info@studiopizzano.it

Riforma fiscale del terzo settore: operatività dal 2026 dopo il via libera europeo

16 Giugno, 2025

Il settore no-profit italiano si prepara a una svolta epocale. Dal primo gennaio 2026 entrerà finalmente in vigore il regime fiscale del terzo settore previsto dal Decreto Legislativo 117/2017, meglio conosciuto come Codice del Terzo Settore. Una trasformazione normativa attesa da anni, che ora trova concretezza grazie al decreto-legge approvato dal Consiglio dei Ministri il 12 giugno 2025, il quale recepisce la comfort letter della Commissione Europea arrivata lo scorso marzo.

Stanco di leggere? Ascolta l’articolo in formato podcast.

1

Il percorso verso l’autorizzazione comunitaria

L’iter per l’applicazione della nuova disciplina fiscale ha richiesto un lungo confronto con le istituzioni europee. Il regime agevolativo previsto dal Codice, infatti, presentava profili di potenziale incompatibilità con la normativa comunitaria sugli aiuti di Stato – una questione che, nella prassi applicativa, spesso genera incertezze interpretative significative.

La Direzione Generale Competition della Commissione Europea ha trasmesso al Ministero del Lavoro, in data 7 marzo 2025, una comfort letter contenente la pre-autorizzazione del nuovo impianto fiscale. Tuttavia, come spesso accade in questi procedimenti, l’autorizzazione non è stata integrale: permangono infatti riserve su specifici istituti, in particolare sui titoli di solidarietà e su taluni aspetti del regime delle imprese sociali.

Modifiche strutturali al Codice del terzo settore

Il decreto-legge interviene chirurgicamente su alcuni articoli chiave del D.Lgs. 117/2017. La modifica più rilevante riguarda l’articolo 101, comma 10, che subordinava l’efficacia di diverse disposizioni al preventivo benestare comunitario.

Nella casistica comune, questa sospensione ha creato non poche difficoltà operative per gli enti del terzo settore, costretti a operare in un regime transitorio caratterizzato da incertezze applicative. Con la nuova formulazione normativa, potranno finalmente entrare in vigore:

  • L’articolo 79, comma 2-bis, sui limiti alle attività non commerciali;
  • L’articolo 80, relativo al regime forfettario degli enti;
  • L’articolo 86, che disciplina il regime forfettario per APS e ODV.16

Rimane invece sospeso l’articolo 77 sui titoli di solidarietà, strumento che – è opportuno notare – aveva suscitato particolare attenzione da parte delle autorità europee per i suoi possibili profili di incompatibilità.

Decorrenza temporale: i nuovi termini operativi

Particolarmente significativa risulta la riformulazione dell’articolo 104, comma 2, che fissava l’entrata in vigore del Titolo X al periodo d’imposta successivo all’autorizzazione comunitaria. La nuova formulazione stabilisce invece che il regime fiscale degli enti del terzo settore decorrerà dal periodo successivo “a quello in corso al 31 dicembre 2025”.

Questa modifica – apparentemente tecnica – ha in realtà rilevanti implicazioni pratiche: consente infatti agli operatori del settore di pianificare con certezza le proprie strategie fiscali per il 2026, eliminando l’incertezza sui tempi di implementazione che aveva caratterizzato gli anni precedenti.

Imprese sociali: regime delle riserve vincolate

Nel panorama delle novità operative merita particolare attenzione la modifica all’articolo 18, comma 9 del Codice, che disciplina il regime fiscale delle imprese sociali. Dal gennaio 2026, non concorreranno alla formazione del reddito le somme destinate a riserve legalmente vincolate all’esercizio di attività di interesse generale.

Questa disposizione – che nella giurisprudenza di legittimità ha talvolta generato interpretazioni divergenti – trova ora una collocazione temporale definita, offrendo agli operatori del settore uno strumento di pianificazione fiscale più efficace.

Il destino delle ONLUS: transizione obbligata

Un aspetto spesso trascurato nelle analisi della riforma riguarda la posizione delle Organizzazioni Non Lucrative di Utilità Sociale (ONLUS). Queste entità, che hanno rappresentato per decenni il pilastro del no-profit italiano, si trovano ora di fronte a una scelta obbligata.

Entro il 31 marzo 2026, le ONLUS dovranno necessariamente iscriversi al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS), adeguandosi così al nuovo framework normativo. L’alternativa – la devoluzione del patrimonio – appare nella pratica professionale una opzione residuale, considerati i costi e le complessità procedurali che comporta.

Articoli correlati