L’Agenzia delle Entrate ha fornito importanti chiarimenti sulla quantificazione del credito d’imposta per il riacquisto della prima casa quando l’immobile originario sia stato acquisito in regime di comunione. La risposta 238/2025 definisce nuovi scenari applicativi che interessano migliaia di contribuenti, soprattutto dopo l’estensione del termine di rivendita a due anni introdotta dalla Legge di Bilancio 2025.
🕒 Cosa sapere in un minuto
- Il credito d’imposta per il riacquisto della prima casa spetta solo sulla quota effettivamente acquistata a titolo oneroso (non successione/donazione).
- Il calcolo si basa sul minore tra la quota proporzionale d’imposta pagata sul primo acquisto e quella dovuta sul secondo, secondo i criteri della circolare n. 19/2001.
- Con la Legge di Bilancio 2025, il termine per vendere la precedente “prima casa” si estende da 1 a 2 anni, beneficiando anche chi ha acquistato nel 2024.
- Il credito può essere utilizzato già nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno di acquisto (modello 730/2025).
- La quota acquisita per successione non genera credito, in quanto il beneficio mantiene natura strettamente personale.
Novità sul termine di rivendita esteso
Il primo elemento significativo riguarda l’applicabilità retroattiva dell’art. 1, comma 116 della L. 207/2024. Questo provvedimento – che ha portato da uno a due anni il periodo entro cui vendere l’ex prima casa – produce effetti anche sugli acquisti del 2024, purché al 31 dicembre dello stesso anno il termine annuale non fosse già scaduto.
L’Amministrazione finanziaria ha confermato che chi ha acquistato nel 2024 può beneficiare del termine biennale per l’alienazione dell’immobile precedente. Nella prassi professionale si osserva come questa estensione temporale riduca significativamente le situazioni di decadenza dalle agevolazioni.
Il principio di personalità del credito
Il caso sottoposto all’attenzione dell’Ente ha messo in luce una questione fondamentale: il credito d’imposta per il riacquisto prima casa mantiene carattere strettamente personale. Quando l’immobile alienato risulta acquisito in comunione, il beneficio spetta solo per la quota effettivamente acquistata dal richiedente.
L’esempio analizzato dall’Agenzia chiarisce questo aspetto. Tizio aveva acquistato nel 2003 un immobile in comproprietà al 50% con la futura moglie, pagando complessivamente 1.000 euro di imposta di registro. Successivamente, per effetto della successione, aveva acquisito un ulteriore 25% dell’immobile. Tuttavia, ai fini del credito d’imposta, rileva esclusivamente la quota originariamente acquistata con atto di compravendita.
Modalità di calcolo per quote proporzionali
Secondo quanto previsto dalla circolare 19/2001, ancora richiamata dalla recente risposta, occorre confrontare:
- La quota proporzionale dell’imposta di registro versata sul primo acquisto (nel caso specifico 500 euro, corrispondenti al 50% di 1.000 euro)
- L’imposta complessivamente dovuta sul secondo acquisto
Il credito spettante corrisponde al minore dei due importi. Questa metodologia di calcolo rappresenta un aspetto spesso trascurato nella casistica comune, dove talvolta si considera erroneamente l’intero ammontare dell’imposta versata sul primo acquisto.
Fruizione del credito in dichiarazione
L’Agenzia ha confermato che il credito d’imposta prima casa può essere utilizzato nella dichiarazione dei redditi dell’anno di acquisto, indipendentemente dall’avvenuta alienazione dell’immobile precedente. Nel caso analizzato, essendo l’acquisto avvenuto nel 2024, il contribuente potrà portare in diminuzione il credito nel modello 730/2025.
La data di acquisizione del credito rimane ancorata al momento del nuovo acquisto, come specificato dalla consolidata prassi amministrativa. Questo aspetto risulta particolarmente rilevante nella pianificazione fiscale dei contribuenti.
Successioni e limitazioni del beneficio
Un elemento critico emerso dalla risposta riguarda gli immobili ricevuti per successione o donazione. Anche quando il dante causa o donante avesse originariamente beneficiato delle agevolazioni prima casa, il credito non spetta al beneficiario che aliena tali beni.
Nel caso esaminato, la quota del 25% acquisita da Tizio per successione dalla moglie non genera diritto al credito, nonostante l’immobile fosse stato originariamente acquistato con le agevolazioni. Questa interpretazione restrittiva trova fondamento nel carattere personale dell’agevolazione.
Implicazioni operative per i professionisti
La decisione dell’Agenzia delle Entrate comporta alcune considerazioni pratiche per l’attività professionale. È necessario distinguere con attenzione le quote di proprietà acquisite a titolo oneroso da quelle ricevute a titolo gratuito. Solo le prime rilevano ai fini del credito d’imposta.
Come spesso accade nella giurisprudenza tributaria, la norma viene interpretata in senso letterale, privilegiando il principio di stretta correlazione tra soggetto che sostiene l’onere fiscale e beneficiario dell’agevolazione. Questo orientamento si allinea con precedenti consolidati in materia di crediti d’imposta.
Coordinamento con le nuove disposizioni
L’estensione del termine di vendita a due anni, introdotta dall’art. 1, comma 116 della L. 207/2024, si applica sia al mantenimento delle agevolazioni prima casa sia al riconoscimento del credito d’imposta. Questa uniformità di trattamento elimina potenziali disparità applicative che si sarebbero potute generare con regimi differenziati.
Nell’esperienza applicativa emerge come il nuovo termine biennale offra maggiore flessibilità operativa, particolarmente apprezzata in un mercato immobiliare caratterizzato da tempi di vendita spesso lunghi.