Il D.Lgs. n. 192/2024, attuativo della delega fiscale, ha ridisegnato la disciplina del riporto delle perdite fiscali per i soggetti IRES, introducendo modifiche significative sia nella gestione ordinaria che nelle operazioni straordinarie. La riforma abbraccia diversi aspetti del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, dagli articoli 84 (riporto generale delle perdite) agli articoli 172 e 173 (fusioni e scissioni), fino all’introduzione del nuovo articolo 177-ter che semplifica la compensabilità infragruppo. Le innovazioni mirano a razionalizzare il sistema e prevenire utilizzi impropri delle perdite fiscali, modificando la definizione di “attività principale”, il concetto di vitalità aziendale e i parametri di valutazione patrimoniale.
Il meccanismo base del riporto perdite
Il sistema di riporto delle perdite fiscali rappresenta un elemento fondamentale nella pianificazione tributaria delle società soggette a IRES. La normativa di base, disciplinata dall’art. 84 del TUIR, consente di utilizzare le perdite fiscali in compensazione con i redditi prodotti nei periodi d’imposta successivi, secondo regole ben definite.
Per le perdite realizzate nei primi tre periodi d’imposta, il riporto avviene senza limitazioni temporali né quantitative – un vantaggio significativo per le start-up che spesso attraversano fasi iniziali di investimento senza generare utili. A partire dal quarto esercizio, invece, interviene un limite quantitativo: le perdite possono essere utilizzate in misura non superiore all’80% del reddito imponibile di ciascun periodo.
Questo meccanismo permette alle imprese di diluire l’impatto fiscale delle perdite su più esercizi, ottimizzando la pressione tributaria e migliorando i flussi di cassa aziendali.
Limitazioni e condizioni di vitalità
Il legislatore ha sempre guardato con sospetto alle operazioni che potrebbero configurare un “commercio di perdite fiscali”. Per questo motivo, l’art. 84 del TUIR prevede limitazioni al riporto quando si verificano due condizioni: la cessione della maggioranza delle partecipazioni della società che riporta le perdite e la modifica dell’attività principale svolta.
Proprio su questo secondo aspetto interviene una delle novità più rilevanti della riforma. Il nuovo testo dell’art. 84 definisce con maggiore precisione cosa si intende per “modifica dell’attività principale”, specificando che questa si verifica in caso di:
- cambiamento di settore
- variazione del comparto merceologico
- acquisizione di aziende o rami d’azienda
Questa precisazione, apparentemente formale, ha risvolti pratici notevoli: rende più trasparente il perimetro di applicazione della norma, riducendo l’incertezza interpretativa che spesso ha generato contenziosi.
Viene inoltre eliminato il requisito minimo dei 10 dipendenti nei due anni precedenti al trasferimento delle partecipazioni, precedentemente necessario per la disapplicazione automatica delle limitazioni. Resta invece confermata la “condizione di vitalità”, che richiede che nell’anno precedente al trasferimento delle partecipazioni, dal conto economico risulti un valore dei ricavi e proventi e un valore lordo dei costi per prestazioni di lavoro subordinato superiore al 40% della media dei due esercizi precedenti.
Parametri patrimoniali e valore economico
Un’innovazione di notevole impatto riguarda i parametri di valutazione patrimoniale per il riporto delle perdite nelle operazioni straordinarie. La riforma sostituisce il riferimento al “valore contabile” del patrimonio netto con il “valore corrente” o “economico”.
Questo cambiamento risponde a una logica economica più che formale: il valore reale di un’azienda raramente coincide con quello contabile. Pensiamo a una società tecnologica con importanti asset immateriali non completamente riflessi in bilancio, o a un’impresa immobiliare i cui beni sono iscritti a valori storici molto inferiori a quelli di mercato.
Il valore economico del patrimonio deve essere determinato attraverso una relazione giurata di stima redatta da un soggetto qualificato, individuato tra quelli di cui all’articolo 2409-bis, comma 1 del Codice Civile (revisori legali). In mancanza di tale relazione, il riporto delle perdite rimane ancorato al valore contabile risultante dall’ultimo bilancio.
Vediamo un esempio pratico: una società con perdite fiscali pari a 1 milione di euro e un patrimonio netto contabile di 500.000 euro, potrebbe dimostrare – attraverso una perizia giurata – che il valore economico del suo patrimonio è in realtà di 1,2 milioni di euro, consentendo così il riporto integrale delle perdite che altrimenti sarebbe limitato a 500.000 euro.
Il doppio test di vitalità nelle fusioni
La riforma introduce una novità significativa per le operazioni di fusione: il “doppio test di vitalità”. Mentre in precedenza la verifica dei requisiti di vitalità economica era limitata al periodo precedente l’operazione, la nuova normativa richiede che tali requisiti sussistano anche durante il periodo interinale.
Questo significa che le società partecipanti alla fusione devono dimostrare la loro vitalità non solo nei due esercizi precedenti, ma anche nel periodo che intercorre tra l’inizio dell’esercizio in corso al momento della fusione e la data di efficacia dell’operazione stessa.
A tal fine, è necessario predisporre un conto economico infrannuale che evidenzi ricavi dell’attività caratteristica e spese per prestazioni di lavoro subordinato, per verificare che superino la soglia del 40% rispetto alla media degli ultimi due esercizi.
Questa nuova previsione assimila di fatto le fusioni con retrodatazione degli effetti fiscali a quelle senza retrodatazione. Un cambiamento che richiederà maggiore attenzione nella pianificazione delle operazioni straordinarie e nella verifica preventiva dei requisiti.
Compensabilità infragruppo: la grande novità
La vera rivoluzione della riforma è rappresentata dall’introduzione del nuovo articolo 177-ter del TUIR, che stabilisce la libera compensabilità delle perdite fiscali all’interno dello stesso gruppo societario.
I limiti al riporto delle perdite (test di vitalità e parametro del patrimonio netto) non si applicano qualora le perdite siano state realizzate nei periodi d’imposta in cui le società partecipanti alla fusione facevano già parte dello stesso gruppo. Questa condizione si verifica quando sussiste il rapporto di controllo ai sensi dell’articolo 2359, commi 1, numero 1, e 2 del Codice Civile.
Il rapporto di controllo rilevante è quindi quello di “diritto”, basato sulla maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria, non quello “di fatto” basato sull’influenza dominante. La norma si applica sia quando una società controlla l’altra, sia quando tutte le società partecipanti all’operazione sono controllate dallo stesso soggetto.
La disapplicazione dei limiti opera esclusivamente per le perdite conseguite durante l’appartenenza al gruppo, oltre che per quelle antecedenti all’ingresso nel gruppo che abbiano già superato i test previsti dagli articoli 172 e 84 del TUIR.
Facciamo un esempio concreto: la società Alfa acquisisce il controllo della società Beta, che presenta perdite fiscali pregresse per 2 milioni di euro. Un anno dopo, le due società procedono a una fusione per incorporazione. In base alla nuova disciplina:
- per le perdite generate da Beta prima dell’ingresso nel gruppo, continueranno ad applicarsi i limiti ordinari (test di vitalità e parametro patrimoniale)
- per le perdite generate da Beta nel periodo di appartenenza al gruppo, non si applicherà alcuna limitazione al riporto
Questa innovazione normalizza situazioni che in precedenza potevano generare disparità di trattamento tra riorganizzazioni interne ai gruppi e altre operazioni straordinarie, rendendo più fluida la circolazione delle perdite fiscali all’interno di realtà economiche unitarie.
Profili applicativi e decorrenza
Il nuovo regime si applica alle operazioni effettuate dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto, quindi dal 2024 per i contribuenti con esercizio coincidente con l’anno solare. Le disposizioni trovano applicazione anche alle norme che regolano le eccedenze di interessi passivi e le eccedenze ACE.
La completa implementazione della riforma richiederà un ulteriore passaggio: la nuova disciplina rinvia infatti a un decreto di attuazione per l’individuazione di specifici criteri relativi alla determinazione del periodo di appartenenza al gruppo di ciascuna società. Questo aspetto risulterà cruciale per definire con precisione l’ambito temporale di applicazione della libera compensabilità infragruppo.
Considerazioni strategiche
Le modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 192/2024 richiedono un ripensamento delle strategie di pianificazione fiscale relative alle operazioni straordinarie. In particolare:
- La possibilità di utilizzare il valore economico anziché contabile del patrimonio netto amplia le opportunità di riporto delle perdite, ma richiede un’attenta valutazione costi-benefici legata alla predisposizione della relazione di stima
- Il doppio test di vitalità impone maggiore cautela nella gestione del periodo interinale delle fusioni, con possibili ripercussioni sul timing delle operazioni
- La libera compensabilità infragruppo rappresenta un’importante semplificazione per i gruppi societari, che potranno pianificare con maggiore flessibilità le proprie riorganizzazioni interne
- L’eliminazione del requisito minimo dei 10 dipendenti facilita l’accesso alla disapplicazione automatica delle limitazioni, con particolare vantaggio per le piccole e medie imprese
La riforma si inserisce in un contesto di progressiva razionalizzazione del sistema tributario, con l’obiettivo di contemperare esigenze di gettito e semplificazione degli adempimenti. L’approccio adottato dal legislatore appare orientato a una visione più sostanzialistica che formalistica, in linea con l’evoluzione della disciplina tributaria europea.