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Eliminazione barriere architettoniche: no iva 4% per gli infissi

21 Agosto, 2025

L’Agenzia delle Entrate ha delineato con precisione chirurgica i confini applicativi delle agevolazioni fiscali per l’abbattimento delle barriere architettoniche. La risposta a interpello n. 212/2025, pubblicata il 19 agosto, rappresenta un punto di svolta interpretativo che ridefinisce gli scenari operativi per migliaia di imprese del settore edilizio e della serramentistica. Il caso analizzato dall’amministrazione finanziaria coinvolge la fornitura e installazione di infissi speciali, ma le ricadute normative si estendono a tutto il comparto delle modifiche strutturali finalizzate all’accessibilità.

🕒 Cosa sapere in 1 minuto

  • L’aliquota IVA agevolata al 4% per infissi volti all’abbattimento delle barriere architettoniche si applica solo in presenza di contratto di appalto, non di semplice vendita con posa in opera.
  • La risposta Agenzia Entrate 212/2025 ha escluso l’equiparazione tra i due schemi contrattuali, ribadendo la stretta interpretazione normativa (Tabella A, parte II, DPR 633/72, n. 41-ter).
  • Nei casi di sola cessione con posa, resta esclusa l’aliquota 4% anche se gli infissi rispettano i requisiti tecnici per l’accessibilità.
  • È importante verificare la «volontà contrattuale»: la linea di demarcazione fra appalto e vendita dipende dalle clausole e dalla natura dell’obbligazione (cfr. RM 360009/1976, interpelli 220/2007 e 25/2015).
  • Non viene affrontata la possibile alternativa dell’aliquota IVA al 10% per interventi di manutenzione, che resta praticabile in situazioni analoghe (vedi interpello 3/2020).

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Il quesito della società ALFA: una questione di principio

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La vicenda trae origine dalla richiesta di chiarimenti avanzata dalla società ALFA S.r.l., operatore specializzato nel settore del bricolage che gestisce un network di artigiani partner per l’installazione di serramenti. L’azienda aveva sottoposto all’Agenzia delle Entrate un interrogativo di portata strategica: è possibile applicare l’aliquota IVA agevolata del 4% quando si forniscono e installano infissi dotati delle specifiche tecniche richieste per l’eliminazione delle barriere architettoniche?

Il quesito non nasceva da considerazioni meramente teoriche. La società evidenziava di aver strutturato un processo operativo completo che abbraccia l’intero ciclo dell’intervento: dalla verifica tecnica preliminare fino alla certificazione di congruità degli interventi realizzati. Un protocollo che, secondo l’istante, dovrebbe garantire l’accesso alle medesime agevolazioni previste per i contratti di appalto tradizionali.

La questione assume particolare rilevanza se si considera che gli infissi oggetto della controversia rispettano pienamente i parametri stabiliti dal decreto ministeriale 14 giugno 1989 n. 236, che definisce le prescrizioni tecniche per l’accessibilità e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici.

La tesi dell’equiparazione funzionale

L’argomentazione sviluppata da ALFA poggiava su un principio di equiparazione sostanziale. Secondo questa impostazione, l’agevolazione del 4% dovrebbe trovare applicazione indipendentemente dalla veste giuridica del rapporto contrattuale, purché la finalità dell’intervento rimanga invariata: l’eliminazione delle barriere architettoniche.

La società sosteneva che la finalità sociale dell’intervento dovrebbe prevalere sulla forma contrattuale adottata. In sostanza, si chiedeva parità di trattamento tra le prestazioni rese attraverso contratti di appalto e quelle realizzate mediante cessioni con posa in opera, quando entrambe perseguono l’obiettivo di rendere accessibili gli spazi a persone con disabilità motorie.

Questa interpretazione estensiva si fondava sulla considerazione che, dal punto di vista dell’utilizzatore finale, l’effetto pratico dell’intervento rimane identico: la rimozione di ostacoli che limitano l’accessibilità agli edifici. La società riteneva quindi discriminatorio un trattamento fiscale diversificato basato esclusivamente sulla tipologia contrattuale prescelta.

La risposta dell’Agenzia: rigore interpretativo

L’amministrazione finanziaria ha respinto categoricamente questa lettura estensiva, riaffermando un orientamento di rigida aderenza al dato normativo. Il punto di riferimento rimane il numero 41-ter della Tabella A, parte II, allegata al DPR 633/72, che circoscrive espressamente l’aliquota del 4% alle “prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto”.

L’Agenzia ha sottolineato come questa disposizione agevolativa abbia carattere oggettivo, nel senso che si riferisce “alla natura del prodotto piuttosto che allo status di invalidità del soggetto acquirente” (cfr. risposta a interpello n. 3/2020). Tuttavia, tale oggettività non può prescindere dal rispetto dei presupposti formali stabiliti dalla norma.

Nel caso sottoposto all’esame, l’amministrazione ha riconosciuto che i beni ceduti (infissi) possedevano effettivamente le caratteristiche tecniche previste dalla normativa relativa alle barriere architettoniche, secondo quanto stabilito dall’articolo 8.1.13 del DM 236/89. Mancava però l’elemento qualificante: la configurazione del rapporto come contratto di appalto.

Criteri distintivi: appalto versus cessione con posa

Per tracciare la linea di demarcazione tra contratto di appalto e cessione con posa in opera, l’Agenzia ha fatto ricorso a un consolidato corpus di orientamenti di prassi, molti dei quali elaborati in precedenza per questioni relative all’applicazione del meccanismo del reverse charge.

Il primo criterio di valutazione attiene alla volontà contrattuale delle parti, che deve emergere chiaramente dalle clausole dell’accordo. Secondo la risposta n. 220/2007, quando il programma negoziale ha quale scopo principale la cessione di un bene e l’esecuzione dell’opera risulta esclusivamente diretta ad adattare il bene alle esigenze del cliente o a consentirne la fruizione senza modificarne la natura, il contratto si qualifica senz’altro come cessione con posa in opera.

Il secondo elemento distintivo riguarda l’assenza di un quid novi rispetto alla produzione standard. Come chiarito dalla risposta n. 25/2015 e dalla Risoluzione Ministeriale n. 360009/1976, quando mancano clausole contrattuali che obblighino l’assuntore a realizzare qualcosa di diverso rispetto all’ordinaria serie produttiva, si configura un contratto di vendita di beni. Questo principio si applica tipicamente alla fornitura di impianti di riscaldamento, condizionamento, infissi eccetera, quando il fornitore coincide con il fabbricante o con un soggetto che fa abitualmente commercio di tali prodotti.

L’analisi quantitativa del caso specifico

Nell’esame del caso concreto, l’Agenzia ha evidenziato un dato significativo: l’incidenza del corrispettivo della posa in opera si attestava mediamente intorno al 26% del corrispettivo totale, mentre la parte predominante (74%) era rappresentata dal valore degli infissi.

Questo elemento quantitativo ha assunto peso determinante nella qualificazione del rapporto, pur non rappresentando l’unico parametro di valutazione. È opportuno ricordare che nella circolare n. 37/2015 (paragrafo 3) l’Agenzia aveva precisato che la prevalenza dell’obbligazione di dare rispetto a quella di fare deve desumersi dalla prevalenza della materia ceduta rispetto all’attività lavorativa eseguita, “senza che sia di per sé dirimente il dato oggettivo del raffronto tra valore della materia impiegata e valore dell’opera prestata”.

Tuttavia, nel documento in esame non risulta esaminata compiutamente la volontà contrattuale delle parti, aspetto che nella prassi applicativa assume spesso carattere cruciale per la corretta qualificazione del rapporto.

Implicazioni operative e scenari alternativi

Sulla base dell’inquadramento del rapporto come contratto di compravendita, l’Agenzia ha escluso categoricamente l’applicazione dell’aliquota IVA del 4%. La formulazione letterale del numero 41-ter della Tabella A, parte II, non consente interpretazioni alternative o applicazioni analogiche.

Tuttavia, il documento presenta una lacuna significativa: non viene affrontata la possibilità di applicare comunque l’aliquota del 10% per i beni forniti nell’ambito di interventi di manutenzione. Tale agevolazione era stata riconosciuta, ad esempio, nella risposta a interpello n. 3/2020, lasciando aperto uno spiraglio interpretativo per situazioni analoghe.

Questa omissione assume particolare rilevanza nella casistica comune, dove spesso si configurano interventi che, pur non rientrando nella fattispecie dell’appalto, possono comunque beneficiare di aliquote ridotte in virtù di altre disposizioni normative.

Criticità ricorrenti nella qualificazione contrattuale

Nell’esperienza applicativa emergono frequentemente incertezze sulla corretta classificazione di rapporti contrattuali ibridi, che presentano elementi riconducibili sia alla cessione di beni che alla prestazione di servizi. La giurisprudenza ha talvolta interpretato in modo restrittivo i requisiti per l’accesso alle agevolazioni, privilegiando la sostanza economica dell’operazione rispetto alla forma giuridica.

Un aspetto spesso trascurato riguarda l’importanza della redazione contrattuale. Le clausole devono chiarire inequivocabilmente se l’assuntore si obbliga a realizzare un’opera nuova rispetto alla serie produttiva standard, oppure se si limita a fornire e installare prodotti già disponibili sul mercato.

Nella pratica professionale si osserva come molte controversie nascano proprio dalla mancanza di chiarezza nella definizione degli obblighi contrattuali, con conseguenti incertezze applicative che si riverberano sul trattamento fiscale delle operazioni.

Prospettive interpretative e sviluppi normativi

La risposta n. 212/2025 consolida un orientamento restrittivo che privilegia la certezza del diritto rispetto a interpretazioni estensive delle norme agevolative. Questo approccio, pur garantendo maggiore prevedibilità delle conseguenze fiscali, rischia di creare disparità di trattamento tra operazioni sostanzialmente equivalenti dal punto di vista funzionale.

Gli operatori del settore dovranno necessariamente rivedere le proprie strategie contrattuali, valutando l’opportunità di strutturare i rapporti secondo lo schema dell’appalto quando ricorrano i presupposti per l’accesso alle agevolazioni fiscali.

Rimane aperta la questione della compatibilità di questo orientamento con i principi di neutralità fiscale e di proporzionalità che informano il sistema tributario europeo, aspetti che potrebbero essere oggetto di ulteriori approfondimenti interpretativi o di interventi normativi chiarificatori.

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