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CPB e riammissione Rottamazione Quater: la riammissione non recupera gli effetti perduti

16 Luglio, 2025

L’Agenzia delle Entrate ha definitivamente chiarito una questione che stava generando non poche incertezze nella prassi professionale: la riammissione  rottamazione-quater non ha il potere di “salvare” il concordato preventivo biennale quando la decadenza dalla definizione agevolata comporta l’emergere di debiti superiori alla soglia critica dei 5.000 euro. La risposta all’interpello n. 176 del 7 luglio 2025 ha tracciato una linea netta, fugando ogni dubbio su una materia dove si intersecano norme complesse e conseguenze economiche rilevanti.

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I presupposti normativi del concordato preventivo biennale

Il sistema introdotto dal decreto legislativo 12 febbraio 2024, n. 13, ha delineato un quadro di requisiti stringenti per l’accesso e il mantenimento del concordato preventivo biennale. L’articolo 10, comma 2, stabilisce con chiarezza che possono accedere al regime agevolato solo i contribuenti che, con riferimento al periodo d’imposta precedente a quello della proposta, non abbiano debiti per tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate o debiti contributivi definitivamente accertati e superiori a 5.000 euro. Questa soglia, apparentemente rigida, nasconde però una deroga significativa: non rilevano i debiti oggetto di provvedimenti di sospensione o di rateazione, purché non sia intervenuta decadenza dai benefici.

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La giurisprudenza di legittimità ha talvolta interpretato le norme sui regimi premiali in modo estensivo, ma qui il legislatore ha voluto tracciare confini precisi. Come spesso accade nella prassi applicativa delle definizioni agevolate, il quadro debitorio non resta “cristallizzato” al momento dell’adesione: può mutare durante il biennio concordatario, con conseguenze dirette sulla permanenza nel regime.

Il meccanismo della rottamazione-quater e i suoi effetti

La rottamazione-quater, disciplinata dalla legge 29 dicembre 2022, n. 197, aveva permesso di definire in via agevolata i carichi affidati all’Agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022. Nell’esperienza applicativa, molti contribuenti avevano fatto affidamento su questa procedura per rientrare nei parametri di accesso al concordato.

Tuttavia, secondo quanto previsto dall’articolo 1, comma 244, della legge 197/2022, la decadenza dai benefici scatta automaticamente in caso di mancato, insufficiente o tardivo versamento – superiore a cinque giorni – dell’unica rata o di una delle rate del piano di pagamento. È opportuno notare che la tolleranza di cinque giorni rappresenta l’unico margine previsto dalla norma, senza possibilità di deroghe interpretative.

Un caso pratico per comprendere il meccanismo

Si consideri la situazione di un contribuente che al 31 dicembre 2023 risultava titolare di un carico affidato all’Agente della riscossione per 15.000 euro, riferito a un avviso di accertamento del 2020. Tale importo, di gran lunga superiore alla soglia di 5.000 euro, avrebbe normalmente precluso l’accesso al concordato preventivo biennale. Tuttavia, l’adesione alla rottamazione-quater aveva reso quel debito “non rilevante” ai fini del calcolo della soglia, in quanto oggetto di un piano di rateazione validamente in corso.

La successiva decadenza dalla rottamazione – magari per il versamento di una rata con otto giorni di ritardo – fa immediatamente riemergere l’intero debito nella sua dimensione originaria, comprensivo di sanzioni e interessi. A questo punto, il contribuente si ritrova con una posizione debitoria che supera ampiamente i 5.000 euro, determinando automaticamente la perdita dei requisiti per il concordato.

Le due diverse ipotesi di decadenza

L’Agenzia delle Entrate ha distinto con precisione due scenari operativi, a seconda del momento in cui interviene la decadenza dalla rottamazione.

Decadenza anteriore all’adesione al concordato

Quando la decadenza dalla rottamazione si verifica prima dell’accettazione della proposta di concordato, si configura una condizione ostativa basata sull’articolo 10, comma 2, del decreto legislativo 13/2024. In questo caso, l’adesione al concordato risulta viziata ab origine per mancanza dei presupposti soggettivi. Il contribuente, pur avendo formalmente sottoscritto il concordato, non poteva validamente accedervi, e ciò comporta la decadenza automatica ai sensi dell’articolo 22, comma 1, lettera d).

Decadenza successiva all’adesione al concordato

Diversa, ma non meno severa nelle conseguenze, è l’ipotesi in cui la decadenza dalla rottamazione si verifichi dopo l’accettazione della proposta di concordato. Anche in questo caso, il concordato decade per il venir meno dei requisiti di permanenza previsti dall’articolo 22 del decreto. La norma è chiara nel prevedere che il concordato “cessa di avere effetto per entrambi i suoi periodi di imposta” quando vengono meno i requisiti dell’articolo 10, comma 2.

L’inefficacia della riammissione alla rottamazione-quater

Il punto più delicato della questione riguarda gli effetti della riammissione prevista dall’articolo 3-bis del decreto-legge 27 dicembre 2024, n. 202. Questa norma ha concesso una seconda possibilità ai contribuenti decaduti entro il 31 dicembre 2024, permettendo la riammissione alla rottamazione mediante presentazione di istanza entro il 30 aprile 2025.

L’Agenzia delle Entrate ha chiarito definitivamente che la riammissione ha effetto solo ai fini della prosecuzione della rottamazione-quater e non sana retroattivamente il venir meno dei requisiti di accesso al concordato preventivo biennale. Nella prassi amministrativa si osserva spesso come i contribuenti tentino di utilizzare strumenti agevolativi successivi per sanare situazioni compromesse, ma in questo caso la normativa non prevede alcun effetto “sanante” retroattivo.

La ratio della disposizione appare evidente: nel momento stesso in cui il contribuente decade dalla rottamazione originaria, si verifica immediatamente la causa di decadenza dal concordato per il venir meno dei requisiti di accesso. La riammissione, pur consentendo di rientrare nella definizione agevolata, non può modificare retroattivamente una situazione di decadenza già consolidatasi.

Le conseguenze economiche della decadenza

Sotto il profilo delle conseguenze, è fondamentale e decisivo rammentare che la decadenza dal concordato comporta non solo la perdita dei benefici fiscali connessi al regime, ma anche l’obbligo di versare le imposte e i contributi calcolati sui valori concordati, anche quando questi risultino superiori a quelli effettivamente conseguiti.

Si tratta di una clausola particolarmente severa: il contribuente che aveva concordato un reddito di 80.000 euro per l’anno 2024, ma che nell’effettivo consegue solo 60.000 euro, dovrà comunque versare le imposte sui 80.000 euro concordati in caso di decadenza. Questa disposizione riflette la natura “contrattuale” del concordato: venendo meno agli impegni assunti, il contribuente perde ogni beneficio ma resta vincolato agli obblighi concordati.

Aspetti procedurali e verifiche dell’amministrazione

La circolare 17 settembre 2024, n. 18/E dell’Agenzia delle Entrate aveva già anticipato alcuni elementi di questo orientamento, precisando che “non rilevano i debiti per i quali alla data sopra indicata pendono ancora i termini di pagamento e/o i termini di impugnazione o sussiste contenzioso ancora pendente”. Tuttavia, la definizione di “debito rilevante” deve essere valutata con particolare attenzione alle dinamiche temporali delle varie procedure.

Inoltre, come previsto dalla normativa sul concordato, l’Agenzia delle Entrate e il Corpo della Guardia di Finanza sono incaricati di intensificare l’attività di controllo nei confronti dei soggetti che decadono dal concordato preventivo biennale. Questo aspetto, spesso trascurato nella valutazione iniziale delle convenienze, rappresenta un elemento di rischio aggiuntivo che va attentamente ponderato.

Considerazioni operative per la pratica professionale

Nella casistica comune si osserva come molti contribuenti abbiano sottovalutato l’interconnessione tra le diverse procedure agevolative. Il caso analizzato dall’interpello 176/2025 rappresenta una fattispecie tutt’altro che isolata: nell’esperienza applicativa sono frequenti le situazioni in cui il mancato rispetto dei termini di pagamento della rottamazione compromette la permanenza in altri regimi premiali.

È necessario e opportuno che i professionisti valutino con particolare attenzione la sostenibilità finanziaria dei piani di rateazione prima di consigliare l’adesione contemporanea a più strumenti agevolativi. La rigidità dei termini previsti dalla rottamazione-quater (con la tolleranza di soli cinque giorni) mal si concilia con situazioni di flussi di cassa instabili.

Tabella riassuntiva degli scenari

Momento della decadenza dalla rottamazione Effetto sul CPB Possibilità di rimedio
Prima dell’adesione al CPB Condizione ostativa – CPB non validamente sottoscritto Nessuna, anche con riammissione
Dopo l’adesione al CPB Decadenza automatica per venir meno dei requisiti Nessuna, anche con riammissione

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