

info@studiopizzano.it

Certificatori Tax Control Framework: formazione congiunta per commercialisti e avvocati

3 Luglio, 2025

L’attuazione del Tax Control Framework (TCF) ha raggiunto una fase cruciale con la definizione delle procedure di abilitazione professionale. Dopo l’approvazione del regolamento da parte del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili e l’imminente completamento dell’iter da parte del Consiglio Nazionale Forense, emerge un quadro normativo che – si dice – dovrebbe garantire uniformità procedurale pur rispettando le specificità ordinistiche. La scelta del legislatore di prevedere due elenchi separati ma coordinati tra loro… beh, si capisce l’intenzione di mediare tra esigenze diverse, anche se nella prassi applicativa si dovrà vedere come questo si tradurrà concretamente. Del resto, quando si tratta di mettere insieme professioni diverse – commercialisti e avvocati, per capirci – le complicazioni non mancano mai.

Stanco di leggere? Ascolta l’articolo nell’innovativo formato podcast.

1

La commissione paritetica: nove membri per governare il sistema

Il cuore del sistema di abilitazione – e qui la normativa diventa interessante – risiede nella commissione paritetica composta da nove membri: tre commercialisti, tre avvocati e tre rappresentanti dell’Agenzia delle Entrate. Questo organismo dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) garantire omogeneità di valutazione tra le diverse categorie professionali.

Leggi anche:

La commissione si riunirà mensilmente per esaminare le istanze. Ma l’aspetto più significativo, quello che davvero conta nell’esperienza applicativa, è rappresentato dal termine di 90 giorni entro cui deve concludersi l’intero procedimento. Un termine che – nella pratica amministrativa – potrebbe rivelarsi sia un’opportunità che una criticità, a seconda di come verrà gestito il carico di lavoro.

Percorso formativo: 80 ore tra specializzazione e complessità

La disciplina dei requisiti formativi presenta un livello di complessità che, francamente, riflette la natura interdisciplinare dell’attività di certificazione. Il percorso formativo si articola in tre moduli per complessive 80 ore: gestione dei rischi (almeno 40 ore), principi contabili e diritto tributario.

Al termine… ecco, qui c’è un passaggio che spesso si trascura: sarà necessario superare un test di valutazione. Non è solo una formalità, considerando che l’attività di certificazione comporta responsabilità considerevoli. Come spesso accade in questi casi, il test rappresenta il momento in cui la preparazione teorica deve dimostrare di tradursi in competenze operative concrete.

Esenzioni: un sistema articolato di deroghe

La normativa mostra la sua articolazione più sofisticata nell’ambito delle esenzioni. Le esenzioni totali riguardano categorie specifiche di professionisti che abbiano già maturato esperienza significativa nel settore. Tra questi rientrano i professori universitari di prima e seconda fascia nelle discipline rilevanti.

Particolarmente interessante – e qui si vede l’attenzione del legislatore alla prassi consolidata – appare la previsione relativa ai professionisti che abbiano svolto funzioni di componenti di organismi di vigilanza o di audit aziendale per almeno due anni presso società in regime di adempimento collaborativo.

La stessa logica sottende l’esenzione per i professionisti che abbiano avuto formale incarico di progettazione e realizzazione di Tax Control Framework già validati dall’Agenzia delle Entrate. Nonché per coloro che abbiano cooperato per almeno cinque anni come responsabili dei rischi fiscali in imprese in regime collaborativo.

Le esenzioni parziali interessano invece soggetti esonerati da uno o due moduli del percorso formativo. Per i dottori commercialisti è previsto l’esonero automatico dal modulo sui principi contabili – una scelta che riconosce le competenze professionali già acquisite attraverso il percorso di studi e l’attività ordinaria.

Procedura di iscrizione: un iter standardizzato ma complesso

La procedura di iscrizione si basa sulla presentazione di una domanda mediante modello standardizzato che dovrà contenere, oltre ai dati identificativi, le dichiarazioni relative alle eventuali cause di esonero e la documentazione comprovante il possesso dei requisiti.

L’attività istruttoria si sviluppa su più livelli: il Consiglio ricevente effettua una prima verifica formale; quindi, trasmette la documentazione alla commissione paritetica per le valutazioni di merito. Le decisioni vengono adottate alla prima riunione utile.

Nel caso di diniego dell’iscrizione – e qui la procedura si fa garantista – è prevista la possibilità per l’interessato di presentare osservazioni. Un elemento che, nell’esperienza procedurale, potrebbe rivelarsi fondamentale per evitare esclusioni non giustificate.

Disciplina sanzionatoria: severità e responsabilità

La disciplina sanzionatoria presenta profili di particolare severità. Il regolamento disciplina espressamente i casi di sospensione e cancellazione dall’elenco, che conseguono al rilascio di certificazioni infedeli.

La fattispecie si configura quando la certificazione venga resa in assenza dei requisiti di indipendenza, onorabilità e professionalità, ovvero – secondo quanto previsto dall’art. 1, comma 1-bis del D.Lgs. 128/2015 – quando non vi sia corrispondenza tra i dati certificati e quelli effettivamente riscontrabili.

Si tratta di una responsabilità che – è opportuno sottolinearlo – non va sottovalutata. La certificazione del TCF comporta infatti una valutazione tecnica di sistemi complessi, dove l’errore può avere conseguenze significative sia per il certificatore che per l’impresa certificata.

I requisiti di indipendenza: aspetti spesso trascurati

Uno degli aspetti sicuramente caratterizzanti la figura del certificatore del TCF è rappresentato dalla sua indipendenza. Il professionista abilitato, incaricato dell’attività di certificazione, deve essere indipendente dal soggetto che ha conferito l’incarico e non deve essere in alcun modo coinvolto nel suo processo decisionale.

Il soggetto certificatore dovrà inoltre adottare tutte le misure ragionevoli al fine di garantire che la propria indipendenza non risulti influenzata da alcun conflitto di interessi, anche solo potenziale, o da relazioni d’affari o di altro genere, sia dirette che indirette.

L’incarico per la certificazione può essere conferito al professionista, da parte della stessa impresa, per non più di tre volte consecutive. Una limitazione che punta a evitare quella familiarità che, nel tempo, potrebbe compromettere l’obiettività del giudizio professionale.

Avvio operativo: settembre come data chiave

I percorsi formativi, la cui organizzazione sarà curata congiuntamente dai due Consigli nazionali, dal Ministero dell’Economia e dall’Agenzia delle Entrate, inizieranno a settembre. Nel frattempo, è previsto il lancio di un “save the date” per raccogliere le adesioni degli interessati.

Con la firma di un protocollo d’intesa sottoscritto lo scorso 11 aprile tra il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, il Consiglio Nazionale Forense, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate, sono stati formalmente definiti i criteri, i requisiti e le modalità per il rilascio dell’attestazione di “certificatore del TCF”.

Un percorso che – a ben vedere – rappresenta non solo un’opportunità professionale, ma anche una sfida per il sistema delle professioni ordinistiche. La capacità di gestire questa transizione determinerà in larga misura l’efficacia dell’intero sistema del Tax Control Framework nel panorama della compliance fiscale italiana.

La certificazione del TCF, dunque, si configura come un nuovo ambito di specializzazione che richiede competenze trasversali e un approccio metodologico rigoroso. Per i professionisti che intendono cogliere questa opportunità, sarà fondamentale non solo acquisire le competenze tecniche richieste, ma anche sviluppare quella sensibilità per la gestione dei rischi che costituisce l’essenza stessa dell’attività di certificazione.

Articoli correlati