La bozza della legge di bilancio per l’anno 2026 porta con sé un inasprimento del prelievo fiscale sulle valute digitali. Dal primo gennaio del prossimo anno, chi realizzerà guadagni dalla compravendita di asset crittografici come Bitcoin ed Ethereum vedrà applicarsi un’imposta sostitutiva del 33 per cento, in luogo dell’attuale 26 per cento. Una scelta che testimonia la volontà dell’esecutivo di incrementare il gettito derivante da un mercato che, ormai, ha cessato di rappresentare una nicchia speculativa per assumere contorni di massa.
🕒 Cosa sapere in un minuto
- Dal 2026 l’aliquota fiscale su plusvalenze da criptovalute (es. Bitcoin, Ethereum) sale al 33% (prima 26%).
- Restano tassate al 26% le plusvalenze su stablecoin ancorate all’euro e i fondi/ETC crypto.
- Non genera plusvalenza la conversione euro-token di moneta elettronica in euro.
- I contribuenti devono dichiarare le plusvalenze superando i 2.000€ per almeno 7 giorni lavorativi.
- Possibile compensare minusvalenze nei 4 anni successivi.
- Verrà istituito un Tavolo permanente di coordinamento e vigilanza sulle cripto-attività.
- Tavolo partecipato da MEF, Guardia di Finanza, Bankitalia, CONSOB, UIF, associazioni ed esperti accademici.
- La normativa si coordina con regole UE MiCA e disciplina antiriciclaggio.
Il quadro normativo trova il proprio fondamento nell’articolo 13 della bozza in esame, il quale – in sostanziale continuità con quanto già disposto dall’articolo 1, comma 24, della legge n. 207 del 30 dicembre 2024 – innalza di 7 punti percentuali il carico impositivo sulle plusvalenze. Non si tratta, come spesso accade in questi casi, di una disposizione isolata ma di un intervento che si inserisce in un percorso di progressiva regolamentazione del settore crypto avviato dal legislatore già nel corso del 2024.
Le stablecoin ancorate all’euro mantengono l’aliquota ridotta
Occorre precisare che non tutte le cripto-attività subiranno il medesimo trattamento. Rimangono infatti soggetti al prelievo del 26 per cento i redditi derivanti da operazioni che coinvolgono i cosiddetti token di moneta elettronica denominati in euro. Si fa riferimento, in particolare, agli strumenti disciplinati dall’articolo 3, paragrafo 1, numero 7), del Regolamento (UE) 2023/1114 del Parlamento europeo e del Consiglio, datato 31 maggio 2023.
La definizione normativa risulta piuttosto stringente. Sono considerati tali esclusivamente quei token il cui valore risulta stabilmente ancorato alla moneta unica europea e i cui fondi di riserva vengano detenuti per intero in attività denominate in euro presso soggetti autorizzati nell’ambito dell’Unione. Una scelta che sembra rispondere a logiche di neutralità fiscale rispetto agli strumenti tradizionali di pagamento e deposito.
Nel dettaglio tecnico, la norma contenuta nella bozza della legge di bilancio per l’anno 2026 chiarisce che ai fini dell’applicazione dell’aliquota agevolata al 26 per cento non costituisce evento idoneo a generare plusvalenza o minusvalenza la semplice conversione tra euro e token di moneta elettronica denominati nella valuta comunitaria, né tantomeno il rimborso in euro del corrispondente valore nominale. Un’impostazione che appare coerente con la natura stessa di questi strumenti, pensati per replicare digitalmente le funzioni della moneta fiat.
Fondi ed Exchange Traded Commodities esclusi dall’aumento
Anche gli organismi di investimento collettivo del risparmio che investono in cripto-asset – si pensi ai fondi comuni e agli Exchange Traded Commodities (ETC) – continueranno ad essere tassati con l’aliquota ordinaria del 26 per cento, al pari di quanto previsto per le altre forme di investimento finanziario. Nella prassi operativa, questa scelta evita distorsioni competitive tra strumenti di investimento regolamentati e investimenti diretti in valute digitali, pur mantenendo una distinzione netta sul piano dell’imposizione.
Verso l’istituzione di un Tavolo permanente di vigilanza
L’articolo 13 non si limita agli aspetti strettamente tributari. Si prevede infatti l’istituzione, mediante decreto del Ministro dell’economia e delle finanze da emanare entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge, di un Tavolo permanente di controllo e vigilanza sulle cripto-attività e la finanza innovativa. L’obiettivo dichiarato consiste nel favorire uno sviluppo ordinato del settore, contemperando le esigenze di innovazione con quelle di tutela dei risparmiatori e di contrasto agli illeciti.
La composizione del Tavolo è articolata e prevede la partecipazione di rappresentanti del Ministero dell’economia e delle finanze, della Guardia di finanza, della CONSOB, della Banca d’Italia e dell’Unità di informazione finanziaria (UIF). Accanto alle autorità pubbliche siedono le associazioni maggiormente rappresentative del settore nonché esperti accademici, individuati secondo criteri di competenza tecnica e scientifica. Si configura dunque un organismo misto, pubblico-privato, chiamato a svolgere funzioni di monitoraggio e coordinamento.
Tra i compiti assegnati al Tavolo figura quello di monitorare in maniera continuativa i rischi connessi all’operatività in cripto-attività, favorire forme di collaborazione strutturata tra le istituzioni di controllo e gli operatori di mercato, nonché promuovere iniziative finalizzate all’educazione finanziaria dei consumatori. Quest’ultimo aspetto assume particolare rilievo se si considera che la diffusione delle valute digitali ha spesso preceduto, nella realtà dei fatti, la comprensione effettiva dei meccanismi e dei rischi da parte degli investitori retail.
Profili applicativi e impatti sul settore
Dal punto di vista operativo, l’aumento dell’aliquota dal 26 al 33 per cento rappresenta un incremento significativo del costo fiscale per gli investitori in criptovalute “tradizionali”. Si consideri un esempio concreto: un contribuente che abbia acquistato Bitcoin per un controvalore di 10.000 euro e li rivenda successivamente a 15.000 euro realizza una plusvalenza di 5.000 euro. Con l’aliquota attuale del 26 per cento, l’imposta dovuta ammonta a 1.300 euro; con la nuova aliquota del 33 per cento, l’onere fiscale sale a 1.650 euro, con un aggravio di 350 euro (pari al 27 per cento in più).
L’impatto della misura andrà valutato anche sotto il profilo della competitività del mercato italiano rispetto ad altre giurisdizioni europee. Diversi Stati membri applicano regimi fiscali differenziati: alcuni mantengono aliquote più contenute, altri hanno adottato soglie di esenzione per le plusvalenze di importo limitato. La tassazione criptovalute 2026 si colloca pertanto in un panorama europeo eterogeneo, dove la mancanza di armonizzazione fiscale può determinare fenomeni di arbitraggio regolamentare.
Aspetti procedurali e adempimenti dichiarativi
Ai sensi della normativa vigente, i contribuenti sono tenuti a dichiarare nel quadro RT del modello Redditi Persone Fisiche le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di cripto-attività, qualora il controvalore complessivo delle valute digitali detenute superi la soglia di 2.000 euro per almeno 7 giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta. L’imposta sostitutiva può essere assolta mediante il regime della dichiarazione oppure, ove ne ricorrano i presupposti, tramite il regime del risparmio amministrato qualora l’intermediario finanziario abbia aderito a tale modalità.
Secondo quanto previsto dalla disciplina in vigore, resta ferma la possibilità di compensare le minusvalenze realizzate con le plusvalenze maturate nei periodi d’imposta successivi, entro il quarto periodo successivo a quello di realizzo. Una previsione che attenua parzialmente l’impatto dell’inasprimento fiscale, consentendo agli investitori di mitigare il carico tributario in presenza di strategie di trading articolate nel tempo.
Coordinamento con la disciplina antiriciclaggio
L’introduzione del Tavolo permanente si inserisce in un quadro normativo che vede le cripto-attività progressivamente ricondotte nell’alveo della regolamentazione finanziaria tradizionale. Il Regolamento (UE) 2023/1114, noto come MiCA (Markets in Crypto-Assets), ha stabilito un framework comune per l’autorizzazione e la vigilanza degli emittenti di cripto-attività e dei prestatori di servizi. Sul versante del contrasto al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo, il D.Lgs. n. 231/2007 ha progressivamente esteso gli obblighi di adeguata verifica della clientela e di segnalazione delle operazioni sospette agli operatori in valute virtuali.
La sinergia tra normativa fiscale e disciplina antiriciclaggio appare evidente. L’Unità di informazione finanziaria, inserita nella composizione del Tavolo, rappresenta il punto di raccordo tra le segnalazioni provenienti dagli operatori e le attività investigative condotte dalle autorità di polizia giudiziaria. Nella pratica, il flusso informativo che transita attraverso la UIF costituisce uno strumento essenziale per l’individuazione di fenomeni evasivi o di operazioni illecite mascherate attraverso l’utilizzo di criptovalute.



