L’istituto del concordato preventivo biennale, disciplinato dal decreto legislativo 13 marzo 2024, n. 13, presenta una complessità procedurale di particolare rilievo nella fase antecedente l’eventuale adesione del contribuente. La normativa prevede infatti un articolato sistema di controlli e verifiche che l’Amministrazione finanziaria deve completare entro il termine perentorio del 31 dicembre 2024, termine che nella prassi applicativa si è rivelato particolarmente sfidante sotto il profilo organizzativo e operativo. La disciplina si inserisce nel più ampio contesto delle misure di compliance cooperativa introdotte dal legislatore tributario, configurandosi come strumento di prevenzione del contenzioso attraverso la definizione preventiva della base imponibile per il biennio 2025-2026. Tuttavia, l’accesso a tale istituto è subordinato al rispetto di stringenti presupposti soggettivi e oggettivi che richiedono una valutazione puntuale da parte degli uffici competenti.
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Presupposti soggettivi e criteri di esclusione dimensionale
La normativa delinea un perimetro soggettivo di applicazione che presenta profili di particolare complessità interpretativa. I soggetti titolari di partita IVA che abbiano conseguito ricavi o compensi di ammontare non superiore a 5.000 euro risultano espressamente esclusi dalla possibilità di aderire al concordato preventivo. Tale previsione, contenuta nell’articolo 3, comma 2, del decreto legislativo citato, si fonda su una ratio di razionalizzazione amministrativa che tuttavia genera interrogativi sulla proporzionalità dell’esclusione rispetto agli obiettivi perseguiti dall’istituto.
La soglia dimensionale si applica con riferimento ai ricavi o compensi dell’ultimo periodo d’imposta per il quale è scaduto il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi alla data di avvio della procedura. Questa formulazione temporale presenta aspetti di criticità applicativa, particolarmente con riguardo ai contribuenti che abbiano cessato l’attività o modificato significativamente il proprio volume d’affari nel periodo di riferimento.
Verifica della posizione debitoria: profili sostanziali e procedurali
Il meccanismo di controllo preventivo della posizione debitoria del contribuente rappresenta il fulcro della fase propedeutica al concordato. L’Amministrazione finanziaria, avvalendosi della collaborazione degli enti di riscossione, delle Agenzie fiscali e degli istituti previdenziali, deve procedere a una verifica sistematica dell’esistenza di debiti tributari, previdenziali e assistenziali in capo al soggetto interessato.
La verifica non si limita ai soli tributi erariali ma si estende all’intera gamma degli obblighi contributivi e fiscali, compresi quelli di natura locale. Questa impostazione, se da un lato garantisce completezza nella valutazione della posizione del contribuente, dall’altro determina una significativa complessità operativa per gli uffici, che devono coordinare l’attività di controllo con una pluralità di soggetti istituzionali.
La circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 18/E del 2024 ha fornito chiarimenti interpretativi di rilievo, specificando che la verifica deve riguardare tutti i rapporti tributari pendenti alla data di riferimento, con particolare attenzione alle posizioni che, pur non avendo formato oggetto di definizione mediante cartella di pagamento, risultino comunque accertate attraverso altri strumenti dell’azione amministrativa.
Tipologie di debiti rilevanti e cause ostative specifiche
L’analisi della posizione debitoria richiede una distinzione qualitativa tra diverse categorie di debiti, non tutti egualmente rilevanti ai fini dell’esclusione dal concordato preventivo. La normativa prevede infatti specifiche esclusioni che delineano un quadro articolato di situazioni non ostative all’adesione.
I debiti oggetto di definizione agevolata mediante adesione a forme di condono o sanatoria non costituiscono causa di esclusione, purché il contribuente risulti in regola con il piano di pagamento previsto. Questa previsione assume particolare rilievo pratico considerando la diffusione degli istituti deflativi del contenzioso introdotti negli ultimi anni, dalla rottamazione delle cartelle alla definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti.
Analogamente, non rilevano i debiti per i quali sia in corso un piano di rateizzazione regolarmente adempiuto. La nozione di “adempimento regolare” ha generato incertezze interpretative nella prassi applicativa, particolarmente con riguardo alle situazioni di inadempimento parziale o temporaneo del piano rateale. La giurisprudenza amministrativa ha tendenzialmente adottato un approccio restrittivo, considerando ostativo anche l’inadempimento di una singola rata, salvo che il contribuente non abbia prontamente regolarizzato la propria posizione.
Sospensioni amministrative e giudiziali: coordinamento normativo
La disciplina del concordato preventivo si interseca in modo complesso con i meccanismi ordinari di sospensione della riscossione, sia di natura amministrativa che giudiziale. I contribuenti che abbiano ottenuto la sospensione dell’azione esecutiva ai sensi dell’articolo 36-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, si trovano in una posizione di particolare delicatezza interpretativa.
La sospensione amministrativa, concessa in presenza di fondati motivi che rendano opportuno il differimento dell’azione di recupero, non elimina la rilevanza del debito ai fini della valutazione complessiva della posizione del contribuente. Tuttavia, la ratio dell’istituto sospensivo potrebbe giustificare una valutazione differenziata rispetto ai debiti immediatamente esigibili.
Ancora più complessa risulta la posizione dei contribuenti che abbiano impugnato gli atti impositivi e ottenuto sospensione giudiziale dell’esecuzione. In tali casi, la pendenza del giudizio e l’incertezza sull’esistenza stessa del debito potrebbero orientare verso una valutazione non ostativa della posizione debitoria, in attesa della definizione giurisdizionale della controversia.
Profili temporali e termini procedurali
La disciplina temporale della fase di verifica presenta aspetti di particolare criticità operativa. Il termine del 31 dicembre 2024 per il completamento delle verifiche si configura come termine perentorio, la cui inosservanza preclude la possibilità di avviare la procedura di concordato per il biennio di riferimento.
Questo vincolo temporale ha determinato una concentrazione di attività verificatoria negli ultimi mesi del 2024 che ha messo sotto pressione l’intera organizzazione amministrativa. La necessità di coordinare l’attività di controllo tra diversi enti e istituzioni ha ulteriormente complicato il rispetto dei termini procedurali.
Particolare attenzione merita la disciplina delle istanze di rateizzazione presentate in prossimità del termine di scadenza. La normativa non fornisce indicazioni esplicite sulla rilevanza temporale di tali istanze, generando incertezze sulla valutazione della posizione del contribuente che abbia presentato domanda di rateizzazione ma non abbia ancora ottenuto risposta dall’amministrazione.
Meccanismi di tutela e strumenti di impugnazione
Il sistema prevede forme di tutela per il contribuente che si ritenga erroneamente escluso dalla procedura di concordato preventivo. L’articolo 7 del decreto legislativo disciplina i termini e le modalità per l’impugnazione delle determinazioni dell’Amministrazione finanziaria, prevedendo un termine di sessanta giorni dalla comunicazione dell’esclusione per la proposizione dell’eventuale ricorso.
La competenza giurisdizionale spetta alle Commissioni tributarie provinciali, secondo i principi generali del processo tributario. Tuttavia, la natura particolare della controversia, che verte su valutazioni di carattere preventivo piuttosto che su accertamenti definitivi, presenta profili di specificità che potrebbero richiedere un approccio interpretativo peculiare da parte della giurisprudenza di merito.
L’onere probatorio grava sul contribuente, che deve dimostrare l’inesistenza dei presupposti ostativi individuati dall’amministrazione. Questa ripartizione dell’onere della prova, coerente con i principi generali del diritto tributario, può tuttavia risultare particolarmente gravosa considerando la complessità delle verifiche richieste e la necessità di accedere a informazioni spesso in possesso esclusivo dell’amministrazione.
Coordinamento con la disciplina della riscossione
L’implementazione pratica del concordato preventivo richiede un attento coordinamento con la disciplina generale della riscossione dei tributi. I debiti di modesta entità, tipicamente quelli di importo inferiore a 100 euro, presentano profili di particolare complessità valutativa.
Tali debiti, pur rimanendo iscritti nei registri informatici dell’amministrazione, spesso non formano oggetto di notificazione di specifici atti di riscossione per ragioni di economicità dell’azione amministrativa. La loro rilevanza ai fini dell’esclusione dal concordato preventivo genera interrogativi interpretativi che solo la prassi amministrativa e la giurisprudenza potranno chiarire definitivamente.
La questione assume particolare rilievo considerando che la presenza di debiti di importo trascurabile potrebbe precludere l’accesso a un istituto di particolare favore, determinando una sproporzione tra l’entità del debito e le conseguenze della sua esistenza.