

info@studiopizzano.it

Cassazione: agevolazione IMU per coniugi con residenze diverse nello stesso comune

16 Aprile, 2025

L’agevolazione IMU spetta ad entrambi i coniugi che risiedono in case differenti ma nello stesso comune. La Corte di Cassazione ha riconosciuto il diritto al beneficio fiscale per la prima casa anche quando i componenti del nucleo familiare, per scelta consensuale, stabiliscono dimora e residenza in immobili separati. Con l’ordinanza 9620 del 13 aprile 2025, gli Ermellini hanno accolto il ricorso di un contribuente che rivendicava l’esenzione IMU sul proprio appartamento, pur vivendo in un’abitazione diversa dalla moglie.

Il caso e la decisione della Suprema Corte

La vicenda giudiziaria nasce dal ricorso di un contribuente che chiedeva l’applicazione dell’agevolazione IMU prima casa per il proprio immobile, nonostante vivesse separatamente dalla moglie. La particolarità del caso risiede nella circostanza che i coniugi, pur mantenendo intatto il vincolo matrimoniale, avevano consensualmente deciso di stabilire residenze diverse all’interno dello stesso comune.

La Corte di Cassazione, ribaltando la decisione dei giudici di merito, ha accolto il ricorso del contribuente, stabilendo un principio di diritto destinato a modificare significativamente l’interpretazione della normativa vigente. Per gli Ermellini, l’elemento discriminante non è la convivenza fisica sotto lo stesso tetto, ma la sussistenza dell’affectio coniugalis accompagnata da una decisione consensuale sulla gestione della vita familiare.

Differenza tra residenze diverse e seconda casa

Un passaggio cruciale dell’ordinanza riguarda la distinzione tra “residenze diverse” e “seconda casa”. La Suprema Corte ha chiarito che nel caso di specie non si tratta di una seconda casa, per la quale sarebbe esclusa l’esenzione, ma di residenze diverse determinate da accordi coniugali legittimi. “Non si tratta di una seconda casa“, precisano i giudici, “ma di residenze diverse, che costituisce un diritto dei due coniugi in virtù degli accordi sull’indirizzo della vita familiare liberamente assunti ai sensi dell’art. 144 del codice civile“.

Tale interpretazione valorizza l’autonomia delle scelte familiari e riconosce la legittimità di determinazioni consensuali che portano i coniugi a stabilire residenze disgiunte, senza che ciò pregiudichi il diritto alle agevolazioni fiscali.

Il contesto normativo e l’evoluzione giurisprudenziale

L’orientamento espresso dalla Cassazione si inserisce in un percorso interpretativo già avviato dalla Corte Costituzionale, che aveva ripristinato il diritto all’esenzione per ciascuna abitazione principale delle persone legate da vincolo matrimoniale o unione civile, quando motivato da esigenze personali o professionali.

La questione interpretativa ruotava attorno all’art. 13, comma 2, del d.l. 201/2011, che in passato veniva interpretato nel senso di consentire il beneficio solo al coniuge proprietario dell’immobile in cui il nucleo familiare dimorava abitualmente. La Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio aveva adottato questa interpretazione restrittiva, ora censurata dalla Cassazione.

Il punto nodale consiste nella corretta interpretazione del concetto di “abitazione principale” ai fini IMU, che richiede il concorso di due elementi: la residenza anagrafica e la dimora abituale del possessore e del suo nucleo familiare. La Cassazione ha chiarito che questi requisiti vanno valutati singolarmente per ciascun coniuge quando la separazione delle residenze deriva da una scelta consensuale.

Fondamenti giuridici della sentenza

La decisione poggia su un’attenta analisi delle norme civilistiche che regolano i rapporti familiari. In particolare, la Corte richiama l’art. 144 del codice civile, che disciplina l’indirizzo della vita familiare e la fissazione della residenza, evidenziando come l’obbligo di coabitazione stabilito dall’art. 143 non possa essere invocato quando sussista una determinazione consensuale.

Secondo la Cassazione, “non può essere evocato l’obbligo di coabitazione stabilito per i coniugi dall’art. 143 cod. civ., dal momento che una determinazione consensuale o una giusta causa non impediscono loro, indiscussa l’affectio coniugalis, di stabilire residenze disgiunte”.

La Corte estende questa interpretazione anche alle unioni civili, richiamando l’art. 1, comma 12, della legge 20 maggio 2016, n. 76, che disciplina la “residenza comune” degli uniti civilmente.

Implicazioni pratiche per i contribuenti

La sentenza produce effetti concreti significativi per i contribuenti coniugati che, pur mantenendo il vincolo matrimoniale, vivono in abitazioni diverse nello stesso comune. D’ora in avanti, entrambi potranno godere dell’agevolazione fiscale per la prima casa, con conseguente riduzione del carico tributario complessivo familiare.

Rimane fermo il principio secondo cui, per beneficiare dell’esenzione, ciascun coniuge deve dimostrare di avere effettivamente sia la residenza anagrafica sia la dimora abituale nell’immobile per il quale richiede l’agevolazione. Questo duplice requisito rappresenta una condizione imprescindibile, che impedisce utilizzi strumentali della normativa di favore.

Un aspetto rilevante della decisione riguarda anche il fatto che gli immobili in questione debbano trovarsi nello stesso comune. La Cassazione non si esprime esplicitamente sul caso di immobili situati in comuni diversi, lasciando aperto un potenziale sviluppo interpretativo futuro.

Prospettive future e conseguenze della sentenza

Gli atti del procedimento torneranno ora alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, che dovrà riconsiderare il caso alla luce dei principi affermati dalla Cassazione. La decisione avrà verosimilmente un impatto anche su altre controversie pendenti in materia di agevolazioni IMU per coniugi con residenze separate.

Articoli correlati