La responsabilità processuale dell’amministratore nelle società a responsabilità limitata assume nuove dimensioni quando si configura la malafede nell’impugnazione del decreto di liquidazione giudiziale. La Cassazione civile ha ribadito con chiarezza che chi conferisce la procura al difensore sapendo dell’infondatezza del ricorso deve rispondere personalmente delle conseguenze economiche.
🕒 Cosa sapere in un minuto
- L’amministratore della SRL risponde personalmente dei costi se avvia ricorsi temerari contro lo stato d’insolvenza, specie in caso di accertata malafede.
- La Cassazione (sentenza 25402/2025) ha confermato la responsabilità autonoma dell’amministratore in caso di reclamo privo di fondamento.
- La normativa (art. 51, c. 15, D.Lgs. 14/2019, modificato dal D.Lgs. 136/2024) prevede una responsabilità sanzionatoria autonoma, anche senza domande di parte.
- Per la condanna occorre dimostrare che il conferimento della procura al difensore sia stato fatto con consapevole malafede.
- Le modifiche normative dal 28 settembre 2024 restringono i criteri, richiedendo oggi solo la malafede (non più anche la colpa grave o l’imprudenza).
- Solo l’amministratore può impugnare la propria condanna: ricorsi della società su tali sanzioni sono inammissibili.
Conferimento in malafede della procura processuale
Il rappresentante legale che agisce senza fondamento nella contestazione dello stato d’insolvenza non può sottrarsi alle spese processuali. La Prima Sezione civile della Suprema Corte, con la sentenza 25402 del 16 settembre 2025, ha confermato che la responsabilità autonoma dell’amministratore emerge quando il reclamo si rivela del tutto privo di basi giuridiche.
Nella prassi, questa fattispecie si manifesta quando l’organo gestorio, pur consapevole dell’impossibilità di contrastare efficacemente la dichiarazione di liquidazione giudiziale, procede ugualmente con l’impugnazione. Si consideri che la normativa vigente tutela i creditori da iniziative dilatorie che non hanno altro effetto se non quello di aggravare i costi della procedura.
Natura sanzionatoria della disciplina processuale
La responsabilità dell’amministratore secondo l’articolo 51, comma 15, del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza) presenta caratteri peculiari. Non si tratta di una mera conseguenza del soccombere della società, ma di un istituto a natura sanzionatoria che prescinde da specifiche richieste di parte.
Il giudice valuta autonomamente la condotta del legale rappresentante. Quando emerge la malafede – prima delle modifiche introdotte dal decreto legislativo 13 settembre 2024, n. 136, bastava anche la semplice colpa grave – scatta automaticamente la condanna in solido per le spese e gli altri oneri processuali.
È opportuno notare come questa responsabilità sia del tutto autonoma rispetto a quella della società. L’amministratore può contestare personalmente la condanna, mentre se lo fa la società il ricorso risulta inammissibile.
Meccanismo di dissuasione e tutela dei creditori
Il legislatore ha introdotto questa disciplina per dissuadere gli organi societari dal proporre reclami infondati. La ratio è evidente: il rigetto dell’impugnazione non comporta conseguenze negative dirette per la società soccombente, ma le produce eccome per i creditori della liquidazione giudiziale.
Si tratta di una “solidarietà diseguale”, come la definisce la Cassazione. I creditori si trovano gravati da costi prededucibili per l’attività del difensore della curatela, senza prospettive concrete di recupero nei confronti della società ormai insolvente. Il patrimonio è già acquisito all’attivo della procedura e il creditore istante non può trovare soddisfazione nella procedura concorsuale per le sue spese processuali.
Accertamento della malafede processuale
La condanna dell’amministratore presuppone l’accertamento di un fatto processuale specifico: la malafede nel conferire la procura al difensore. Non basta la mera soccombenza o l’infondatezza oggettiva del ricorso, occorre provare che il rappresentante legale era consapevole dell’inconsistenza delle proprie ragioni.
Come spesso accade nella giurisprudenza più recente, il tribunale deve verificare se sussisteva la consapevolezza dell’infondatezza del reclamo al momento del conferimento della procura. L’elemento soggettivo della malafede diventa centrale per l’applicazione della sanzione.
Evoluzione normativa e applicazione pratica
La disciplina ha subito significative modifiche con l’articolo 12, comma 9, lettera e) del decreto legislativo 136/2024, applicabile ai procedimenti pendenti dal 28 settembre 2024. La precedente formulazione richiedeva anche la “normale prudenza”, criterio che nella pratica professionale si dimostrava talvolta troppo severo.
Attualmente la valutazione si concentra esclusivamente sulla malafede, rendendo più precisa l’applicazione dell’istituto. Questo cambiamento risponde alle osservazioni della dottrina che criticavano l’eccessiva ampiezza del precedente parametro di giudizio.
La responsabilità civile amministratore SRL in questi casi non dipende dal fatto che la società abbia dato luogo a un giudizio infondato, ma dall’avere agito il manager in malafede. È una responsabilità autonoma che protegge l’interesse generale alla corretta amministrazione della giustizia concorsuale.
La giurisprudenza ha chiarito che solo l’amministratore può contestare la propria condanna personale. Se la società tenta di impugnare per conto del proprio rappresentante, il ricorso viene dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione attiva.