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Tassazione dividendi

Tassazione dividendi: le modifiche introdotte dalla Manovra 2026

24 Ottobre, 2025

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La Manovra 2026, approvata dal Consiglio dei Ministri il 17 ottobre 2025, ha introdotto modifiche sostanziali al regime fiscale applicabile ai dividendi distribuiti dalle società di capitali. Si tratta, in effetti, di un cambiamento che coinvolge principalmente i soci persone fisiche titolari di partecipazioni, con interventi che riguardano sia la determinazione della base imponibile che i meccanismi di tassazione per specifiche categorie di percettori. La riforma, che decorre dal 1° gennaio 2026, rappresenta un punto di svolta rispetto all’assetto precedente e merita un’analisi attenta, soprattutto per chi opera nell’ambito delle società di capitali.

🕒 Cosa sapere in un minuto

  • Decorrenza: le nuove regole fiscali sui dividendi entrano in vigore dal 1° gennaio 2026 per le delibere di distribuzione utili adottate dal nuovo anno.
  • Impatto soci: principale novità per i soci persone fisiche titolari di partecipazioni superiori al 10% nelle società di capitali.
  • Percentuale imponibile: superata l’esclusione parziale: possibile aumento della quota di dividendi assoggettata a IRPEF per partecipazioni rilevanti (es. oltre 10%). Percentuali definitive attese nei decreti attuativi.
  • Nuove distinzioni: viene reintrodotta una differenziazione tra partecipazioni più e meno rilevanti, indipendente dalla disciplina delle “partecipazioni qualificate” TUIR.
  • Profili operativi: attenzione in caso di utili maturati prima del 2026 ma distribuiti dopo: potrebbero emergere dubbi sulla disciplina transitoria in attesa di chiarimenti dell’Agenzia Entrate.
  • Effetti: la maggiore tassazione sui dividendi può influenzare scelte di distribuzione utili e la competitività del sistema fiscale italiano.

La principale novità riguarda i soci persone fisiche che percepiscono dividendi in regime di impresa. L’articolo 59 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi, DPR 917/1986) disciplina, come noto, la tassazione degli utili distribuiti a imprenditori individuali e società di persone. La modifica introdotta dall’articolo 18 della bozza di legge tocca un aspetto che finora era rimasto piuttosto stabile nel tempo: la percentuale di concorrenza al reddito imponibile.

Secondo quanto emerge dai documenti ufficiali, il legislatore ha previsto che, per le partecipazioni che superano la soglia del 10% del capitale sociale, venga meno l’attuale regime di parziale esclusione dalla base imponibile. In sostanza, si tratta di una modifica che rende più onerosa la distribuzione degli utili per chi detiene quote rilevanti nelle società, anche se la norma è stata formulata in modo da lasciare alcuni margini interpretativi – che, come spesso accade nella prassi, andranno chiariti con provvedimenti attuativi.

Il comma 2 dell’articolo 18, nella formulazione contenuta nella bozza circolata a metà ottobre, stabilisce che le nuove disposizioni si applicano alle distribuzioni di utili deliberate a partire dal 1° gennaio 2026. Questo significa che le assemblee che si terranno nel corso del 2026, anche se relative agli utili 2025, saranno sottoposte al nuovo regime. È un aspetto non trascurabile, considerando che molte società approvano i bilanci e deliberano le distribuzioni nei primi mesi dell’anno successivo.

Le modifiche all’articolo 59 del TUIR

L’intervento sull’articolo 59 del TUIR, come sopra accennato, riguarda la determinazione del reddito imponibile per i soggetti che percepiscono dividendi nell’ambito dell’attività d’impresa. Attualmente, secondo quanto previsto dall’articolo 59, comma 1, del TUIR, gli utili percepiti da imprenditori individuali e società di persone concorrono alla formazione del reddito complessivo nella misura del 58,14% del loro ammontare, se relativi a utili maturati dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016. Questa percentuale era stata determinata dal D.M. 2 aprile 2008, in applicazione del criterio della neutralità fiscale tra tassazione in capo alla società e successiva tassazione del dividendo in capo al socio.

La nuova versione dell’articolo 59, per come si ricava dalle anticipazioni giornalistiche e dai lavori preparatori, sembra introdurre un principio differente per le partecipazioni più rilevanti. Secondo alcune interpretazioni, si tratterebbe di applicare una maggiorazione della percentuale imponibile per i soci che detengono quote superiori al 10%, mentre per le partecipazioni inferiori a tale soglia dovrebbe rimanere in vigore il regime attuale. Tuttavia, al momento in cui si scrive, non sono ancora disponibili tutti i decreti attuativi che definiranno con esattezza i coefficienti applicabili.

Nella pratica professionale si osserva come questi interventi legislativi vengano spesso accompagnati da un periodo transitorio, durante il quale possono emergere criticità applicative. Ad esempio, in caso di distribuzione di riserve di utili formatesi in esercizi precedenti al 2026, potrebbe porsi la questione di quale regime applicare: se quello vigente al momento della formazione degli utili o quello in vigore al momento della distribuzione. Sul punto, l’Agenzia delle Entrate dovrà probabilmente intervenire con chiarimenti interpretativi.

Il trattamento delle partecipazioni qualificate

Il concetto di partecipazione qualificata, definito dall’articolo 67, comma 1, lettera c) del TUIR, assume rilevanza anche nel nuovo contesto normativo. Come noto, per le società non quotate si considera qualificata una partecipazione che rappresenta una percentuale superiore al 20% dei diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria oppure una partecipazione superiore al 25% del capitale sociale. Per le società quotate, le soglie sono notevolmente più basse: 2% dei diritti di voto o 5% del capitale sociale.

Ai sensi dell’articolo 47 del TUIR, per le persone fisiche non imprenditori, i dividendi sono attualmente soggetti a ritenuta a titolo di imposta del 26%, indipendentemente dalla qualificazione della partecipazione. Questo regime, introdotto dalla Legge di Bilancio 2018 (L. 205/2017), ha unificato il trattamento fiscale che prima era differenziato tra partecipazioni qualificate e non qualificate.

La novità della Manovra 2026 sembrerebbe invece reintrodurre una distinzione, sia pur con parametri diversi, per i soggetti che operano in regime di impresa. La soglia del 10%, menzionata nei documenti preliminari, non coincide con le percentuali che definiscono la partecipazione qualificata secondo l’articolo 67 del TUIR, e questo potrebbe generare qualche incertezza interpretativa. Si consideri, a titolo esemplificativo, un imprenditore individuale che detenga una quota del 15% in una società: la sua partecipazione non sarebbe qualificata ai sensi dell’articolo 67 (in quanto inferiore al 20% o al 25%), ma supererebbe la soglia del 10% rilevante ai fini dell’articolo 59, con conseguente applicazione del nuovo regime fiscale.

Casi pratici e implicazioni operative

Per comprendere meglio l’impatto delle nuove norme, può essere utile esaminare alcuni esempi pratici. Si ipotizzi il caso di un imprenditore individuale, il signor Bianchi, che detiene una quota del 12% in una società a responsabilità limitata. Nel 2026, la società distribuisce un dividendo di 50.000 euro al signor Bianchi. Secondo il regime previgente (articolo 59 del TUIR), il dividendo concorrerebbe alla formazione del reddito imponibile nella misura del 58,14%, ossia per 29.070 euro. Tale importo verrebbe poi assoggettato alle aliquote IRPEF progressive, con un’imposta complessiva che, ipotizzando un reddito complessivo che colloca il contribuente nello scaglione del 35%, ammonterebbe a circa 10.174,50 euro (senza considerare le addizionali regionali e comunali).

Con il nuovo regime, se la soglia del 10% comporta effettivamente una maggiorazione della percentuale imponibile – poniamo, per ipotesi, al 70% – il reddito imponibile salirebbe a 35.000 euro, con un’imposta IRPEF di circa 12.250 euro. Si tratta di una differenza di circa 2.000 euro, che su importi più elevati può diventare significativa. Naturalmente, si tratta di un esempio puramente teorico, in attesa che vengano pubblicati i decreti attuativi con le percentuali esatte.

Un altro caso interessante riguarda le società di persone che detengono partecipazioni in società di capitali. Si consideri una società in nome collettivo (S.n.c.) che possiede il 30% di una S.r.l. operativa. La S.n.c. percepisce dividendi dalla S.r.l., che vengono poi imputati per trasparenza ai soci della S.n.c. stessa, in proporzione alle loro quote di partecipazione. Con il nuovo regime, la S.n.c. dovrà determinare il reddito imponibile applicando le nuove percentuali previste dall’articolo 59 modificato, e tale reddito verrà poi tassato in capo ai singoli soci persone fisiche della S.n.c., secondo le loro aliquote IRPEF personali.

La situazione si complica ulteriormente quando si tratta di catene partecipative più articolate, con holding intermedie. In questi casi, la giurisprudenza ha talvolta interpretato la norma in modo da evitare fenomeni di doppia o tripla imposizione economica, ma l’introduzione di nuove percentuali di concorrenza al reddito potrebbe richiedere una revisione di tali orientamenti.

Profili di criticità e questioni aperte

L’intervento normativo, per quanto orientato a razionalizzare il sistema di tassazione dei dividendi, solleva alcune criticità che meritano attenzione. Innanzitutto, come già accennato, la scelta di una soglia del 10% per differenziare il trattamento fiscale non coincide con le soglie previste per la qualificazione delle partecipazioni ai sensi dell’articolo 67 del TUIR. Questo disallineamento potrebbe generare incertezze applicative e contenziosi, soprattutto per quelle partecipazioni che si collocano tra il 10% e il 20% (o 25%).

In secondo luogo, la norma non sembra prevedere un regime transitorio per gli utili formatisi prima del 2026 ma distribuiti successivamente a tale data. Secondo il principio di cassa, che governa la tassazione dei dividendi per le persone fisiche, rileva il momento dell’effettiva percezione dell’utile, non quello della sua formazione. Tuttavia, in passato il legislatore ha spesso introdotto regimi transitori per evitare cambiamenti troppo bruschi, come accaduto con la Legge di Bilancio 2018 per le partecipazioni qualificate. In quell’occasione, era stato previsto che gli utili formati fino al 31 dicembre 2017 e deliberati entro il 31 dicembre 2022 potessero ancora beneficiare del vecchio regime di tassazione parziale (58,14% per gli utili post-2016).

L’assenza di un analogo regime transitorio nella Manovra 2026 potrebbe indurre alcune società a deliberare anticipatamente la distribuzione degli utili, prima dell’entrata in vigore della nuova disciplina, al fine di preservare il regime fiscale più favorevole. Questo fenomeno, noto come “dividend rush”, è stato osservato in passato in occasione di modifiche normative analoghe.

Un’altra questione riguarda il coordinamento con le norme internazionali. L’Italia ha sottoscritto numerose convenzioni contro le doppie imposizioni, che prevedono regole specifiche per la tassazione dei dividendi transfrontalieri. In particolare, molte convenzioni prevedono un’aliquota ridotta di ritenuta alla fonte sui dividendi distribuiti da una società residente in uno Stato a un percettore residente nell’altro Stato. Le modifiche introdotte dalla Manovra 2026 dovranno essere coordinate con tali convenzioni, per evitare che l’aumento del carico fiscale interno si traduca in una doppia imposizione non eliminabile mediante i meccanismi convenzionali.

Infine, occorre considerare l’impatto delle nuove norme sulla competitività del sistema fiscale italiano rispetto ad altri Paesi europei. L’aumento della tassazione sui dividendi percepiti da soggetti in regime di impresa potrebbe rendere meno attrattivo l’investimento in società italiane da parte di imprenditori e società di persone, che potrebbero preferire allocare i propri capitali in giurisdizioni con un regime fiscale più favorevole. D’altro canto, il legislatore potrebbe aver valutato che l’impatto sulla competitività sia contenuto, considerando che la maggior parte degli investimenti in partecipazioni rilevanti viene effettuata tramite società di capitali (che beneficiano della participation exemption e non sono toccate da queste modifiche).

Tabella riepilogativa delle principali modifiche

AMBITO REGIME PREVIGENTE NUOVO REGIME (dal 1° gennaio 2026)
Dividendi – Partecipazioni fino al 10% Concorrenza al reddito: 58,14% dell’ammontare per utili post-2016 Confermato regime previgente (58,14%)
Dividendi – Partecipazioni oltre il 10% Concorrenza al reddito: 58,14% dell’ammontare per utili post-2016 Maggiorazione della percentuale imponibile (in attesa di decreti attuativi)
Soggetti interessati Imprenditori individuali e società di persone (art. 59 TUIR) Imprenditori individuali e società di persone con partecipazioni > 10%
Persone fisiche non imprenditori Ritenuta a titolo d’imposta 26% (indipendente dalla qualificazione) Nessuna modifica – Confermato 26%
Società di capitali Participation exemption 95% (imponibile 5%) Nessuna modifica
Decorrenza Distribuzioni deliberate dal 1° gennaio 2026

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