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Imu precompilata: dal 2026 si paga con PagoPa

18 Agosto, 2025

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze sta accelerando per l’introduzione dell’Imu precompilata entro il 2026, seguendo il paradigma già consolidato della Tassa sui Rifiuti. La strategia mira principalmente a ridurre il divario impositivo locale e ottimizzare i meccanismi di riscossione territoriale. Al centro dell’operazione c’è la volontà di superare definitivamente l’attuale sistema basato sul modello F24, sostituendolo con bollettini precompilati che arriveranno direttamente nelle case dei contribuenti. Un cambio di paradigma che, però, dovrà fare i conti con le complessità tecniche e le resistenze del sistema.

Cosa sapere in 1 minuto

  • IMU precompilata operativa dal 2026: bollettini già calcolati e scadenze definite per i contribuenti.
  • Addio modello F24: il pagamento passa su PagoPA per facilitare e digitalizzare la riscossione.
  • Obiettivo: ridurre errori, semplificare calcoli e tagliare le sanzioni per irregolarità materiali.
  • I comuni potranno aderire gradualmente; controllo e rettifiche possibili prima del versamento.
  • Il nuovo assetto mira a ridurre il tax gap comunale e modernizzare la fiscalità locale italiana.

Imu precompilata: Il progetto strategico del Mef prende forma

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La macchina ministeriale si è messa in moto nell’agosto 2025 con la prima riunione operativa al Ministero dell’Economia e delle Finanze. Il tavolo tecnico, orchestrato dalla sottosegretaria Sandra Savino in accordo con il ministro Giancarlo Giorgetti, ha visto protagonisti tutti i big player del settore: Agenzia delle Entrate, Dipartimento delle Finanze, Dipartimento dell’Economia, Ragioneria dello Stato, Sogei e naturalmente PagoPa SpA.

Non si tratta di una novità assoluta. Il fondamento normativo dell’operazione affonda le radici nella legge di bilancio 2020 (n.160/2019), che all’articolo 1, comma 765, aveva già inserito la piattaforma PagoPa tra le modalità di versamento dell’Imu. Ma quella che sulla carta sembrava una rivoluzione annunciata si è rivelata una strada fantasma per ben cinque anni, con decreti attuativi mai arrivati e modalità operative rimaste nel limbo della burocrazia.

Oggi, finalmente, il progetto sembra aver imboccato la strada giusta. O almeno così sperano al Mef, dove l’esperienza positiva della Tari ha convinto i tecnici che la strada della digitalizzazione sia quella vincente.

I numeri che fanno paura: il tax gap comunale

Dietro la spinta verso la digitalizzazione ci sono cifre che farebbero tremare i polsi a qualsiasi ministro dell’Economia. Il tax gap comunale ammonta a 25 miliardi di euro di tributi locali non riscossi, di cui ben 6 miliardi sono considerati realmente esigibili. Non sono numeri buttati lì a caso: emergono dalla relazione sull’evasione fiscale e contributiva 2024 del Mef, un documento che fotografa spietatamente le inefficienze del sistema.

La geografia dell’evasione Imu disegna un’Italia a due velocità che non sorprende. La Calabria svetta con un tax gap del 39,6%, seguita da Campania (33,5%) e Sicilia (33,2%). Un quadro desolante che vede sopra la media nazionale anche Basilicata, Sardegna, Lazio, Molise e Puglia, con percentuali che oscillano tra il 25% e il 30%.

All’opposto, Emilia-Romagna (11,1%) e Valle d’Aosta (10,8%) si distinguono per un controllo più efficace dell’evasione. Una forbice che racconta storie diverse di efficienza amministrativa e senso civico, ma soprattutto di sistemi di riscossione più o meno rodati.

Il problema non è solo quantitativo ma anche qualitativo. Spesso si tratta di importi di modesta entità che, proprio per l’elevata frammentarietà dei carichi, rendono complessa e antieconomica l’attività di recupero sia per gli enti che per i riscossori. Una dispersione di risorse che il nuovo sistema promette di razionalizzare.

L’esperienza romana come laboratorio

Il caso di Roma rappresenta il vero banco di prova della strategia governativa. La digitalizzazione della Tari nella Capitale ha prodotto risultati che hanno sorpreso gli stessi addetti ai lavori: un significativo recupero della tassa rifiuti evasa che ha permesso addirittura una riduzione delle tariffe per tutti i contribuenti.

“Il caso del comune di Roma dimostra che là dove i contribuenti vengono tempestivamente informati dei propri carichi tributari – e soprattutto di quelli in scadenza – il tasso di adempimento aumenta”, ha sottolineato la sottosegretaria Savino. Un’osservazione che suona quasi banale, ma che in realtà tocca il cuore del problema: l’informazione ai contribuenti.

Attualmente, calcolare l’Imu richiede una serie di operazioni che spesso mettono in difficoltà anche i professionisti. Reperire le aliquote comunali, applicare le detrazioni, verificare le agevolazioni: un percorso a ostacoli che spesso si traduce in errori, ritardi e, inevitabilmente, sanzioni.

Le tappe del cronoprogramma operativo

Il percorso verso l’attuazione non sarà immediato. Settembre 2025 segnerà il secondo round di incontri tecnici, dove tutti i soggetti coinvolti dovranno delineare un cronoprogramma operativo condiviso. L’obiettivo è arrivare all’adozione di un decreto interministeriale (Mef-Viminale-Innovazione tecnologica) che renda tecnicamente possibile il pagamento dell’Imu attraverso PagoPa.

La data cerchiata in rosso sul calendario è quella del primo gennaio 2026, quando il nuovo sistema dovrebbe entrare in funzione. Il saldo Imu 2025, in scadenza il 16 dicembre, rappresenterà l’ultimo capitolo dell’era F24 per l’imposta municipale.

La strategia prevede un approccio graduale. I comuni avranno la facoltà di aderire immediatamente al nuovo sistema o implementarlo progressivamente, una flessibilità che dovrebbe facilitare la transizione senza traumi per le amministrazioni locali.

Meccanismi operativi del nuovo sistema

Il contribuente del futuro riceverà un bollettino già compilato, con importi calcolati automaticamente e scadenze prestabilite. Niente più calcoli manuali, niente più rischi di errore nelle aliquote o nelle detrazioni. Una semplificazione che, nelle intenzioni, dovrebbe ridurre drasticamente le sanzioni per errori materiali.

Ma il sistema prevede anche meccanismi di controllo e correzione. Qualora la rendita catastale risulti scorretta o manchino agevolazioni spettanti, il cittadino potrà segnalare tempestivamente l’incongruenza al comune, che provvederà alla rettifica prima del versamento.

Un aspetto che merita attenzione riguarda il regime sanzionatorio. Dal 2026 è prevista l’applicazione di un sistema rivisto per incentivare la regolarizzazione spontanea, con una riduzione dell’effetto punitivo per gli errori minori e procedure più snelle per i rimborsi.

Precedenti virtuosi e modelli di riferimento

L’esperienza di alcuni comuni virtuosi come Trento e Trieste, già capaci di inviare avvisi Imu precompilati, rappresenta il prototipo del sistema nazionale. Questi enti hanno dimostrato che la tecnologia è già disponibile e funzionante, si tratta ora di estenderla su larga scala.

Il modello della Tari resta il punto di riferimento principale. La riscossione della tassa rifiuti tramite PagoPa ha incrementato in modo consistente l’adempimento da parte dei contribuenti, dimostrando che la digitalizzazione non è solo una questione di modernità ma di efficacia concreta.

Prospettive di efficientamento della riscossione

L’obiettivo dichiarato del Mef è duplice: “costruire una soluzione strutturale, efficace e condivisa, che rafforzi il sistema della riscossione rendendolo più tempestivo ed efficiente, senza aumentare il carico amministrativo ed economico per gli enti locali”.

Una sfida ambiziosa che, se coronata da successo, potrebbe rappresentare un modello per altri tributi locali. La digitalizzazione dell’Imu potrebbe aprire la strada alla modernizzazione dell’intero sistema fiscale territoriale, con benefici evidenti sia per i contribuenti che per le amministrazioni.

Rafforzare la riscossione, come ha sottolineato la sottosegretaria Savino, “è uno degli elementi chiave per garantire una finanza pubblica sostenibile”. Una dichiarazione che suona come un programma politico, ma che dovrà fare i conti con la realtà dell’implementazione.

Il countdown verso il 2026 è iniziato. Resta da vedere se la rivoluzione digitale dell’Imu sarà davvero tale o se, come spesso accade nella pubblica amministrazione italiana, tra il dire e il fare ci sarà di mezzo il mare della burocrazia.

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