La determinazione del momento iniziale per il decorso della prescrizione tributaria rappresenta una delle questioni più delicate nell’ambito del contenzioso fiscale. Il sistema normativo delinea un quadro articolato dove la notifica della cartella di pagamento non costituisce propriamente un’interruzione della prescrizione, quanto piuttosto il momento dal quale questa inizia effettivamente a decorrere.
Stanco di leggere? Ascolta l’articolo in formato podcast.
|
1
Il principio generale e le sue peculiarità nel diritto tributario
Secondo la regola codificata dall’articolo 2935 del Codice civile, la prescrizione ha inizio dal giorno in cui il diritto può essere concretamente esercitato. Nel sistema tributario, tuttavia – e qui sta la particolarità – questo principio subisce una significativa modulazione. Prima della notifica della cartella di pagamento o dell’accertamento esecutivo, il sistema fiscale risulta infatti governato da termini decadenziali, non prescrizionali.
La cartella di pagamento derivante da liquidazione automatica o controllo formale della dichiarazione non interrompe tecnicamente la prescrizione per la ragione sopra esposta, ma rappresenta il momento a partire dal quale la prescrizione inizia a decorrere. È una distinzione sottile ma fondamentale nella prassi applicativa.
Il dies a quo: sessanta giorni dalla notifica della cartella
L’articolo 25 del DPR 602/73 stabilisce che, in caso di notifica di una cartella di pagamento, il dies a quo della prescrizione dovrebbe coincidere con il 61° giorno dalla notifica stessa. La ratio di tale previsione risiede nel fatto che entro i primi sessanta giorni il contribuente non si trova ancora in mora e, conseguentemente, per l’Erario il diritto non può ancora essere fatto valere.
Questa interpretazione trova conferma nella giurisprudenza consolidata, come evidenziato dalle sentenze della Cassazione del 22 maggio 2024 n. 14312 e dell’8 settembre 2004 n. 18110. Nella pratica professionale si osserva spesso una certa confusione su questo aspetto temporale, che invece riveste importanza cruciale per la corretta gestione delle posizioni debitorie.
Accertamenti esecutivi: complessità interpretative
Per quanto concerne gli accertamenti esecutivi ex articolo 29 del DL 78/2010, la questione presenta profili di maggiore complessità. Il dies a quo potrebbe in questo caso coincidere con il giorno successivo allo spirare del termine per il ricorso, ma il tema – come spesso accade in materia tributaria – non è privo di zone d’ombra.
L’affidamento delle somme in riscossione avviene decorsi almeno trenta giorni dallo spirare del termine per il ricorso. Prima di questo termine dilatorio si potrebbe affermare che, nel peculiare sistema degli accertamenti esecutivi, il diritto non può essere ancora fatto valere. La prescrizione potrebbe allora iniziare a decorrere da quando spirano i trenta giorni: in altre parole, salvo cause di sospensione del termine per il ricorso, decorsi novanta giorni dalla notifica dell’accertamento.
È opportuno notare che, sempre ai sensi dell’articolo 29 del DL 78/2010, l’espropriazione (non anche fermi e ipoteche) è inibita per centottanta giorni dall’affidamento del carico. Tuttavia, ciò non rileva ai fini del decorso della prescrizione, considerato che tale sospensione opera solo se c’è il ricorso, che “congela” la prescrizione sino al giudicato.
L’impatto del ricorso: sospensione e nuovo decorso
Il discorso assume connotazioni molto diverse qualora si presenti ricorso contro l’accertamento esecutivo o la cartella di pagamento. In tal caso, la prescrizione si interrompe per effetto del ricorso stesso e rimane sospesa per tutto il corso del giudizio, iniziando a decorrere nuovamente da quando si forma il giudicato.
Gli articoli 2943 e 2945 del Codice civile disciplinano questo meccanismo, che nella casistica comune si traduce in un nuovo termine prescrizionale decennale, come confermato dalla giurisprudenza di legittimità (Cassazione 18 novembre 2022 n. 30718 e 2 marzo 2023 n. 6350).
Con il giudicato, la prescrizione decorre immediatamente. La successiva notifica di una cartella di pagamento o di un atto di rideterminazione delle somme ha l’effetto di interrompere una prescrizione che è già decorsa in un momento antecedente, ovvero con la formazione del giudicato stesso.
Gli atti interruttivi della prescrizione
Successivamente alla notifica della cartella di pagamento o dell’accertamento esecutivo, possono essere notificati al contribuente ulteriori atti che intimano il pagamento delle somme dovute. Si tratta di atti che – nella prassi applicativa – rivestono particolare rilevanza strategica.
Devono essere notificati entro i termini di prescrizione:
- l’intimazione ad adempiere ex articolo 50 del DPR 602/73;
- l’ipoteca esattoriale ex articolo 77 del DPR 602/73;
- il preavviso di fermo ex articolo 86 del DPR 602/73;
- l’atto di pignoramento.
Questi atti interrompono la prescrizione, sempre che siano notificati prima che la prescrizione stessa si sia formata – aspetto spesso trascurato nella pratica e fonte di contenziosi.
Nuovi termini prescrizionali dopo l’interruzione
Una volta notificati gli atti sopra menzionati, inizia un nuovo e ulteriore periodo di prescrizione. I termini variano a seconda della natura delle somme:
- dieci anni per le imposte erariali;
- cinque anni per le sanzioni (articolo 20 del D.Lgs. 472/97) e gli interessi (articolo 2948 c.c.);
- dieci anni per tutti gli importi se si è formato il giudicato.
Aspetti controversi sui termini di pagamento
Non sembra avere effetto sospensivo della prescrizione il termine di trenta giorni o di cinque giorni entro cui, notificati rispettivamente il preavviso di fermo o ipoteca o l’intimazione ad adempiere, gli importi devono essere pagati.
È vero che i menzionati atti intimano il pagamento nel termine indicato, ma il debitore risulta già in mora da quando sono spirati i sessanta giorni dalla notifica della cartella o dell’accertamento esecutivo o dalla formazione del giudicato. Risulta quindi difficile ipotizzare una qualsivoglia forma di “congelamento” della prescrizione per trenta o cinque giorni, che non può sommarsi al termine prescrizionale interrotto.
Nella giurisprudenza di merito si è talvolta interpretato diversamente questo aspetto, ma la prevalente dottrina e la Cassazione sembrano orientate verso la non rilevanza di tali brevi termini ai fini del decorso prescrizionale.