Quando l’agente della riscossione notifica al contribuente un preavviso di ipoteca, quali informazioni deve contenere obbligatoriamente questo atto? La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 25456 depositata il 17 settembre 2025, ha posto fine a un dibattito che da tempo agitava le aule di giustizia tributaria. La risposta dei giudici di legittimità – forse inattesa per molti contribuenti – stabilisce che non serve indicare quale immobile verrà colpito dalla misura. Basta specificare l’importo del debito e avvertire della conseguenza in caso di mancato pagamento entro 30 giorni.<
🕒 Cosa sapere in un minuto
- Il preavviso di ipoteca deve sempre indicare l’importo del debito e avvertire delle conseguenze se non si paga entro 30 giorni, ma non è necessario indicare quale immobile sarà colpito.
- La Corte di Cassazione (ordinanza 25456/2025) chiarisce che la comunicazione preventiva ha funzione informativa e sollecitatoria, non costitutiva del diritto di garanzia.
- L’agente della riscossione deve indicare con precisione il valore del credito, altrimenti l’atto è viziato. L’immobile da ipotecare sarà individuato solo all’atto dell’iscrizione.
- Il contribuente può impugnare preavviso e/o iscrizione dinanzi al giudice tributario, contestando eventuali vizi: importo, notifiche, proporzionalità .
- La Cassazione ribadisce che l’iscrizione ipotecaria va commisurata (max doppio del credito): la nullità incide solo sull’eccedenza.
Il potere di garanzia dell’agente della riscossione
Partiamo dai fondamenti. Secondo quanto previsto dall’art. 77 del D.P.R. n. 602/1973, l’agente della riscossione può procedere all’iscrizione ipotecaria sugli immobili del debitore (e dei coobbligati) quando le somme iscritte a ruolo rimangono insolute. L’ipoteca viene iscritta per un valore pari al doppio del credito che si intende recuperare. Una misura cautelare dal peso rilevante, tanto che il legislatore ha previsto un passaggio intermedio: prima di arrivare all’iscrizione vera e propria, occorre inviare al debitore una comunicazione preventiva.
Quest’ultima deve avvisarlo che, in assenza di pagamento nei successivi 30 giorni, si procederà all’iscrizione della garanzia reale sui suoi beni immobili. Il termine trentennale decorre dalla notifica della comunicazione.
La vicenda esaminata dalla Corte
Nel caso giunto all’attenzione del Supremo Collegio, un contribuente aveva impugnato proprio questa comunicazione preventiva. Il motivo? L’atto non specificava su quale immobile sarebbe stata iscritta l’ipoteca. Secondo la difesa del debitore, tale omissione avrebbe configurato un vizio di legittimità tale da invalidare l’intera procedura.
La questione – va detto – non era affatto pacifica. Nella prassi, i giudici di merito si erano divisi. Alcune commissioni tributarie avevano accolto i ricorsi dei contribuenti, ritenendo necessaria l’indicazione puntuale del bene aggredito già nella fase del preavviso. Altri giudici, al contrario, avevano respinto le doglianze, ritenendo sufficiente l’indicazione del credito.
Il contenuto obbligatorio dell’atto preventivo
I giudici della Quinta Sezione hanno compiuto un’analisi testuale della norma (secondo l’espressione tecnica: ermeneutica). L’art. 77, comma 2-bis, del D.P.R. 602/1973 – introdotto dall’art. 7, comma 2, lett. u-bis, del D.L. n. 70/2011 – prevede che la comunicazione preventiva si esaurisca in un “avviso” al debitore. Tale avviso deve contenere l’indicazione del credito per cui si procede, sia relativamente all’an (cioè il titolo), sia relativamente al quantum (cioè l’entità ).
Ma – e qui viene il punto – non deve necessariamente indicare l’immobile o gli immobili su cui verrà iscritta l’ipoteca. Questa individuazione sarà necessaria soltanto in un momento successivo: quando si procederà effettivamente all’iscrizione nei registri immobiliari. È in quella fase che il bene deve essere specificato e determinato in modo univoco.
La Cassazione ha respinto anche l’argomento secondo cui il riferimento normativo al “proprietario dell’immobile” (quale destinatario della notifica) imponga di identificare già il bene nel preavviso. Quella specificazione – hanno chiarito i giudici – serve esclusivamente a individuare il destinatario dell’atto, non anche a imporre un contenuto particolare alla comunicazione.
Responsabilità patrimoniale e diritto di garanzia
Il ragionamento della Corte trova un suo fondamento sistematico. Il principio generale della responsabilità patrimoniale del debitore, sancito dall’art. 2740 c.c., stabilisce che il debitore risponde delle proprie obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri. Il creditore può quindi scegliere quali beni aggredire per soddisfare il proprio credito.
Nel caso dell’ipoteca, il diritto reale di garanzia sorge unicamente con l’iscrizione nei pubblici registri. Non già con la notifica del preavviso, che ha natura meramente informativa e sollecitoria. Di conseguenza, è al momento dell’iscrizione che l’immobile deve essere individuato con precisione, non prima.
L’orientamento appena espresso dalla Cassazione si colloca in linea con precedenti arresti della stessa Corte. Già con l’ordinanza n. 24258/2014, i giudici avevano escluso che nel preavviso dovesse essere indicata la rendita catastale dell’immobile. Analogamente, con l’ordinanza n. 36000/2021, si era stabilito che non occorre specificare il valore degli immobili che verranno aggrediti.
L’indicazione del valore del credito resta obbligatoria
Se l’immobile può rimanere “anonimo” nella fase del preavviso, lo stesso non vale per il credito. Su questo punto la Cassazione è stata chiara. Il valore del credito deve essere indicato nell’atto preventivo. E la ragione è comprensibile: il contribuente ha diritto di sapere quale somma viene pretesa, per poter valutare se estinguerla oppure contestarla.
Inoltre, l’indicazione del quantum è fondamentale per permettere al debitore di verificare che l’eventuale iscrizione ipotecaria non superi il limite massimo consentito, ossia il doppio del credito azionato. Senza questa informazione, il diritto di difesa del contribuente risulterebbe sostanzialmente svuotato.
È pur vero – hanno osservato i giudici – che il contribuente conosce la consistenza del proprio patrimonio immobiliare. Non subirà quindi una lesione irreparabile se il preavviso non specifica quale bene rischia di essere gravato dall’ipoteca. Potrà comunque reagire, utilizzando gli ordinari strumenti di tutela previsti dall’ordinamento.
Gli strumenti di difesa del contribuente
Cosa può fare il debitore che riceve un preavviso di ipoteca che ritiene illegittimo? Anzitutto, può contestare l’atto dinanzi al giudice tributario. Questa impugnazione può riguardare diversi profili: ad esempio, la mancata notifica delle cartelle presupposte, la prescrizione del credito, oppure la sproporzione tra debito e garanzia richiesta.
Se invece il contribuente non impugna il preavviso e l’agente della riscossione procede all’iscrizione ipotecaria, resta comunque la possibilità di contestare quest’ultimo atto. Anche in questo caso, la sede competente è quella tributaria.
Particolarmente interessante è il caso in cui l’iscrizione ipotecaria risulti sproporzionata rispetto all’ammontare del debito. La Cassazione ha chiarito che, in tale ipotesi, il giudice tributario non può annullare integralmente l’iscrizione. Dovrà invece limitarsi a ricondurla entro i limiti corretti, annullandola solo nella parte eccedente. Il riferimento normativo è l’art. 2872 c.c., che disciplina appunto la riduzione dell’ipoteca. La garanzia verrà quindi “rimodulata” nei limiti del doppio del debito ancora dovuto dal contribuente.
Il principio di diritto fissato dalla Cassazione
Vista l’opinabilità della questione e i contrasti emersi nella giurisprudenza di merito, la Corte ha ritenuto opportuno fissare un principio di diritto chiaro. Nella comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria – in quanto atto a contenuto informativo-sollecitatorio – va indicato:
i) l’avviso che, in caso di persistente morosità , si procederà con l’iscrizione di ipoteca; ii) il credito per cui si procede, con riferimento sia al titolo che all’entità .
Non va invece indicato l’immobile (o gli immobili) su cui sarà iscritta l’ipoteca. L’individuazione del bene è necessaria soltanto al momento della successiva costituzione del diritto reale di garanzia, attraverso l’esecuzione della pubblicità immobiliare.
Ricadute pratiche della pronuncia
La decisione della Cassazione ha ricadute immediate sul contenzioso tributario. Chi riceve un preavviso privo dell’indicazione dell’immobile non potrà più impugnarlo con successo per questo motivo. Allo stesso tempo, l’agente della riscossione è tenuto a indicare con precisione il valore del credito, altrimenti l’atto risulterà viziato.
Una precisazione va fatta. Il preavviso mantiene la sua funzione di “ultimatum” al contribuente: se entro 30 giorni non paga, l’ipoteca verrà iscritta. Ma non gli fornisce la certezza su quale bene verrà colpito. Questa incertezza, secondo la Corte, non lede il diritto di difesa, dal momento che il contribuente conosce il proprio patrimonio e può comunque reagire dopo l’iscrizione effettiva.
Nella pratica professionale, questa pronuncia suggerisce agli operatori di concentrare le contestazioni su altri profili: l’effettiva notifica degli atti presupposti (le cartelle), la correttezza dell’importo richiesto, il rispetto della soglia minima di 20.000 euro prevista per l’iscrizione ipotecaria, oppure la proporzionalità tra credito e garanzia.
Considerazioni finali sulla tutela del debitore
La scelta interpretativa della Cassazione privilegia un’applicazione rigorosa della norma, senza aggiungere requisiti non previsti dal legislatore. Il preavviso – si legge nella motivazione – ha natura informativa e sollecitoria. Non è l’atto costitutivo del diritto di garanzia. Quella funzione spetta all’iscrizione nei registri immobiliari, e solo in quel momento serve l’indicazione puntuale del bene.
Resta fermo che il contribuente-debitore ha l’onere di vigilare sulla correttezza dell’operato dell’agente della riscossione. Se riscontra profili di illegittimità nell’iscrizione ipotecaria – ad esempio perché eccede il doppio del credito, oppure perché non erano state notificate le cartelle presupposte – dovrà farli valere in sede giudiziale attraverso i comuni strumenti di tutela garantiti dall’ordinamento.