Una significativa evoluzione nel trattamento fiscale delle procedure di regolazione della crisi d’impresa sta per modificare l’attuale quadro normativo. Lo schema di decreto legislativo in materia di Terzo settore, crisi d’impresa e IVA, approvato preliminarmente dal Consiglio dei Ministri il 22 luglio scorso, propone una riformulazione dell’elenco delle procedure a cui si applica la non imponibilità delle sopravvenienze attive. Questa modifica risponde alle criticità emerse nella coordinazione tra il Codice della crisi d’impresa (D.Lgs. 14/2019) e il TUIR, superando le lacune interpretative che hanno caratterizzato il panorama normativo degli ultimi anni.
Disciplina attuale delle sopravvenienze nelle procedure di risanamento
L’articolo 88, comma 4-ter del TUIR attualmente disciplina il regime di non concorrenza delle sopravvenienze attive alla formazione del reddito d’impresa. La norma prevede una particolare modulazione per quegli istituti che perseguono finalità di risanamento, specialmente nella continuità diretta. In questi casi, l’esclusione dalla tassazione opera esclusivamente per la parte eccedente rispetto alle perdite fiscali – sia di periodo che riportate da esercizi precedenti – e ad altri componenti negativi. Questa limitazione ha una precisa ratio: evitare che l’impresa beneficiaria di stralci di debiti possa contemporaneamente fruire dei vantaggi fiscali derivanti dall’utilizzo delle perdite pregresse.
La meccanica normativa, tuttavia, genera quello che nella prassi applicativa viene definito un “effetto collaterale” nelle operazioni di risanamento in continuità indiretta. Quando l’attività viene trasferita a un soggetto terzo attraverso cessione d’azienda, il cessionario non può avvalersi delle perdite fiscali del cedente, rendendo la ratio della disciplina meno pertinente al caso specifico.
Criticità operative nei percorsi di ristrutturazione
L’applicazione della disciplina richiede particolare cautela nella gestione delle perdite fiscali durante i procedimenti di risanamento. Si consideri il caso frequente in cui, dopo aver utilizzato le perdite pregresse per compensare le sopravvenienze da stralcio, la successiva dismissione di asset non strategici generi plusvalenze imponibili. In simili circostanze, l’impresa si trova esposta a debiti tributari che possono compromettere gli equilibri finanziari faticosamente raggiunti attraverso l’accordo con i creditori.
Un aspetto particolarmente delicato riguarda lo stralcio di crediti concesso dai soci in periodi precedenti all’apertura della procedura. Tale fattispecie ricade sotto la disciplina del comma 4-bis dell’articolo 88, determinando l’emersione di sopravvenienze attive imponibili per la parte eccedente il valore fiscale del credito. Il socio ha l’obbligo di comunicare alla partecipata, tramite dichiarazione sostitutiva, il valore fiscale del credito oggetto di rinuncia. L’omessa comunicazione comporta l’assunzione di valore fiscale pari a zero, con conseguente tassazione integrale dello stralcio.
Intervento correttivo e ampliamento dell’ambito applicativo
La modifica normativa proposta dal decreto correttivo permetterà l’applicazione pacifica della disciplina del comma 4-ter a tutti gli strumenti di regolazione della crisi previsti dal Codice della crisi d’impresa. Particolare rilevanza assume l’estensione alle composizioni negoziate, purché i contratti conclusivi vengano pubblicati nel Registro delle imprese secondo quanto previsto dall’articolo 25-bis del CCII. L’intervento si propone di superare definitivamente i limiti interpretativi emersi nelle recenti risposte dell’Agenzia delle Entrate.
Tre pronunce del 7 luglio 2025 (risposte nn. 177, 178 e 179) hanno evidenziato le difficoltà applicative del regime vigente. La risposta n. 177 ha affrontato la liquidazione controllata da sovraindebitamento, mentre la n. 178 ha esaminato la composizione negoziata della crisi. Particolare attenzione merita la risposta n. 179, che ha escluso l’applicabilità del regime agevolativo al concordato semplificato.
Esclusione delle plusvalenze e lacune normative persistenti
Il legislatore delegato non ha invece intervento sulla disciplina delle plusvalenze, mantenendo l’applicazione dell’articolo 86, comma 5 del TUIR al solo caso di “cessione dei beni ai creditori in sede di concordato preventivo”. L’Agenzia delle Entrate, nella citata risposta n. 178, ha confermato l’inapplicabilità di tale disposizione alle cessioni effettuate nell’ambito di composizioni negoziate, ritenendo che tali procedure non siano assimilabili al concordato preventivo e che le plusvalenze non rientrino nelle misure premiali del CCII.
Questa lacuna evidenzia come il coordinamento tra le diverse discipline rimanga incompleto, lasciando aperti profili di incertezza per gli operatori. Nella prassi professionale si osserva frequentemente come la mancata estensione del regime agevolativo alle plusvalenze possa condizionare le strategie di dismissione degli asset aziendali, influenzando i piani di risanamento.