Il settore della logistica e dell’autotrasporto merci vive una stagione di profonde trasformazioni normative. Dal primo luglio 2025, le società quotate incluse nell’indice FTSE MIB della Borsa Italiana sono state escluse dallo split payment, mentre si profilano nuove regole per il reverse charge nei contratti di appalto. Un panorama complesso che richiede particolare attenzione da parte degli operatori del settore. L’esclusione delle società quotate FTSE MIB dal regime di split payment rappresenta solo la punta dell’iceberg di una riforma più ampia che tocca l’intero sistema fiscale del comparto trasporti. Le modifiche, introdotte attraverso vari interventi legislativi, stanno ridisegnando gli equilibri operativi di un settore che movimenta miliardi di euro di fatturato annuo.
🕒 Cosa sapere in 1 minuto
- Dal 1° luglio 2025 le società quotate FTSE MIB sono escluse dallo split payment: IVA sulle fatture gestita con regime ordinario.
- Introdotte nuove regole per il reverse charge logistico nei contratti di appalto: operatività subordinata a via libera UE, ma già attivo un regime transitorio opzionale tramite comunicazione telematica con software dedicato.
- I sistemi informativi e la contabilità delle aziende logistiche devono distinguere tra fatture emesse prima e dopo il 30/6/2025: il cambio di regime impatta i flussi di cassa e i processi amministrativi.
- Reverse charge applicabile in senso ampio ai servizi logistici/appalti, eliminando molti vincoli precedenti e con forte impatto anche sui giganti dell’e-commerce.
- Nuove strategie di controllo fiscale da parte dell’Agenzia delle Entrate per contrastare frodi IVA e società “serbatoio di manodopera”.
- Aumenti di complessità e costi gestionali soprattutto per le PMI del settore, con possibile segmentazione del mercato.
- Esperienze europee (Germania e Francia) evidenziano luci e ombre: riduzione frodi ma maggiori oneri amministrativi per le imprese.
L’addio forzato delle quotate al regime di scissione
1
Stanco di leggere? Ascolta l’articolo nell’innovativo formato podcast
|
1
Dal primo luglio 2025, le grandi società del settore logistico quotate al FTSE MIB di Piazza Affari si sono svegliate in un mondo fiscale diverso. Niente più split payment, il meccanismo che per anni aveva separato il pagamento del corrispettivo da quello dell’IVA. Una rivoluzione silenziosa ma dalle conseguenze clamorose.
Prendiamo il caso di una grande società di spedizioni internazionali, leader nel suo settore, che gestisce centinaia di migliaia di spedizioni al giorno. Fino al 30 giugno, ogni fornitore di servizi logistici applicava automaticamente la scissione dei pagamenti. Dal primo luglio, improvvisamente, il regime è cambiato: IVA a carico del committente secondo le regole ordinarie. Il risultato? Una riorganizzazione lampo dei sistemi informativi, della contabilità fornitori e dei flussi di pagamento.
La decisione deriva dall’abrogazione della lettera d) del comma 1-bis dell’art. 17-ter del DPR 633/1972, disposta dall’art. 10 del DL 17 giugno 2025, n. 84. Una modifica apparentemente tecnica che nasconde in realtà una precisa strategia europea: l’attuazione della Decisione di esecuzione (UE) 2023/1552 del Consiglio, che ha autorizzato l’Italia a prorogare l’applicazione dello split payment fino al 30 giugno 2026, escludendo però, a decorrere dal 1° luglio 2025, le operazioni effettuate nei confronti delle società quotate.
Ma perché proprio le società quotate? La risposta sta nella filosofia che ha sempre guidato lo split payment: garantire affidabilità fiscale attraverso soggetti considerati “solidi” dal punto di vista patrimoniale. Il meccanismo della scissione dei pagamenti, introdotto dalla legge di Stabilità 2015, prevede che per gli acquisti di beni e servizi effettuati da soggetti affidabili (Pa e Società) l’Iva addebitata in fattura debba essere versata direttamente all’Erario dagli acquirenti e non più dal fornitore. Le società quotate, per la loro trasparenza informativa e i controlli di mercato, sono considerate sufficientemente affidabili da gestire l’IVA secondo le regole ordinarie.
Tuttavia, la transizione non è stata indolore. Molte società si sono trovate a dover gestire fatture “ibride”: quelle emesse entro il 30 giugno con split payment, quelle successive con regime ordinario. Il meccanismo Iva che separa il pagamento del corrispettivo da quello dell’imposta varrà solo per le fatture emesse – cioè trasmesse al SdI – dalla società quotate entro il 30 giugno 2025, senza che rilevi la data di effettuazione delle fatture stesse.
Un caso emblematico è quello delle fatture respinte dal Sistema di Interscambio per errori formali. Prendiamo per esempio il caso di una fattura emessa entro il 30 giugno 2025, ma scartata dal Sistema di Interscambio per uno dei tanti motivi previsti. In questo caso, sorgerebbe il dubbio sull’esatta modalità di applicazione dell’IVA all’operazione (split payment o rivalsa ordinaria), laddove il documento corretto fosse inviato nei successivi cinque giorni. Un limbo normativo che ha richiesto chiarimenti urgenti da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Il reverse charge logistico: un’arma contro le frodi del settore
Mentre le società quotate abbandonavano lo split payment, il legislatore preparava un’altra rivoluzione: l’introduzione del reverse charge nel settore della logistica e dei trasporti. Un meccanismo che trasferisce l’obbligo di versamento dell’IVA dal prestatore al committente, eliminando alla radice il rischio di omesso versamento.
La genesi di questa riforma affonda le radici in un problema endemico del settore: le frodi fiscali perpetrate attraverso le cosiddette “società serbatoio di manodopera”. Lo schema fraudolento tipicamente contestato muove dalla circostanza che le società c.d. “serbatoi di manodopera” omettevano il versamento delle imposte al fine di beneficiare di un risparmio fiscale che avrebbe consentito loro di operare sul mercato con tariffe molto competitive consentendo così un indiretto vantaggio anche per i loro committenti.
Il meccanismo è diabolicamente semplice: una società costituisce formalmente un’impresa di servizi logistici, vince appalti offrendo prezzi imbattibili (possibili grazie al mancato versamento dell’IVA), incassa i corrispettivi e poi sparisce senza versare le imposte dovute. Il danno all’Erario si conta in centinaia di milioni di euro l’anno, ma l’effetto più devastante è la concorrenza sleale verso le aziende oneste del settore.
La Legge di Bilancio per l’anno 2025 (Legge 30 dicembre 2024, n. 207), per mezzo dell’ art. 1, commi 57 e seguenti, è stata riformulata la norma di cui alla lettera a-quinquies) dell’articolo 17, comma 6, del d.P.R. n. 633/72. La nuova disciplina prevede l’applicazione del reverse charge alle prestazioni di servizi caratterizzate da prevalente utilizzo di manodopera rese nei confronti di imprese che svolgono attività di trasporto, movimentazione merci e servizi logistici.
Ma c’è un dettaglio fondamentale: L’efficacia di tale disposizione è espressamente subordinata al rilascio, da parte del Consiglio dell’Unione europea, dell’autorizzazione di una misura di deroga ai sensi dell’articolo 395 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006. In pratica, l’Italia deve ancora ottenere il via libera dall’Unione europea per implementare definitivamente la misura.
Il regime transitorio: l’opzione che anticipa il futuro
Nell’attesa dell’autorizzazione europea, il legislatore ha predisposto un ingegnoso regime transitorio. L’Agenzia delle Entrate ha approvato, con provvedimento n. 309107 del 28 luglio 2025, il modello di comunicazione dell’opzione per le prestazioni di servizi rese nei confronti di imprese che svolgono attività di trasporto, movimentazione merci e servizi di logistica.
Si tratta di un meccanismo facoltativo attraverso il quale committente e prestatore possono accordarsi per anticipare l’applicazione del reverse charge. In buona sostanza, non si tratta di un’inversione contabile, bensì di un regime che assomiglia a quello previsto nell’art. 17-ter, D.P.R. n. 633/1972, ossia allo split payment, in cui l’imposta addebitata in fattura non è corrisposta al fornitore, ma è versata direttamente all’Erario da parte del cliente.
Il regime presenta caratteristiche peculiari che lo distinguono dal reverse charge tradizionale. L’impossibilità di compensazione nell’ambito della liquidazione periodica rappresenta un elemento di criticità operativa che assimila maggiormente questo regime allo split payment piuttosto che a un tradizionale reverse charge, comportando inevitabili impatti sui flussi di cassa dei soggetti committenti.
Analizziamo un caso concreto: una grande azienda di e-commerce che gestisce direttamente la logistica di ultimo miglio attraverso fornitori esterni. Con l’opzione al nuovo regime, l’azienda dovrà versare l’IVA delle prestazioni logistiche direttamente all’Erario entro il 16 del mese successivo all’emissione della fattura, senza possibilità di compensazione con l’IVA a credito. l’imposta è versata dal committente senza possibilità di compensazione, entro il giorno 16 del mese successivo rispetto a quello di emissione della fattura da parte del prestatore (ad esempio, per una fattura emessa il 28 settembre 2025, l’imposta da parte del committente dovrà essere versata entro il successivo 16 ottobre 2025).
La rivoluzione dei codici tributo e delle procedure
L’operatività del nuovo regime ha richiesto un complesso lavoro di adeguamento tecnico. La risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 47/E del 29.07.2025 ha istituito il codice tributo “6045” fornendo le relative istruzioni per la compilazione del modello F24. Un dettaglio apparentemente minimo che testimonia la complessità operativa della riforma.
Per esercitare l’opzione, le aziende devono utilizzare un software specifico denominato “ReverseChargeLogistica”, messo gratuitamente a disposizione dall’Agenzia delle Entrate. L’esercizio dell’opzione richiede la trasmissione telematica di apposita comunicazione utilizzando il software denominato “ReverseChargeLogistica”, messo gratuitamente a disposizione dall’Amministrazione finanziaria.
La procedura prevede una comunicazione congiunta tra committente e prestatore, che vincola entrambe le parti per un periodo di tre anni. Come previsto dall’articolo 1, commi 60 e 61, della Legge, l’opzione è comunicata dal committente all’Agenzia delle entrate ed ha durata triennale. L’esercizio dell’opzione si considera effettuato dalla data di trasmissione della Comunicazione.
Un aspetto particolarmente interessante riguarda l’estensione ai subappalti. L’opzione può essere esercitata anche nei rapporti tra i subappaltatori. L’esercizio dell’opzione in uno qualsiasi dei rapporti tra subappaltante e subappaltatore prescinde dall’esercizio della medesima nel rapporto tra committente e primo appaltatore. Questo significa che ogni anello della catena logistica può decidere autonomamente se aderire al nuovo regime.
L’evoluzione del decreto fiscale: verso un’applicazione generalizzata
Il quadro normativo ha subito un’ulteriore evoluzione con il Decreto Legge 17 giugno 2025, n. 84. Con l’art. 9 D.L. 17.06.2025, n. 84 il legislatore è intervenuto in maniera significativa sulla disciplina Iva applicabile agli appalti e subappalti nel settore del trasporto e della logistica, ampliando il perimetro oggettivo e soggettivo di applicazione del meccanismo dell’inversione contabile.
La modifica più rilevante ha eliminato i vincoli contrattuali che limitavano l’applicazione del reverse charge. La modifica più rilevante consiste nell’eliminazione, ex art. 9, c. 1 D.L. 84/2025, dei vincoli contrattuali oggettivi (prevalente impiego di manodopera presso le sedi del committente e utilizzo di beni strumentali del committente o a esso riconducibili) che condizionavano l’applicazione del reverse charge a un sottoinsieme molto ristretto di operazioni.
Ora il meccanismo si applica a tutte le prestazioni di servizi effettuate tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento a consorziati o rapporti negoziali comunque denominati, rese nei confronti di imprese di trasporto merci e logistica. Una semplificazione che amplia enormemente l’ambito di applicazione della misura.
L’impatto su Amazon e i giganti dell’e-commerce
Uno dei settori più colpiti dalle nuove disposizioni è quello dell’e-commerce, con particolare riferimento ai colossi come Amazon. Le modifiche normative hanno un impatto diretto sulle modalità operative di gestione della logistica integrata.
Amazon Logistica Italia ed Amazon Transport Italia, in quanto aziende del settore, sono direttamente interessate dalle nuove disposizioni. La gestione dei magazzini di smistamento, il trasporto dell’ultimo miglio e i servizi di logistica integrata rientrano tutti nel perimetro di applicazione del nuovo regime.
L’impatto è particolarmente significativo considerando i volumi gestiti: milioni di pacchi al giorno, migliaia di fornitori di servizi logistici, una rete capillare che copre tutto il territorio nazionale. La transizione al nuovo regime fiscale richiede un coordinamento complesso tra tutti gli attori della filiera.
Le conseguenze operative per le PMI del trasporto
Se i grandi gruppi hanno le risorse per adeguarsi rapidamente alle nuove disposizioni, la situazione è ben diversa per le piccole e medie imprese del settore. Un autotrasportatore con una flotta di cinque veicoli che opera principalmente per conto di grandi aziende logistiche si trova oggi a dover gestire regimi fiscali differenziati a seconda del cliente.
Il caso tipo: un’azienda di trasporti che lavora sia per società quotate (regime ordinario IVA) sia per PMI della logistica (potenziale reverse charge opzionale). Due clienti, due regimi fiscali, due procedure di fatturazione e versamento imposte. La complessità amministrativa si moltiplica, i costi di gestione aumentano, la probabilità di errore si amplifica.
Molte PMI del settore stanno valutando l’opportunità di specializzarsi su specifiche tipologie di clientela per semplificare la gestione fiscale. Una strategia che potrebbe portare a una segmentazione del mercato con effetti ancora da valutare sulla concorrenza.
Il controllo dell’Agenzia delle Entrate: nuove strategie investigative
L’introduzione del reverse charge nel settore logistico ha comportato anche un rafforzamento delle attività di controllo da parte dell’Agenzia delle Entrate. Gli ispettori fiscali hanno ora strumenti più raffinati per identificare le società “fantasma” che operano nel settore.
Il meccanismo è semplice ma efficace: con il reverse charge, l’IVA viene versata direttamente dal committente. Se una società di servizi logistici dichiara ricavi elevati ma il fisco non rileva corrispondenti versamenti IVA da parte dei committenti, scatta automaticamente un campanello d’allarme.
I controlli si concentrano particolarmente sui rapporti tra aziende che non hanno optato per il regime transitorio. In questi casi, l’Agenzia verifica che sussistano effettivamente i presupposti per l’esclusione dal reverse charge e che non si configurino ipotesi di elusione fiscale.
L’esperienza delle altre nazioni europee
L’Italia non è il primo Paese europeo a sperimentare meccanismi di reverse charge nel settore logistico. Germania e Francia hanno introdotto misure simili negli scorsi anni, con risultati contrastanti.
In Germania, l’introduzione del reverse charge nel settore delle costruzioni e dei servizi correlati ha portato a una riduzione significativa delle frodi fiscali, ma ha anche generato un aumento dei costi amministrativi per le imprese. Un effetto collaterale che il legislatore italiano ha cercato di mitigare attraverso il regime transitorio facoltativo.
L’esperienza francese, invece, evidenzia l’importanza di criteri chiari per l’identificazione dei settori soggetti al reverse charge. L’assenza di parametri oggettivi ha generato un contenzioso diffuso che ha rallentato l’applicazione della misura.
Le sfide tecnologiche dell’adeguamento
L’implementazione delle nuove disposizioni ha evidenziato le criticità dei sistemi informativi aziendali. Molte software house specializzate nel settore logistico hanno dovuto sviluppare rapidamente aggiornamenti per gestire i nuovi regimi fiscali.
La fatturazione elettronica, in particolare, ha richiesto modifiche sostanziali. I sistemi devono ora essere in grado di identificare automaticamente il regime applicabile in base alla tipologia di cliente e di operazione, gestire comunicazioni telematiche con l’Agenzia delle Entrate per le opzioni, calcolare correttamente i versamenti IVA secondo tempistiche differenziate.
Un’azienda di media dimensione che gestisce migliaia di fatture al mese ha dovuto investire decine di migliaia di euro per l’adeguamento dei sistemi informativi. Costi che si aggiungono a quelli per la formazione del personale e per l’assistenza fiscale specializzata.