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Responsabilità amministratore SRL: quando non basta la crisi per rispondere

17 Settembre, 2025

Il Tribunale di Milano, sezione feriale, ha tracciato una linea netta con l’ordinanza del 21 agosto 2025. Gli amministratori delle società a responsabilità limitata non possono essere chiamati a rispondere automaticamente dei debiti sociali. Serve la dimostrazione inequivocabile di atti concreti di cattiva gestione che abbiano causato il pregiudizio al patrimonio dell’ente. Una sentenza che riaccende il dibattito sulla responsabilità amministratori SRL e sui confini dell’azione risarcitoria.

🕒 Cosa sapere in un minuto

  • Non basta la crisi per chiedere la responsabilità degli amministratori SRL: serve prova concreta di mala gestio che abbia causato il danno.
  • I requisiti per l’azione risarcitoria sono: credito certo, patrimonio insufficiente, violazione degli obblighi e nesso causale documentato.
  • Nessuna responsabilità automatica: il tribunale tutela la discrezionalità imprenditoriale (business judgment rule), salvo scelte arbitrarie o contrarie a lealtà e diligenza.
  • La semplice crisi non basta: è necessario individuare specifiche condotte dannose. Proseguire l’attività in perdita non implica di per sé responsabilità.
  • L’onere probatorio grava sul creditore; l’amministratore può discolparsi provando la correttezza delle proprie azioni.
  • La recente giurisprudenza distingue tra crisi fisiologica e responsabilità vera, richiedendo un impianto probatorio rigoroso.

I quattro pilastri dell’azione di responsabilità

La pronuncia milanese – che ha revocato un sequestro conservativo disposto in primo grado – ha ribadito i requisiti essenziali che il creditore deve dimostrare. Quattro elementi, per l’esattezza. Il credito deve essere certo ed esigibile, il patrimonio sociale insufficiente, l’inadempimento degli obblighi di conservazione provato e – qui sta il punto cruciale – il nesso causale tra condotta e danno deve risultare incontestabile.

Nel caso specifico, l’inerzia mostrata dagli amministratori nel costituirsi in giudizio è stata considerata insufficiente. Anche il mancato pagamento di alcuni debiti non ha raggiunto la soglia della mala gestio. La corte ha osservato come tali comportamenti si collocassero in una fase già caratterizzata dal dissesto societario, configurandosi quindi come conseguenza della crisi piuttosto che sua causa.

Quando l’insufficienza patrimoniale non convince

È opportuno notare che la semplice affermazione dell’insufficienza patrimoniale, priva di documentazione contabile di supporto, non soddisfa l’onere probatorio richiesto. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito questo aspetto con costante orientamento. Come spesso accade nella prassi applicativa, i creditori tendono a sottovalutare la complessità dell’impianto probatorio necessario.

La Cassazione, con la sentenza 24 febbraio 2014 n. 4377, aveva già stabilito che l’azione ex art. 2476, comma 6, del codice civile non può fondarsi su mere presunzioni. Occorrono fatti e atti gestori concreti che abbiano determinato un pregiudizio documentabile.

Il principio della business judgment rule

Il tribunale milanese ha richiamato un concetto fondamentale: la discrezionalità imprenditoriale merita tutela. Le decisioni d’impresa non possono essere valutate esclusivamente alla luce dell’esito negativo. L’attività economica comporta, per sua natura, l’esposizione al rischio d’impresa.

Il sindacato giudiziale trova spazio soltanto quando le scelte risultano manifestamente imprudenti o arbitrarie. Oppure quando vengono adottate in violazione degli obblighi di lealtà e diligenza professionale previsti dall’art. 1176, secondo comma, del codice civile.

L’evoluzione giurisprudenziale sulla responsabilità

La Suprema Corte ha delineato nel tempo confini sempre più precisi. Con la pronuncia del 3 febbraio 2017 n. 2954 è stata esclusa una responsabilità derivante automaticamente dalla carica rivestita. L’amministratore non risponde per il solo fatto di essere tale, né il socio di controllo per la sua posizione dominante.

Più recentemente, la decisione del 12 gennaio 2021 n. 296 ha negato qualsiasi forma di responsabilità oggettiva. L’addebito deve sempre collegarsi al singolo autore della condotta. Una volta allegata la violazione, secondo Cass. 1 settembre 2023 n. 25631, spetta all’amministratore dimostrare la conformità delle operazioni ai canoni di diligenza e correttezza.

Criticità ricorrenti nella casistica applicativa

Nella pratica professionale si osservano frequentemente errori nella costruzione dell’azione di responsabilità. I creditori spesso si limitano a invocare generiche situazioni di crisi, senza individuare le specifiche condotte dannose. L’esperienza applicativa dimostra che la mera dimostrazione del dissesto non è sufficiente.

Si consideri che la giurisprudenza ha talvolta interpretato in modo restrittivo anche comportamenti apparentemente gravi. La prosecuzione dell’attività in perdita, ad esempio, non integra automaticamente mala gestio se finalizzata al tentativo di risanamento dell’impresa.

Aspetti spesso trascurati: l’onere della prova

Un elemento fondamentale riguarda la distribuzione dell’onere probatorio. Ai sensi dell’art. 2476 c.c., comma 1, la società (o il creditore che ne agisce in nome) deve provare l’inadempimento degli obblighi amministrativi. L’amministratore può liberarsi dimostrando di essere esente da colpa o di aver fatto constare il proprio dissenso.

La natura contrattuale della responsabilità comporta che, una volta allegato l’inadempimento, competa all’amministratore la prova del corretto adempimento. Questa regola trova applicazione anche nelle ipotesi di distrazione di patrimonio sociale, come chiarito da Cass. n. 12567/2021.

Il futuro delle azioni di responsabilità

La decisione milanese si pone come monito per entrambe le parti in causa. I creditori devono predisporre un impianto probatorio più solido, documentando con precisione il nesso causale tra condotta e danno. Gli amministratori, dal canto loro, sono chiamati a documentare con maggior rigore la correttezza delle proprie scelte gestionali.

Il bilanciamento tra libertà d’impresa e tutela dei terzi trova in questa pronuncia un punto di equilibrio significativo. Solo distinguendo tra crisi fisiologica e vera responsabilità per mala gestio si può rafforzare la certezza del diritto nel sistema delle società di capitali.

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