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Cedolare secca per locazioni brevi

Cedolare secca per locazioni brevi: quando conviene davvero

10 Novembre, 2025

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Affittare un appartamento per pochi giorni a turisti, viaggiatori occasionali o professionisti in trasferta rappresenta una scelta sempre più frequente tra i proprietari immobiliari italiani. La questione, tuttavia, non è semplice dal punto di vista fiscale. Il regime di tassazione applicabile dipende da variabili importanti: quanti immobili si mettono a disposizione, quale forma gestionale si sceglie, quanti altri redditi contribuiscono al quadro reddituale complessivo del contribuente. L’imposta sostitutiva denominata cedolare secca costituisce da diversi anni uno strumento alternativo rispetto alla tassazione ordinaria per coloro che gestiscono questo tipo di attività senza esercitare un’impresa vera e propria. Tuttavia, le recenti modifiche normative hanno introdotto una segmentazione rilevante. Non tutti pagano le stesse aliquote, e soprattutto non tutti hanno diritto a usufruire del regime agevolato al 21%. Comprendere questa distinzione è fondamentale per orientarsi correttamente tra le diverse opzioni disponibili.

🕒 Cosa sapere in un minuto

  • Aliquote cedolare secca: 21% per il primo immobile, 26% per gli altri (massimo 4 immobili)
  • Limite imprenditoriale: Oltre 4 immobili scatta la presunzione di attività d’impresa
  • Alternative disponibili: IRPEF ordinaria (23-35%) o regime forfetario (15%) per attività imprenditoriali
  • Ritenute intermediari: 21% operata da piattaforme come Airbnb e Booking
  • Convenienza IRPEF: Vantaggiosa per redditi bassi (sotto 28.000€) con un solo immobile
  • Novità 2026: Possibile eliminazione dell’aliquota agevolata al 21%, unificazione al 26%
  • Regime forfetario: 15% su 86% dei ricavi, ma con obbligo contributi INPS
  • Dichiarazione: Codice 2 per immobile al 21%, codice 3 per immobili al 26%
⚠️ Attenzione: La scelta del regime fiscale dipende dal numero di immobili, dal reddito complessivo e dalla presenza di costi deducibili.

Chi può beneficiare della cedolare secca per gli affitti brevi

La cedolare secca su immobili destinati a locazioni turistiche brevi rimane una scelta opzionale, ancora accessibile a persone fisiche che non esercitano attività d’impresa veri e propri nel settore immobiliare. Rientrano in questa categoria i proprietari, gli usufruttuari, i comodatari e perfino i sublocatari di unità abitative. La durata massima del contratto, per poter rientrare in questa disciplina, non deve superare i 30 giorni.

Un aspetto talvolta sottovalutato attiene alla natura dei servizi che accompagnano la locazione. Il regime continua a trovare applicazione quando vengono messi a disposizione dell’inquilino servizi legati direttamente al suo soggiorno: la fornitura di biancheria, le spese di pulizia degli ambienti, l’accesso a internet, gli impianti di condizionamento, le utenze di base. Tutti questi elementi rimangono ricompresi perché connessi naturalmente all’uso abitativo dell’unità.

Diverso il discorso quando la gestione si arricchisce di prestazioni che vanno oltre la semplice messa a disposizione dell’alloggio. La somministrazione di colazioni, la fornitura di pasti, il noleggio di autovetture, le guide turistiche: in questi casi il livello di organizzazione sale significativamente. La giurisprudenza e la prassi amministrativa hanno chiarito che tali situazioni, soprattutto quando ricorrenti e strutturate, esulano dal regime semplificato e richiedono una forma imprenditoriale completa. Si pensi alle gestioni di bed and breakfast organizzate, che necessitano di partita IVA.

Il vincolo dei 4 immobili e la presunzione di forma imprenditoriale

Un limite numerico costituisce il cardine discriminante dell’intera disciplina. Quando gli appartamenti destinati a locazioni brevi non superano la quota di quattro per periodo d’imposta, il contribuente può optare liberamente per la cedolare secca. Oltre questa soglia? La normativa (articolo 1, comma 595 della legge 30 dicembre 2020, n. 178) introduce una presunzione di forma imprenditoriale.

Cosa significa sul piano pratico? Raggiunto il quinto immobile, l’attività di affitto breve viene considerata dalla legge come esercizio di impresa, indipendentemente dal fatto che il proprietario possieda strutture organizzative vere o lavori ancora in maniera informale. Questa presunzione non è assoluta, tuttavia ha conseguenze rilevanti. Lo stesso proprietario, infatti, potrebbe provare che anche con cinque o più immobili l’attività non presenta i caratteri dell’esercizio imprenditoriale (assenza di organizzazione, mancanza di continuità strutturale), ma il peso della prova ricade su di lui.

Un’altra situazione merita attenzione: persino disponendo di un numero inferiore a cinque unità immobiliari, vi sono casistiche dove emerge una chiara organizzazione d’impresa. Per esempio, se la gestione di tre appartamenti viene condotta con forme strutturate e continuative, oppure quando il soggetto aggiunge le locazioni brevi a un’attività turistica già esistente (un albergo, un residence), o ancora quando acquisisce immobili in locazione ordinaria per trasformarli in locazioni turistiche. In tutte queste situazioni il regime imprenditoriale trova applicazione, anche avendo meno di quattro unità.

Aliquote e articolazione del prelievo: la novità del 21% e del 26%

Con la legge di bilancio 2024 il sistema delle aliquote ha subito una trasformazione significativa. Non esiste più una cedolare secca unica per gli affitti brevi. Oggi il prelievo si articola come segue: il 21% per il primo immobile (e solo uno per contribuente), il 26% per tutti gli altri fino al limite dei quattro. Questa scelta normativa risale a una volontà dichiarata del governo di distinguere il locatore occasionale da quello che gestisce più unità con finalità commerciali più marcate.

L’imposta sostitutiva si applica sul 100% del canone lordo lordo descritto nel contratto. È bene sottolinearlo perché nel regime ordinario IRPEF il reddito catastale viene determinato sul 95% del corrispettivo (sconto forfetario), creando così una prima significativa differenza.

L’applicazione è per singolo immobile. Il contribuente deve specificare nella dichiarazione dei redditi quale fra i suoi appartamenti affittati a breve termine beneficia dell’aliquota agevolata. Nel modello 730/2025, questa scelta si effettua utilizzando il codice 2 per l’immobile al 21%, il codice 3 per quelli al 26%.

La cedolare secca sostituisce anche le imposte di registro e di bollo in caso di registrazione contrattuale, oltre alle addizionali regionale e comunale. Questo aspetto amplifica ulteriormente il vantaggio fiscale, soprattutto per chi risiede in comuni dove le addizionali risultano particolarmente elevate (possono variare, nel complesso, tra il 2,5 e oltre il 4%).

Regime ordinario IRPEF: quando la cedolare non conviene

Talora il contribuente si chiede se non sia preferibile abbandonare la cedolare secca e restare nel regime ordinario. La risposta non è univoca. Dipende dalla composizione del quadro reddituale personale.

Nel regime IRPEF classico, il reddito da locazione breve concorre al reddito complessivo. Significa che si cumula con gli altri proventi (stipendi, pensioni, altri redditi mobiliari). Si applicano quindi le aliquote progressive e marginali secondo la scaglionata standard: dal 23% fino a 28.000 euro lordi, al 35% oltre questa soglia. Per chi percepisce redditi modesti la convenienza della cedolare secca rimane pressoché indiscutibile, poiché il prelievo al 26% è inferiore alle aliquote marginali che entrerebbe a pagare.

Diversa la situazione per chi versa in scaglioni tributari bassi. Una persona che resiede ancora al di sotto dei 28.000 euro di reddito complessivo annuo, affittando un’unica unità in locazione breve, potrebbe trovare vantaggioso rimanere nel regime ordinario. Il calcolo è semplice: il 23% sul 95% del canone potrebbe risultare inferiore al 21% del canone lordo intero. Però qui subentra il difetto della deduzione dei costi. Nel regime della cedolare secca non è consentito dedurre alcun onere (spese di manutenzione, interessi bancari, contributi previdenziali se lavoratore autonomo connesso). Nel regime ordinario, seppur con limitazioni, alcune detrazioni rimangono applicabili.

Un’altra considerazione riguarda il calcolo dell’ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente). Poiché la cedolare secca si applica al 100% del canone, il valore considerato ai fini dell’ISEE sarà superiore rispetto al regime ordinario, dove il reddito viene ridotto del 5%. Per chi richiede prestazioni sociali agevolate, questo potrebbe rappresentare un elemento di svantaggio.

Il regime forfetario per attività imprenditoriali: un’alternativa da valutare

Qualora il contribuente superi la soglia dei quattro immobili, oppure rientri comunque nell’esercizio di forma imprenditoriale, la cedolare secca non è più percorribile. In queste circostanze si applicano le regole ordinarie della tassazione d’impresa. Tuttavia, esiste un’opzione semplificata: il regime forfetario.

Il regime forfetario per le locazioni brevi è accessibile a coloro che conseguono ricavi annui non superiori a 85.000 euro (tale soglia include tutti i ricavi dell’impresa, non solo quelli immobiliari) e mantengono spese per lavoro dipendente, autonomo e collaborazioni per importi non eccedenti i 20.000 euro lordi complessivamente. Il sistema prevede il calcolo del reddito applicando un coefficiente forfetario di redditività pari all’86% sui ricavi totali. Ciò significa che il 14% dei ricavi rimane deducibile forfettariamente, senza necessità di documentazione.

L’imposta sostitutiva su questo reddito calcolato forfettariamente è pari al 15% (ridotta al 5% durante i primi cinque anni di attività, ove sussistano determinati requisiti). Tale aliquota sostituisce l’IRPEF, le addizionali regionali e comunali, e l’IRAP.

Tutto questo porta un beneficio significativo dal punto di vista della semplificazione amministrativa. Però il forfettario comporta un onere che la cedolare secca non prevede: il versamento obbligatorio dei contributi previdenziali all’INPS. Tali contributi rappresentano un costo effettivo riducibile dal reddito imponibile IRPEF. Un proprietario che gestisce, poniamo, locazioni brevi per un totale di 50.000 euro annui lordi dovrà versare all’INPS un importo stimato intorno ai 6.000-7.000 euro, secondo le tariffe vigenti. Questo costo va bilanciato contro il risparmio tributario complessivo.

Le ritenute operate da piattaforme e intermediari: adempimenti e modalità

Una componente talvolta trascurata della disciplina attiene alle ritenute d’imposta operate dai soggetti intermediari. Quando una persona utilizza piattaforme come Airbnb, Booking o ricorre a agenzie immobiliari specializzate, questi soggetti svolgono funzioni di sostituti d’imposta. Opera la ritenuta del 21% sull’importo lordo del canone al momento del pagamento al proprietario.

La ritenuta viene versata dall’intermediario alle casse dello Stato entro il 16 del mese successivo a quello in cui è stata operata, tramite il modello F24. Per il locatore, la ritenuta rappresenta un acconto sulla cedolare secca (se optato per questo regime) oppure sull’IRPEF ordinaria. In entrambi i casi, il contribuente ne terrà conto nella dichiarazione dei redditi per determinare l’eventuale saldo dovuto.

Su quali importi opera la ritenuta? Essenzialmente sul canone lordo. Se però il contratto prevede addebiti forfettari per servizi accessori (pulizie incluse, biancheria non sostenuta effettivamente dal conduttore), la ritenuta viene applicata anche su queste somme. Diverso se il conduttore sostiene direttamente i costi (ad esempio, paga personalmente per le pulizie extra). In questo caso tali importi non rientrano nella base della ritenuta.

Gli intermediari hanno inoltre l’obbligo di trasmettere all’Agenzia delle Entrate i dati relativi ai contratti gestiti. Nome, cognome, codice fiscale del proprietario, durata della locazione, importo del corrispettivo e indirizzo dell’immobile: tutto questo deve pervenire all’Amministrazione finanziaria entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello cui si riferiscono i dati. La comunicazione ha rafforzato sensibilmente il controllo fiscale su questo segmento.

Analisi comparativa dei tre scenari: fattori decisionali

La scelta fra cedolare secca, regime ordinario e regime forfetario richiede un’analisi puntuale della situazione specifica del contribuente. Tre situazioni concrete esemplificano i profili decisionali.

Primo scenario: quattro immobili in gestione turistica strutturata

Si consideri un proprietario che dispone di quattro appartamenti ubicati in zona ad alta attrattività turistica. Nel corso dell’anno affitta il primo per 280 giorni (con vacanza fra contratti), il secondo per 220 giorni, il terzo per 260 giorni, il quarto per 240 giorni. I canoni raggiunti sono rispettivamente 14.500, 12.500, 13.000 e 11.000 euro. Sostiene spese verificabili per utenze, condizionamento, connettività e pulizie per un totale di 9.800 euro.

In opzione per cedolare secca: il primo immobile è tassato al 21% (3.045 euro), gli altri tre al 26% (3.250, 3.380, 2.860 euro rispettivamente). L’imposta cedolare complessiva raggiunge 12.535 euro. Aggiungendovi l’imposta sul reddito fondiario per i giorni di non locazione (circa 1.450 euro), il prelievo totale è 13.985 euro.

Nel regime ordinario IRPEF: il canone ridotto del 5% produce un reddito imponibile di 49.763 euro (51.013 x 95%). L’applicazione delle aliquote progressive determina un’IRPEF di circa 13.274 euro, cui si somma l’imposta fondiaria (1.450 euro), per un totale di 14.724 euro, al quale vanno aggiunte le addizionali regionali e comunali (2,5-4% complessivamente).

In regime forfetario (ove ricorrano i presupposti): il reddito d’impresa forfettario è 43.871 euro (51.013 x 86%). Deducendo i contributi INPS stimati a 7.450 euro, la base imponibile scende a 36.421 euro. L’imposta sostitutiva al 15% ammonta a 5.463 euro. Il totale fra imposta e contributi raggiunge 12.913 euro, generando però un onere previdenziale che va valutato nel medio termine.

Secondo scenario: singolo immobile in locazione breve occasionale

Si supponga una sola unità immobiliare affittata a breve termine per 285 giorni a canone lordo di 16.000 euro. Spese sostenute direttamente: 2.200 euro (utenze, pulizie, manutenzioni). Commissione dell’agenzia immobiliare: 4.800 euro (pari al 30% del canone).

Con opzione per cedolare secca al 21%: l’imposta risulta 3.360 euro, cui si aggiunge l’imposta fondiario per i giorni di non locazione (circa 950 euro), per un totale tributario di 4.310 euro, corrispondente al 26,9% del canone lordo.

Nel regime ordinario IRPEF: il reddito imponibile è 15.200 euro (95% del canone). L’aliquota del 23% produce un’IRPEF di 3.496 euro. Sommandovi l’imposta fondiaria (950 euro), il totale raggiunge 4.446 euro, cui si aggiungono ancora addizionali comunali e regionali. La differenza fra i due regimi risulta minore, quasi trascurabile; la scelta dipende dalla struttura reddituale complessiva del contribuente.

Terzo scenario: più immobili con reddito complessivo ridotto

Si consideri un proprietario che gestisce quattro immobili a locazione breve con canoni di 17.500, 15.200, 13.800 e 16.000 euro rispettivamente. Spese per utenze, pulizie e servizi: 16.500 euro complessivi. Questo soggetto non dispone di altri redditi nel periodo (esempio: soggetto disoccupato che vive esclusivamente di questa attività).

Con cedolare secca al 21% per il primo (3.675 euro su 17.500) e al 26% per gli altri tre, il totale cedolare arriva a 13.886 euro. Aggiunta l’imposta fondiaria sui giorni di vacanza (2.050 euro), il prelievo totale è 15.936 euro.

Nel regime ordinario IRPEF su un reddito complessivo di 56.348 euro (fra affitti ridotti del 5% e reddito fondiario), con detrazioni ipotizzate per familiari pari a 5.000 euro, l’imposta netta giunge a 9.426 euro. Sembrerebbe conveniente optare per il regime ordinario, tuttavia vanno aggiunte le addizionali comunali e regionali (potenzialmente 1.100-1.400 euro), riducendo il gap complessivo.

In regime forfetario con reddito d’impresa di 50.614 euro (58.858 x 86%) e contributi INPS stimati a 8.600 euro, l’imposta sostitutiva al 15% su base 42.014 euro ammonta a 6.302 euro. Il totale fra imposta e contributi raggiunge 14.902 euro, posizionandosi fra i tre scenari in posizione intermedia dal profilo puramente tributario.

Adempimenti dichiarativi e scadenze per il 2025

Chi decide di optare per la cedolare secca deve comunicarlo nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui i canoni sono maturati. Non è richiesta una dichiarazione separata; basta indicare la scelta nel modello 730 (se lavoratore dipendente o pensionato) o nel modello Redditi PF (se titolare di partita IVA o comunque con redditi d’impresa). Nel quadro B delle istruzioni viene specificato il codice 2 per l’immobile al 21%, il codice 3 per gli immobili al 26%.

Quanto alle scadenze tributarie vere e proprie: l’acconto dell’imposta sostitutiva viene versato nelle stesse date previste per l’IRPEF ordinaria, sia per la prima che per la seconda rata d’acconto. Il saldo, invece, si regola con la dichiarazione dei redditi, tenendo conto delle ritenute operate dagli intermediari.

Se il contribuente ha usufruito della ritenuta operata da una piattaforma o agenzia, essa viene certificata mediante Certificazione Unica (CU) e deve essere dichiarata fedelmente nella propria dichiarazione fiscale. Qualora la ritenuta risulti superiore all’imposta dovuta, il contribuente avrà diritto al rimborso (secondo le modalità ordinarie per le eccedenze d’imposta).

Avviso circa la legge di bilancio 2026: il probabile aumento al 26%

Non è prematuro segnalare che il governo ha già incluso nella bozza della manovra finanziaria 2026 una novità che interesserà significativamente il settore. Secondo quanto comunicato nelle versioni preliminary del documento, l’aliquota agevolata del 21% potrebbe venire eliminata totalmente. A partire dal 2026, per tutti coloro che affittano immobili in locazione breve (sia privati che intermediari), la cedolare secca applicabile diventerebbe il 26%, senza distinzioni fra primo e secondo immobile.

Questa modifica, ancora soggetta al procedimento parlamentare, rappresenterebbe un inasprimento rilevante. Il governo stima un gettito fiscale supplementare di circa 102,4 milioni di euro annui a regime (dal 2028 in poi), suggerendo che la scelta è principalmente motivata da esigenze fiscali. I proprietari farebbero bene a monitorare gli sviluppi legislativi nei prossimi mesi.

Tabella comparativa sintetica dei tre regimi

Aspetto Cedolare Secca (1-4 immobili) IRPEF Ordinario Regime Forfetario (impresa)
Aliquota 21%-26% 23%-35% (progressive) 15% (5% primi 5 anni)
Base imponibile 100% canone lordo 95% canone 86% ricavi
Deducibilità costi No Limitata Forfettaria 14%
Addizionali No No
Imposte registro/bollo No (se registrato)
Contributi INPS No Sì (se autonomo) Sì (obbligatori)
Semplificazione amm.va Alta Media Media-Alta
Limite immobili 4 Illimitato Illimitato
Ricavi massimi S.M. S.M. 85.000 euro

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