La Risoluzione n. 62/2025 dell’Agenzia delle Entrate del 30 ottobre scorso traccia definitivamente i confini normativi su una questione di delicata rilevanza pratica: il trasferimento di un immobile mediante donazione non consente di sottrarsi alla tassazione della plusvalenza derivante da interventi agevolati ai sensi dell’articolo 119 del decreto legge 34/2020 (c.d. Superbonus), quando la successiva cessione avvenga entro il termine decennale dalla conclusione dei lavori. La soluzione amministrativa rappresenta un chiarimento di notevole portata, poiché disancora definitivamente la disciplina della donazione da quella della successione, affermando il principio secondo cui le due fattispecie di trasferimento a titolo gratuito mantengono un trattamento fiscale radicalmente difforme.
🕒 Cosa sapere in un minuto
- Fattispecie imponibile: Cessione onerosa di immobile entro 10 anni dalla conclusione lavori superbonus (art. 119 DL 34/2020) genera plusvalenza ai sensi art. 67, comma 1, lett. b-bis TUIR, applicabile dal 1° gennaio 2024
- Cause di esclusione tassative: Immobile acquisito per successione oppure adibito ad abitazione principale per maggior parte del periodo decennale
- Donazione non equiparata: Trasferimento mortis causa mediante donazione inter vivos non consente applicazione esclusione per successione; disciplina difforme da acquisizione ereditaria
- Base imponibile: Calcolata sul valore sostenuto dal donante originario; spese superbonus non conteggiate se interventi conclusi entro 5 anni; 50% se oltre 5 anni; rivalutazione ISTAT applicabile
- Alternative operative: Trasferimento residenza e utilizzo quale prima casa per maturare requisito temporale; procrastinazione cessione oltre 10 anni per sottrazione dalla fattispecie
- Profili aperti: Trattamento interventi superbonus ante donazione rimane oggetto di valutazione caso per caso; riservata valutazione profili elusivi ex artt. 10-bis L. 212/2000 e 37 comma 3 DPR 600/1973
Fondamento normativo della fattispecie imponibile
La legge di bilancio 2024, mediante l’articolo 1, commi 64-67 della legge n. 213/2023, ha introdotto una nuova ipotesi di reddito diverso, disciplinata dall’articolo 67, comma 1, lettera b-bis del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917). Il presupposto della fattispecie ricorre nel momento in cui, con decorrenza dal 1° gennaio 2024, viene realizzata la cessione a titolo oneroso di un immobile in relazione al quale il cedente o altri aventi diritto abbiano beneficiato della detrazione di cui all’articolo 119 del decreto legge 34/2020 per interventi che si siano conclusi da non più di 10 anni all’atto della cessione medesima.
L’Agenzia delle Entrate, con circolare n. 13/E del 13 giugno 2024, ha fornito istruzioni operative specificando che la plusvalenza imponibile rappresenta il maggior valore ricavato dalla cessione rispetto ai valori e alle spese inerenti secondo la disciplina ordinaria, con particolare riferimento al periodo antecedente gli interventi agevolati.
Cause di esclusione dall’imponibilità
Pur sussistendo i presupposti della fattispecie imponibile, la norma prevede due cause tassative di esclusione dall’imponibilità della plusvalenza derivante dalle cessioni di immobili con Superbonus. Secondo l’articolo 67, comma 1, lettera b-bis del TUIR, l’imponibilità è esclusa quando l’immobile risulti:
I) acquisito per successione dal cedente; II) adibito ad abitazione principale del cedente o dei familiari per la maggior parte dei 10 anni antecedenti la cessione, ovvero, qualora tra l’acquisto o la costruzione e la cessione decorra un periodo inferiore ai 10 anni, per la maggior parte di tale periodo.
La coesistenza della disposizione normativa rivela una struttura alternativa: ricorrendo una sola delle due condizioni, l’esclusione dall’imponibilità opera automaticamente. L’assenza di entrambi i requisiti determina, conseguentemente, l’insorgenza della plusvalenza imponibile.
La rilevanza della causa di acquisizione in capo al cedente
Elemento di rilievo interpretativo riguarda il soggetto presso il quale va verificato il requisito dell’acquisizione per successione. La Risoluzione n. 62/2025 precisa che tale verifica deve effettuarsi nei confronti di colui che ha materialmente realizzato gli interventi di Superbonus. Nel caso di immobili ricevuti in donazione dal cedente attuale, questi risulta chiaramente non qualificato come erede, bensì come donatario. Di conseguenza, la causa di acquisizione rilevante per il donatario è la donazione, non la successione eventualmente intervenuta presso il precedente proprietario.
La logica sottesa a tale approccio appare coerente con la lettera della disposizione normativa: la norma estende la fattispecie imponibile a coloro che abbiano beneficiato del Superbonus, verificando la causa di acquisizione presso il soggetto che ha esercitato il diritto alla detrazione. Non rileva, pertanto, la catena storica dei trasferimenti precedenti, bensì esclusivamente il modo mediante il quale l’attuale cedente ha acquisito il bene.
Il trattamento della donazione inter vivos: assenza di equiparazione alla successione
Il nucleo della risoluzione risiede nell’affermazione del principio secondo il quale la donazione non può considerarsi equiparabile, ai fini dell’esclusione dall’imponibilità, alla successione ereditaria. La norma della legge di bilancio 2024 non estende il regime agevolativo della successione ai trasferimenti mortis causa mediante donazione.
Tale conclusione risulta supportata da un elemento decisivo: l’assenza di un inciso normativo analogo a quello contenuto nella precedente lettera b) dell’articolo 67, comma 1 del TUIR, dove espressamente si prevedeva che “in caso di cessione a titolo oneroso di immobili ricevuti per donazione, il predetto periodo di cinque anni decorre dalla data di acquisto da parte del donante”. Questo inciso, pur presente nella disciplina ordinaria delle plusvalenze immobiliari quinquennali, risulta completamente assente nella nuova fattispecie di cui alla lettera b-bis).
L’interpretazione restrittiva della norma, quale emerge dalla risoluzione, appare coerente con il principio dell’interpretazione letterale della disposizione tributaria. In assenza di un’esplicita equiparazione legale, l’interprete non può ricorrere ad analogie, specialmente quando la normativa tributaria esprime chiaramente i confini delle agevolazioni. La separazione tra le due discipline è pertanto intenzionale e definitiva.
La questione dei superbonus eseguiti ante donazione
Permaneva nella prassi applicativa una significativa zona grigia concernente il trattamento degli interventi di Superbonus eventualmente eseguiti dal donante ante donazione e conclusi entro il decennio antecedente la vendita da parte del donatario. La risoluzione, sebbene affronti il caso specifico dove gli interventi sono stati eseguiti dal donatario post donazione, offre elementi di interpretazione anche su questo aspetto.
L’assenza nella lettera b-bis dell’inciso che nella lettera b) prescriverebbe il conteggio del periodo “dalla data di acquisto da parte del donante” induce a ritenere che gli interventi superbonus eseguiti ante donazione dal donante non generino plusvalenza imponibile nella successiva cessione realizzata dal donatario. Tale interpretazione si colloca in coerenza con il principio secondo cui l’esclusione dall’imponibilità opera in capo al soggetto che ha realizzato gli interventi agevolati.
Il documento di ricerca della CNDCEC-Fondazione Nazionale Commercialisti del 1° luglio 2025 sottende tale medesima interpretazione, precisando tuttavia che rimane riservata la valutazione caso per caso delle possibili implicazioni evasive della strategia complessiva, con riferimento tanto ai profili di elusione ex articolo 10-bis della legge n. 212/2000, quanto alle ipotesi di interposizione fittizia ex articolo 37, comma 3, decreto del Presidente della Repubblica n. 600/1973.
Il regime dell’abitazione principale come alternativa escludente
Qualora il primo requisito (acquisizione per successione) risulti inapplicabile, rimane disponibile il secondo percorso escludente fondato sulla destinazione ad abitazione principale. L’immobile deve essere stato adibito ad abitazione principale del cedente o di familiari per la maggior parte del decennio intercorrente tra la conclusione dei lavori agevolati e la cessione onerosa, ovvero per la prevalenza del periodo se inferiore ai 10 anni.
La destinazione deve risultare effettiva e verificabile. L’Agenzia delle Entrate, nella pratica amministrativa, accerta il requisito mediante elementi documentali specifici: anagrafi comunali, bollette di fornitura, dichiarazioni ISEE, contratti di locazione, e altri elementi di riscontro obiettivo. Una mera dichiarazione formale o una residenza anagrafica fittizia non soddisfa il requisito. Nel caso sottoposto alla Risoluzione n. 62/2025, l’assenza storica di qualsiasi utilizzo dell’immobile quale prima casa ha reso inapplicabile anche questa causa di esclusione.
La norma non richiede che l’immobile sia stato acquisito come prima abitazione, ma esclusivamente che sia stato utilizzato come tale per il periodo temporale specificato. Conseguentemente, una acquisizione iniziale a diverso titolo (investimento, unità in portafoglio) non preclude successivamente la qualificazione dell’immobile quale abitazione principale, ove ricorrano i requisiti temporali e fattici relativi alla destinazione.
Determinazione della base imponibile e delle spese deducibili
Quando la fattispecie della plusvalenza si configura compiutamente, procedere alla determinazione della base imponibile richiede l’applicazione di regole specifiche. Nel caso di immobili ricevuti in donazione, il valore base da considerare risulta determinato secondo quanto sostenuto dal donante al momento dell’acquisizione originaria dell’immobile, non già il valore di mercato vigente al momento del trasferimento gratuito verso il donatario.
Alle spese sostenute per gli interventi agevolati con Superbonus si applicano limitazioni temporali di rilevanza. Qualora gli interventi si siano conclusi da meno di cinque anni e il beneficiario abbia fruito della detrazione mediante cessione del credito o sconto in fattura, le spese agevolate non possono essere conteggiate nella determinazione della base imponibile della plusvalenza. Se sono trascorsi oltre cinque anni, entra nel computo il 50% delle medesime spese. Il valore base è altresì suscettibile di rivalutazione secondo l’indice dei prezzi al consumo ISTAT, con applicazione del coefficiente relativo al periodo tra l’acquisizione e la cessione.
Tali precisazioni comportano significative implicazioni operative: la variazione della determinazione della base imponibile può incidere in misura considerevole sul quantum della tassazione, generando differenziali di centinaio di euro nel caso di spese di rilevanza ordinaria.
Il factor temporale come soluzione legittima
Rimane disponibile ai contribuenti la possibilità di procrastinare la cessione oltre il termine decennale dalla conclusione dei lavori agevolati. Al superamento di tale soglia, l’applicazione della fattispecie di cui alla lettera b-bis dell’articolo 67 cessa automaticamente. La successiva vendita ricadrà nella disciplina ordinaria delle plusvalenze immobiliari di cui alla lettera b) medesima, risultando tassabile esclusivamente nel caso di cessione entro cinque anni dall’acquisizione o dalla costruzione dell’immobile.
Nel caso sottoposto alla Risoluzione, il donatario-cedente, qualora fosse intenzionato a procedere alla vendita, potrebbe contenere gli effetti fiscali attendendo fino a gennaio 2035, vale a dire il decorrere dei dieci anni dalla conclusione dei lavori datata dicembre 2024. Tale strategia, sebbene comporti un costo temporale, rappresenta un’alternativa legittima per i contribuenti privi di urgenza nella realizzazione della cessione.
Profili ancora aperti e orientamenti della prassi amministrativa
L’Agenzia delle Entrate non ha fornito nel testo della risoluzione espliciti chiarimenti circa l’intero perimetro applicativo della norma. In particolare, rimane da approfondire il definitivo orientamento amministrativo circa il trattamento complessivo degli interventi superbonus eseguiti ante donazione dal donante originario. La risoluzione, focalizzandosi sul caso specifico, non esclude che ulteriori approfondimenti possano derivare dall’emanazione di prassi ufficiale indirizzata agli uffici operativi dell’Agenzia.
Inoltre, il documento sottolinea l’opportunità della valutazione caso per caso di eventuali caratteri elusivi della condotta globale. Non assume, cioè, carattere automaticamente lecito ogni trasferimento in donazione seguito da successiva cessione. L’intervento qualificativo dell’amministrazione finanziaria rimane riservato nei confronti di comportamenti che presentino profili di artifiziosità secondo la norma antielusione generale di cui all’articolo 10-bis della legge n. 212/2000 (“Statuto dei diritti del contribuente”), ovvero che integrino ipotesi di interposizione fittizia ex articolo 37, comma 3, decreto del Presidente della Repubblica n. 600/1973.



