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Dichiarazione integrativa ultrannuale

Abrogata la rettifica detrazione IVA per cambio di regime: cosa cambia dal 2025

5 Dicembre, 2025

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Il decreto attuativo della delega fiscale approvato il 20 novembre 2025 ha fatto un passo che, nella pratica, sposta parecchi equilibri: è stata abrogata la rettifica della detrazione IVA per cambio di regime prevista dall’art. 19-bis.2, comma 3, del D.P.R. 633/1972. In pratica, chi entra o esce dal regime forfetario dopo avere acquistato beni strumentali non deve più effettuare la rettifica della detrazione per effetto del passaggio di regime. La novità anticipa una delle previsioni contenute nel futuro Testo Unico IVA e inizierà a produrre effetti già con la prossima dichiarazione IVA annuale. Gli effetti non sono univoci: per alcuni contribuenti il nuovo quadro può risultare conveniente, per altri meno. Ed è proprio qui che conviene fermarsi e ragionare, perché dietro la semplificazione formale si nasconde una redistribuzione silenziosa di vantaggi e svantaggi.

🕒 Cosa sapere in un minuto

  • È stato abrogato il comma 3 dell’art. 19-bis.2 del D.P.R. 633/1972 sulla rettifica della detrazione IVA per cambio di regime.
  • La novità anticipa una previsione del futuro Testo Unico IVA e si applica già dalla prossima dichiarazione IVA annuale.
  • I contribuenti che entrano o escono dal regime forfetario non devono più calcolare rettifiche su beni e servizi non ancora utilizzati e su beni strumentali.
  • Chi passa da forfetario a ordinario perde la possibilità di recuperare la quota di IVA indetraibile residua sui beni strumentali.
  • Chi passa da ordinario a forfetario non deve più restituire parte dell’IVA già detratta per le annualità residue dei beni strumentali.
  • La soppressione della rettifica riguarda anche gli imprenditori agricoli che cambiano regime tra percentuali di compensazione e regime ordinario.
  • La valutazione di convenienza dei cambi di regime va ripensata, soprattutto in presenza di investimenti significativi in beni durevoli.

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Il decreto attuativo e il collegamento con il Testo Unico IVA

Il decreto legislativo approvato dal Consiglio dei Ministri interviene in un pacchetto che riguarda Terzo settore, sport e IVA. All’interno di questo disegno, una norma che a prima vista potrebbe sembrare marginale anticipa però la disciplina del futuro Testo Unico IVA: viene abrogato il comma 3 dell’art. 19-bis.2 del D.P.R. 633/1972, cioè proprio la parte che regolava la rettifica detrazione IVA per cambio di regime.

La norma entrerà in vigore il giorno successivo alla pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale. Anche se si tratta di una disposizione formalmente “tecnica”, la sua portata è concreta, perché incide sui contribuenti che si muovono tra regime ordinario e regime forfetario, ma anche su alcuni operatori agricoli che esercitano opzioni tra percentuali di compensazione e regime ordinario.

Quello che il Testo Unico IVA avrebbe dovuto rendere operativo solo dal 1° gennaio 2027 viene quindi anticipato, almeno su questo punto specifico, già a partire dalla prossima dichiarazione IVA annuale.

Cosa prevedeva la rettifica detrazione IVA per cambio di regime

Per capire cosa cambia, va ricordato come funzionava il meccanismo precedente. Il comma 3 dell’art. 19-bis.2 imponeva, in caso di cambio di regime, una rettifica della detrazione IVA:

  • sui beni e servizi non ancora ceduti o utilizzati;
  • sui beni strumentali, per i quali non fossero ancora trascorsi cinque anni (beni mobili) o dieci anni (beni immobili) dall’entrata in funzione o dall’acquisizione.

L’idea era semplice: la detrazione dell’IVA sui beni durevoli doveva essere “spalmata” su un arco di anni. Se nel frattempo cambiava il regime, il sistema chiedeva di riallineare la detrazione residua alla nuova realtà, con due scenari opposti:

  • chi passava da un regime senza diritto a detrazione (ad esempio il forfetario) a un regime ordinario poteva recuperare una quota di IVA;
  • chi faceva il percorso inverso doveva invece restituire la parte di imposta già detratta e non più giustificata dal nuovo regime.

Questo meccanismo, nel bene e nel male, garantiva simmetria tra uso del bene nel tempo e diritto di detrazione. Ora questo collegamento viene tagliato.

Un esempio numerico per capire la portata del cambiamento

Si consideri un professionista che nel 2024 opera in regime forfetario e acquista un macchinario per 20.000 euro più 4.400 euro di IVA. Nel forfetario la detrazione non è ammessa, quindi quell’IVA rimane integralmente indetraibile al momento dell’acquisto.

Con la disciplina precedente, se nel 2025 il professionista fosse passato al regime ordinario, avrebbe potuto sfruttare la rettifica detrazione IVA per cambio di regime. Poiché il bene è un bene strumentale mobile, il periodo di rettifica è di 5 anni. Dopo il primo anno resta una quota di 4/5:

  • IVA indetraibile in origine: 4.400 euro;
  • quota recuperabile nel 2025: 4/5 di 4.400 = 3.520 euro.

In dichiarazione IVA 2026 il contribuente avrebbe potuto recuperare quei 3.520 euro, allineando il diritto a detrazione al fatto che, dal 2025, il bene viene utilizzato in un’attività che consente la detrazione.

Con l’abrogazione del comma 3, questo recupero non è più possibile: il passaggio al regime ordinario non dà luogo ad alcuna rettifica “a credito”. L’IVA resta definitivamente indetraibile, nonostante l’attività sia divenuta detraente negli anni successivi.

Effetti per chi passa da forfetario a ordinario

Per i soggetti che entrano nel regime ordinario dopo un periodo in forfetario, la nuova disciplina comporta la perdita di un potenziale vantaggio. Prima il meccanismo di rettifica detrazione IVA per cambio di regime consentiva di recuperare una parte dell’imposta “congelata” durante il periodo agevolato, almeno per la quota riferita agli anni residui di utilizzo del bene.

Ora questo ponte viene meno. Chi ha acquistato beni strumentali durante il forfetario e poi decide, magari per crescita del volume d’affari o per scelta strategica, di passare all’ordinario, entra nel nuovo regime senza alcun riconoscimento retroattivo sull’IVA dei beni durevoli.

È un effetto che, nella prassi, potrebbe cambiare le valutazioni di convenienza. Si immagini un contribuente in prossimità della soglia di fuoriuscita dal forfetario, con investimenti programmati in beni strumentali:

  • prima poteva ragionare sapendo che, se fosse uscito dal forfetario in tempi relativamente brevi, una parte dell’IVA sarebbe tornata “in vita” attraverso la rettifica;
  • oggi, invece, quella IVA è definitivamente persa, a prescindere dal futuro cambio di regime.

Questa modifica può spingere alcuni soggetti a rivedere il timing degli investimenti o a valutare in modo più prudente l’ingresso nel forfetario quando si prevedono importanti acquisti di beni strumentali nel breve periodo.

Effetti per chi passa da ordinario a forfetario e per gli imprenditori agricoli

L’altra faccia della medaglia riguarda chi esce dal regime ordinario per passare al forfetario. Prima dell’abrogazione, il cambio di regime comportava l’obbligo di restituire l’IVA detratta in origine sui beni e servizi non ancora utilizzati e sui beni strumentali per la quota riferibile alle annualità residue del periodo di rettifica (5 o 10 anni).

Ora, questo obbligo viene meno. Chi decide di entrare nel forfetario dopo avere detratto l’IVA sui beni durevoli nel regime ordinario non è più tenuto a calcolare e versare una rettifica “a debito”.

La stessa logica si estende agli imprenditori agricoli che, fino a oggi, erano coinvolti nel meccanismo quando passavano dal regime con percentuali di compensazione al regime ordinario (o viceversa) in forza di opzioni esercitate. La disposizione abrogata si applicava anche a loro, imponendo una rettifica limitata ai beni e servizi non ancora ceduti o utilizzati e ai beni strumentali entro i limiti temporali previsti.

Dal momento in cui l’abrogazione diventa efficace, questa specifica rettifica non è più richiesta. Chi si muove tra sistemi di determinazione dell’IVA diversi non deve più ricalcolare l’imposta sui beni “in pancia” in occasione del cambio di regime.

Il profilo temporale e l’impatto sulla dichiarazione IVA 2026

Un punto delicato riguarda la tempistica. Le variazioni di regime avvenute nel 2025, in base alla disciplina previgente, avrebbero dovuto generare una rettifica da esporre nel modello IVA annuale 2026. Tuttavia, il decreto legislativo che abroga il comma 3 dell’art. 19-bis.2 entra in vigore prima della presentazione di tale dichiarazione.

Il risultato è che la modifica normativa produce effetti già dalla prossima dichiarazione IVA annuale: la rettifica detrazione IVA per cambio di regime non dovrà essere calcolata né indicata, neppure per i passaggi di regime avvenuti nel corso dell’anno 2025. La norma agisce quindi non solo per il futuro, ma anche su una fase transitoria che, di fatto, viene “sterilizzata” nelle dichiarazioni.

Per avere una visione sintetica, può essere utile una schematizzazione:

Scenario di passaggio Regime precedente Regime successivo Situazione prima della riforma Situazione dopo la riforma
1 Forfetario Ordinario Rettifica a credito sulla quota di IVA indetraibile residua sui beni strumentali Nessuna rettifica, IVA resta definitivamente indetraibile
2 Ordinario Forfetario Rettifica a debito sulla quota di IVA già detratta riferita agli anni residui Nessuna rettifica, IVA detratta in passato non si restituisce
3 Percentuali compensazione (agricoltori) Ordinario o viceversa Rettifica su beni e servizi non ancora ceduti/usati e beni strumentali entro 5/10 anni Meccanismo di rettifica non più applicabile

Il quadro che emerge è semplice solo in apparenza: il sistema rinuncia ad allineare l’IVA ai cambi di regime nel tempo. La rettifica detrazione IVA per cambio di regime viene abbandonata in nome di una semplificazione che, nella prassi, ridisegna chi “vince” e chi “perde” in funzione del verso del passaggio.

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