La pronuncia n. 19574/2025 della Corte di Cassazione segna un’autentica cesura con l’orientamento giurisprudenziale consolidato, estendendo il riconoscimento forfetario dei costi a tutti gli accertamenti presuntivi e superando definitivamente le distinzioni tra metodologie di verifica. Il principio, che trae origine dalla sentenza costituzionale n. 10/2023, ridisegna l’intero panorama degli accertamenti fiscali basati su presunzioni. Fino a questa decisione, operatori del diritto e contribuenti si erano confrontati con una prassi amministrativa che riservava il riconoscimento forfetario dei costi esclusivamente agli accertamenti induttivi “puri”, disciplinati dall’articolo 39, secondo comma, del DPR 600/73. Negli accertamenti analitico-induttivi, invece, l’amministrazione finanziaria applicava rigidamente l’articolo 109 del TUIR, imponendo al contribuente l’onere di dimostrare puntualmente ogni singolo costo sostenuto.
Riconoscimento forfetario costi accertamento presuntivo: dal paradosso applicativo alla razionalizzazione sistematica
Il quadro normativo precedente generava un paradosso di non poco conto: chi manteneva una contabilità sostanzialmente attendibile si trovava penalizzato rispetto a chi aveva tenuto scritture inaffidabili. Nel primo caso, infatti, l’amministrazione negava qualsiasi riconoscimento forfetario di costi; nel secondo, lo concedeva automaticamente. Una distorsione che la Cassazione ha finalmente sanato attraverso un ragionamento a fortiori di cristallina logicità.
La sentenza costituzionale n. 10/2023 aveva già posto le fondamenta di questa evoluzione interpretativa. La Consulta, pronunciandosi su accertamenti derivanti da movimentazioni bancarie non giustificate, aveva stabilito che dovesse essere riconosciuta una quota forfetaria di costi parametrata ai maggiori ricavi accertati. Il principio, tuttavia, restava circoscritto a quella specifica fattispecie.
Il salto qualitativo compiuto dalla Suprema Corte risiede nell’aver riconosciuto la portata generale di questo orientamento. Se nell’accertamento induttivo puro – dove l’inattendibilità della contabilità costituisce presupposto normativo – il riconoscimento forfetario trova giustificazione, a maggior ragione deve operare nell’accertamento analitico-induttivo, che presuppone invece l’attendibilità complessiva delle scritture contabili.
Casistica applicativa: dal tovagliometro alle percentuali di ricarico
L’impatto della pronuncia si estende a un ventaglio amplissimo di tipologie di accertamento. Il cosiddetto “tovagliometro”, utilizzato dall’amministrazione per ricostruire i ricavi dei ristoranti sulla base dei tovaglioli inviati in lavanderia, rappresenta solo la punta dell’iceberg di una metodologia che ha generato negli anni una variegata casistica giurisprudenziale.
Le Commissioni tributarie si sono pronunciate su accertamenti basati sui più diversi parametri: dal “bottigliometro” per stabilimenti che somministrano bevande al “farinometro” per panifici e pizzerie, dal “lenzuolometro” per strutture ricettive al “guantometro” per studi odontoiatrici. In tutti questi casi, l’amministrazione ricostruisce presuntivamente il volume d’affari partendo dal consumo di materiali ritenuti necessari per l’attività.
Non meno rilevanti sono gli accertamenti basati sulle percentuali di ricarico, strumento attraverso cui l’amministrazione determina maggiori ricavi applicando ai costi sostenuti per l’acquisizione delle merci margini di guadagno desunti da parametri di mercato. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che il ricorso alla media aritmetica semplice, anziché ponderale, è consentito solo in presenza di merci omogenee, spettando al contribuente dimostrare eventuali elementi di disomogeneità che possano influire sulla percentuale applicabile.
Particolare attenzione merita la situazione degli enti che subiscono il disconoscimento del carattere non commerciale. Questi soggetti, avendo operato senza necessità di dedurre costi per attività commerciale, beneficiano ora del principio del riconoscimento forfetario quando l’amministrazione procede all’accertamento di maggiori ricavi derivanti dalla riqualificazione della loro natura giuridica.
Meccanismi di quantificazione e parametri applicativi
La determinazione dell’entità del riconoscimento forfetario rappresenta uno degli aspetti più delicati dell’applicazione pratica del principio. La natura dell’attività esercitata costituisce il parametro fondamentale, ma la sua concreta applicazione richiede un’analisi caso per caso che tenga conto delle specificità settoriali.
Nell’esperienza applicativa, i professionisti hanno sviluppato diversi approcci metodologici. In sede di adesione all’accertamento, spesso si fa riferimento ai parametri settoriali elaborati dall’amministrazione per gli studi di settore, ormai superati ma ancora utilizzabili come elemento di confronto. Analogamente, nelle conciliazioni giudiziali si utilizzano le percentuali di redditività mediamente riscontrate nel comparto di riferimento.
La giurisprudenza di merito ha talvolta fatto ricorso a perizie economiche per determinare l’incidenza percentuale dei costi in imprese operanti nel medesimo settore e con caratteristiche similari. Questo approccio, seppur più oneroso, garantisce maggiore precisione nella quantificazione, riducendo il rischio di contenziosi successivi.
Un aspetto spesso trascurato riguarda la possibilità per il contribuente di fornire prova contraria, dimostrando l’effettivo sostenimento di costi in misura diversa da quella forfetariamente riconosciuta. Tale prova può essere offerta mediante presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, secondo i principi generali in materia probatoria codificati dall’articolo 2727 del Codice civile.
Disciplina differenziata nell’imposta sul valore aggiunto
Il sistema dell’IVA presenta profili di maggiore complessità, mantenendo una disciplina sostanzialmente diversa rispetto a quella delle imposte dirette. La recente pronuncia della Cassazione n. 5486 del 2 marzo 2025 ha ribadito che ai fini del riconoscimento della detrazione rimane necessaria la prova, a carico del contribuente, che i costi siano effettivamente riconducibili a operazioni imponibili concretamente realizzate.
Questa differenziazione trova spiegazione nella diversa struttura dell’imposta. Mentre nelle imposte dirette il riconoscimento forfetario attiene alla determinazione del reddito imponibile – dove la correlazione tra costi e ricavi risponde a logiche di capacità contributiva – nell’IVA la detrazione presuppone l’effettivo sostenimento di costi per operazioni che generano il diritto alla detrazione medesima.
La giurisprudenza comunitaria ha più volte precisato che il diritto alla detrazione IVA costituisce principio fondamentale del sistema comune dell’imposta, ma la sua applicazione richiede il rispetto di condizioni sostanziali e formali che non possono essere eluse attraverso presunzioni. Il contribuente deve quindi dimostrare non solo l’effettivo sostenimento del costo, ma anche la sua correlazione con operazioni soggette ad imposta.
Riflessi procedimentali e strumenti di tutela
L’orientamento delineato dalla Suprema Corte introduce importanti novità dal punto di vista procedimentale. Il riconoscimento forfetario dei costi non costituisce una mera facoltà dell’amministrazione, ma rappresenta un principio che deve essere applicato d’ufficio in tutti gli accertamenti di natura presuntiva.
Questa impostazione comporta la necessità per gli uffici di rivedere le proprie metodologie operative. I funzionari dovranno necessariamente considerare, nella determinazione dei maggiori redditi, una quota di costi correlata ai ricavi presunti, pena la nullità dell’accertamento per violazione del principio di capacità contributiva.
Dal punto di vista della tutela del contribuente, si aprono nuove prospettive strategiche. Negli accertamenti già notificati che non abbiano tenuto conto del principio, sarà possibile eccepire il vizio di motivazione per contrasto con i principi costituzionali. Nelle procedure di adesione e conciliazione, il riconoscimento forfetario dovrà essere negoziato come elemento imprescindibile dell’accordo.
La giurisprudenza di merito dovrà necessariamente adeguarsi a questo nuovo orientamento, sviluppando criteri omogenei per la quantificazione dei costi forfetari nei diversi settori di attività. Si prevede un periodo di assestamento durante il quale potrebbero emergere orientamenti contrastanti tra le diverse Commissioni tributarie, prima del consolidamento di una prassi uniforme.