Nel nuovo panorama legislativo italiano, l’affrancamento straordinario delle riserve in sospensione d’imposta rappresenta un’opportunità concreta per le imprese che desiderano ridare piena disponibilità a fondi originariamente vincolati. Si tratta di una procedura semplificata e fiscalmente incentivante, poiché consente di sbloccare risorse interne, alleggerendo al contempo il peso dell’imposizione. Il cuore del provvedimento, previsto dalla riforma dell’IRPEF e dell’IRES approvata dal Consiglio dei Ministri, risiede nell’applicazione di un’imposta sostitutiva del 10%, versabile in quattro rate. L’effetto è una maggiore flessibilità nella gestione del patrimonio aziendale, con ricadute positive su investimenti, redistribuzione di utili e solidità della struttura societaria.
Affrancamento e origini normative
L’idea dell’affrancamento nasce da un contesto legislativo che ha introdotto, nel tempo, diverse forme di rivalutazione dei beni d’impresa, sin dalla celebre L. 342/2000, fino alle più recenti disposizioni di reingegnerizzazione del patrimonio societario. Oggi, grazie alle nuove misure contenute nel decreto legislativo di riforma dell’IRPEF e dell’IRES, le riserve di patrimonio, originariamente soggette a sospensione d’imposta, possono essere affrancate mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva riferita non solo al reddito, ma anche all’IRAP. La sua aliquota, fissata al 10%, si allinea a quella già vista nelle precedenti normative riguardanti la rivalutazione degli attivi aziendali.
Questo intervento normativo non si limita alle riserve generate da leggi speciali, come le rivalutazioni dei beni, ma si estende anche a quelle in sospensione d’imposta per cause diverse, purché la natura delle imposte originarie che gravavano sulla riserva rientri tra quelle relative ai redditi d’impresa. Restano però escluse le riserve il cui regime di indisponibilità risulti fondato su imposte di altro tipo, così come quelle già menzionate nel DL 104/2023 con riferimento a eventi straordinari, quali ad esempio i margini conseguiti dagli istituti bancari su extraprofitti in determinate circostanze temporali.
Caratteristiche delle riserve e conseguenze operative
L’affrancamento, di fatto, consente alla riserva in sospensione d’imposta di tornare a essere un’utilità ordinaria, non più gravata da vincoli fiscali. Ciò può incidere sulla strategia di gestione dei fondi e sul rapporto con i soci, soprattutto se si considera la possibilità di distribuire utili con maggiore elasticità. La scelta di affrancare la riserva, tuttavia, non va sottovalutata. L’imposta sostitutiva deve essere saldata entro il termine di versamento del saldo delle imposte relative al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024 e, se si opta per il pagamento rateale, la dilazione può estendersi su quattro anni. Un esempio concreto potrebbe riguardare una società che ha iscritto una riserva in sospensione d’imposta a seguito di una precedente rivalutazione del proprio patrimonio immobiliare.
Affrancando tale riserva, può decidere in futuro di destinarla a coprire perdite o di ridistribuire utili ai soci, con una flessibilità che prima sarebbe stata limitata dalla natura della riserva stessa. Secondo l’Agenzia delle Entrate, come da indicazioni della circ. n. 6/2022, l’affrancamento ripristina la vera natura della riserva, rendendola pienamente disponibile per la governance aziendale.
Cambi di regime contabile e tempistiche di affrancamento
L’affrancamento assume una rilevanza cruciale in caso di variazione del regime contabile, come il passaggio dalla contabilità ordinaria a quella semplificata o viceversa. Se il cambiamento avviene durante il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024, le riserve potrebbero non essere più presenti al momento del versamento del saldo, rendendo impossibile procedere all’affrancamento. Questo aspetto è rilevante perché la disponibilità o meno della riserva in un determinato momento fiscale può fare la differenza nella programmazione a medio e lungo termine delle strategie patrimoniali di un’impresa. Invece, per chi adotta la contabilità semplificata da sempre, non sorge alcuna esigenza di affrancare riserve inesistenti, poiché questo tipo di regime non prevede la costituzione di riserve in sospensione d’imposta.
Affrancamento parziale delle riserve
La norma non limita l’affrancamento all’intero ammontare delle riserve. Il legislatore, nel predisporre la misura, consente di intervenire anche in parte, lasciando quindi all’impresa la scelta di affrancare solo una porzione della riserva in sospensione. Questo aumenta la versatilità del provvedimento, permettendo soluzioni personalizzate in base alle esigenze economiche, patrimoniali e di liquidità. Un’impresa potrà valutare con il proprio consulente fiscale se affrancare l’intera riserva o solo una parte di essa, bilanciando i vantaggi fiscali e le disponibilità finanziarie. Si tratta di una decisione delicata, nella quale entra in gioco la proiezione degli scenari futuri.
Supponiamo, ad esempio, che un’azienda intenda anticipare solo una quota della riserva per disporre di maggiore liquidità nel breve termine, lasciando che il resto resti in sospensione fino a quando non sarà più conveniente liberarla.
Riflessioni strategiche e opportunità future
La possibilità di affrancare le riserve in sospensione d’imposta rappresenta uno strumento innovativo di governo aziendale. Non si tratta semplicemente di una scelta per alleggerire la posizione fiscale, ma di un vero e proprio strumento di pianificazione, capace di influenzare la politica dei dividendi, la gestione del circolante e la percezione della società sul mercato. Il contesto normativo odierno, reso ancora più fluido dalle riforme IRPEF e IRES, spinge il management a un ripensamento delle logiche di valorizzazione del patrimonio, ragionando in un’ottica di lungo periodo e sfruttando norme che, se ben gestite, possono offrire opportunità competitive significative. L’affrancamento straordinario, dunque, non è solo un gesto amministrativo, ma una leva strategica di grande rilievo.