, i principali motivi di contestazione amministrativa e di accertamento tributario. La giurisprudenza cassazionale ha implicitamente riconosciuto che non è sufficiente il soddisfacimento di alcuni requisiti: occorre la compresenza simultanea di tutti i subcomponenti affinché la spesa possa qualificarsi come inerente e, dunque, come deducibile.

Riepilogo operativo

Per il professionista che intende detrarre spese di rappresentanza senza correre rischi, la checklist è la seguente:

  1. Verificare che la spesa sia effettivamente inerente all’attività professionale e che sussista un collegamento logico e causale con il conseguimento dei compensi.
  2. Assicurarsi che il pagamento sia stato effettuato tramite strumenti tracciabili (bonifico, carta, assegno). Il contante non è ammesso dal 2025.
  3. Controllare che la spesa non superi l’1% dei compensi lordi percepiti nel periodo d’imposta.
  4. Conservare documentazione robusta: fatture, scontrini, estratti conto, e se possibile, prove della distribuzione o dell’utilizzo della spesa per fini promozionali.
  5. Annotare, per ogni spesa significativa, la ragione per cui è stata sostenuta e i clienti che ne hanno beneficiato.
  6. Ricordare che la presunzione di indeducibilità scatta in assenza di documentazione adeguata. È il professionista a dover provare l’inerenza, non l’Amministrazione a dover provare il contrario.

La sentenza della Cassazione non rappresenta un’eccezione, ma piuttosto l’affermazione di un principio ormai consolidato. Il professionista che intende navigare la disciplina delle spese di rappresentanza deve accettare questa realtà e adattare i processi di gestione di conseguenza. Non è questione di complicazioni burocratiche fine a se stesse. È il prezzo della trasparenza e della corretta interpretazione della normativa tributaria.

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