La Commissione Europea ha finalmente rilasciato la comfort letter che dichiara compatibili con la disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato le misure fiscali previste dalla riforma italiana del Terzo Settore. Questo passaggio fondamentale, atteso da lungo tempo, consente la piena attuazione della riforma dal 1° gennaio 2026, trasformando il quadro impositivo per gli Enti del Terzo Settore (ETS) in modo radicale e innovativo, con ripercussioni sistematiche che trascendono il mero ambito fiscale.
Fondamento giuridico della decisione europea
La DG Competition della Commissione UE ha basato la propria posizione su un principio rivoluzionario: l’insussistenza del presupposto dell’imposizione sul reddito quando questo viene destinato a finalità di pubblica utilità. Secondo l’interpretazione comunitaria, qualora la ricchezza prodotta attraverso un’attività imprenditoriale sia orientata al perseguimento di scopi sociali, e non alla remunerazione del capitale, viene meno il “possesso” del reddito che rappresenta il fondamento stesso dell’imposizione.
L’argomentazione sviluppata dalla Commissione riprende espressamente i principi affermati dalla Corte di Giustizia UE nella sentenza dell’8 settembre 2011 (cause riunite C-78/08 e C-80/08, Paint Graphos), dove si riconosce la legittimità di un trattamento fiscale differenziato per modelli organizzativi che non operano secondo le logiche di profitto individuale tipiche dell’impresa tradizionale. La pronuncia, esaminando il regime fiscale delle cooperative, aveva già delineato il quadro concettuale che oggi trova applicazione nel contesto degli ETS.
Il ragionamento seguito dalla Commissione si articola su due livelli: da un lato, la verifica dell’assenza del presupposto impositivo; dall’altro, l’analisi della selettività della misura fiscale alla luce delle caratteristiche peculiari degli enti beneficiari. La comfort letter ha concluso che il trattamento fiscale differenziato non costituisce aiuto di Stato selettivo poiché gli ETS si trovano, tanto sul piano giuridico quanto su quello fattuale, in una situazione non comparabile a quella degli enti commerciali.
Nuovo approccio comunitario all’economia sociale
La decisione segna un punto di svolta nell’approccio comunitario, non più vincolato a una visione puramente “mercantilistica”. La Commissione riconosce la peculiarità di soggetti che, pur operando sul mercato, producono beni e servizi a sostegno dell’interesse generale, adottando modelli organizzativi caratterizzati da vincoli di trasparenza, rendicontazione e governance.
Il percorso argomentativo della Commissione evidenzia una decisa evoluzione dell’approccio comunitario nel quadro degli assetti propri dell’economia sociale. Si prende atto della circostanza fattuale per cui è corretto giustificare misure fiscali che favoriscono non solo le attività che non operano su un mercato, come i servizi sociali, ma anche quelle che al mercato si rivolgono producendo beni e servizi a sostegno dell’interesse generale.
Se la ricchezza prodotta è destinata alla collettività, non si può configurare un “possesso” individuale soggetto a tassazione. Una ricostruzione già valorizzata dalla Corte Costituzionale italiana nella sentenza n. 131/2020, dove il Terzo Settore viene definito come “categoria costituzionale a sé stante”, espressione di quelle “libertà sociali” che realizzano una forma di amministrazione condivisa, attuativa del principio di sussidiarietà orizzontale sancito dall’art. 118, comma 4, della Costituzione.
La Corte Costituzionale aveva sottolineato come gli ETS identifichino una modalità organizzativa delle “libertà sociali” non riconducibile né allo Stato, né al mercato, ma a quelle forme di solidarietà che, in quanto espressive di una relazione di reciprocità, devono essere ricomprese “tra i valori fondanti dell’ordinamento giuridico, riconosciuti, insieme ai diritti inviolabili dell’uomo, come base della convivenza sociale normativamente prefigurata dal Costituente”.
Disposizioni fiscali ora attuabili
La comfort letter rende finalmente operative tutte le disposizioni del Codice del Terzo Settore (CTS) e della disciplina dell’impresa sociale (D.Lgs. n. 112/2017) che erano subordinate al vaglio comunitario. Tra queste assumono particolare rilevanza:
L’art. 79 del CTS diventa il riferimento centrale per verificare la natura commerciale o non commerciale delle attività di interesse generale. La norma stabilisce che le attività di interesse generale di cui all’articolo 5 del CTS, incluse quelle accreditate o contrattualizzate o convenzionate con le pubbliche amministrazioni, l’Unione europea, le amministrazioni pubbliche straniere o altri organismi pubblici di diritto internazionale, si considerano di natura non commerciale quando sono svolte a titolo gratuito ovvero dietro versamento di corrispettivi che non superano i costi effettivi.
Gli articoli 80 e 86 del CTS introducono meccanismi di determinazione forfetaria del reddito d’impresa prodotto dagli enti che svolgono in via marginale attività commerciale. In particolare, l’art. 80 prevede coefficienti di redditività differenziati in base alle diverse tipologie di ricavi, mentre l’art. 86 contempla un regime forfetario specifico per le organizzazioni di volontariato (ODV) e le associazioni di promozione sociale (APS), con un coefficiente di redditività pari al 3% dei ricavi conseguiti.
Per le imprese sociali, l’art. 18 del D.Lgs. n. 112/2017 sancisce la detassazione degli utili e degli avanzi di gestione destinati allo svolgimento dell’attività statutaria o ad incremento del patrimonio. Tale disposizione rappresenta l’applicazione più evidente del principio della insussistenza del presupposto impositivo quando la ricchezza prodotta è destinata a finalità di interesse generale.
Regime fiscale delle diverse tipologie di enti
Il quadro normativo che emerge a seguito dell’autorizzazione comunitaria delinea un sistema articolato di regimi fiscali, differenziati in base alla tipologia di ente e alla natura delle attività svolte:
ETS non commerciali
Gli ETS che svolgono in via esclusiva o prevalente attività di interesse generale con modalità non commerciali beneficiano di un regime fiscale particolarmente favorevole. Essi non sono soggetti all’imposta sul reddito per le attività istituzionali e godono di specifiche esenzioni in materia di imposte indirette (imposta di registro, ipotecaria e catastale, imposta di bollo).
Le attività di interesse generale si considerano non commerciali quando sono svolte a titolo gratuito o dietro corrispettivi che non superano i costi effettivi. L’art. 79, comma 2-bis del CTS introduce anche una presunzione di non commercialità quando i ricavi non superano di oltre il 5% i relativi costi per ciascun periodo d’imposta e per non più di due periodi d’imposta consecutivi.
ETS commerciali
Gli ETS che svolgono in via esclusiva o prevalente attività di interesse generale con modalità commerciali sono soggetti all’imposta sul reddito, ma possono optare per i regimi forfetari previsti dagli articoli 80 e 86 del CTS.
L’art. 80 prevede coefficienti di redditività differenziati:
- 7% per i ricavi fino a 130.000 euro
- 10% per i ricavi da 130.000 a 300.000 euro
- 17% per i ricavi oltre 300.000 euro
Per le ODV e le APS, l’art. 86 prevede un regime ancora più favorevole, con un coefficiente di redditività del 3% e semplificazioni in materia di adempimenti contabili.
Imprese sociali
Le imprese sociali godono di un regime fiscale peculiare, caratterizzato dalla detassazione degli utili e degli avanzi di gestione destinati allo svolgimento dell’attività statutaria o ad incremento del patrimonio.
L’art. 18 del D.Lgs. n. 112/2017 prevede che non concorrano alla formazione del reddito imponibile gli utili e gli avanzi di gestione destinati ad apposita riserva indivisibile in sospensione d’imposta, o reinvestiti nelle attività di interesse generale.
Inoltre, le imprese sociali possono beneficiare di specifiche agevolazioni per gli investitori, tra cui una detrazione d’imposta pari al 30% della somma investita nel capitale sociale.
Impatto operativo e scelte strategiche
L’autorizzazione comunitaria apre scenari completamente nuovi per i diversi attori del Terzo Settore, imponendo valutazioni strategiche che fino ad oggi erano state procrastinate.
ONLUS e transizione al nuovo regime
Le ONLUS, attualmente disciplinate dal D.Lgs. n. 460/1997, dovranno scegliere tra diverse opzioni:
- Trasformarsi in ETS non commerciali
- Optare per la qualifica di ETS commerciale
- Assumere la qualifica di impresa sociale
- Rinunciare alla qualifica di ente non profit
La scelta dovrà tenere conto di molteplici fattori, tra cui la natura delle attività svolte, la struttura organizzativa, le fonti di finanziamento e gli obiettivi strategici dell’ente. Il passaggio dal regime ONLUS a quello ETS comporterà anche la necessità di adeguare gli statuti alle nuove disposizioni del CTS.
Enti sportivi dilettantistici
Per gli enti sportivi dilettantistici si profila una scelta tra il mantenimento della disciplina “ordinaria” (legge n. 398/1991) o la trasformazione in ETS o imprese sociali. La valutazione dovrà tenere conto delle specifiche agevolazioni previste per il settore sportivo dilettantistico e di quelle introdotte dalla riforma del Terzo Settore.
Le associazioni sportive dilettantistiche (ASD) potrebbero optare per l’iscrizione al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS) come APS, beneficiando del regime forfetario di cui all’art. 86 del CTS. Le società sportive dilettantistiche (SSD) potrebbero invece valutare la trasformazione in imprese sociali, con conseguente detassazione degli utili reinvestiti nell’attività sportiva.
Impresa sociale come modello innovativo
L’impresa sociale rappresenta la massima espressione dell’idea che ha guidato l’intera riforma: l’attività d’impresa può e deve essere il centro di produzione di una ricchezza necessaria a sostenere settori di tutela degli interessi generali.
Questo modello si pone come alternativa tanto al tradizionale ente non profit, spesso dipendente da donazioni e contributi pubblici, quanto all’impresa for profit, orientata alla massimizzazione del profitto per gli investitori. L’impresa sociale coniuga la sostenibilità economica con il perseguimento di finalità di interesse generale, in un contesto di crescente contrazione delle risorse pubbliche e del sostegno liberale privato.