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Plusvalenza rivendita di immobili separazione: l’orientamento dell’Agenzia delle Entrate

17 Giugno, 2025

La recente risposta n. 153/2025 dell’Agenzia delle Entrate ha chiarito definitivamente una questione che – nella prassi professionale – genera spesso perplessità: quando un ex coniuge rivende entro cinque anni un immobile acquisito mediante sentenza di separazione o divorzio, si configura una plusvalenza imponibile secondo l’articolo 67, comma 1, lettera b) del TUIR.

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Il quadro normativo di riferimento e i precedenti interpretativi

La questione si inquadra nel complesso sistema delle plusvalenze immobiliari, disciplinato dal citato art. 67 del D.P.R. 917/1986. La norma, com’è noto, assoggetta a tassazione i redditi diversi derivanti da cessioni a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni.

L’elemento cruciale – e qui si inserisce la specificità del caso – risiede nella qualificazione del trasferimento immobiliare tra ex coniugi. La risoluzione 22/1984 aveva già precisato che simili operazioni vanno considerate “senz’altro a titolo oneroso”. Il fondamento giuridico è individuato nel fatto che la sentenza di divorzio pone un regolamento economico tra gli ex coniugi, configurando uno scambio tra il valore del fabbricato e la tacitazione delle pretese economiche.

La decorrenza del quinquennio: aspetti applicativi

Nella pratica professionale si osserva frequentemente incertezza circa il dies a quo per il computo del quinquennio. L’Agenzia delle Entrate chiarisce che occorre far riferimento alla data dell’atto notarile di trasferimento della quota immobiliare. Nel caso specifico oggetto dell’interpello, il 2023 rappresenta l’anno di acquisizione della quota dell’ex coniuge, da cui decorre il periodo quinquennale.

Questa impostazione – è opportuno sottolinearlo – trova coerenza con il principio generale secondo cui rileva il momento del perfezionamento giuridico del trasferimento, indipendentemente da quando sia intervenuta la separazione o il divorzio.

Il calcolo della plusvalenza: elementi tecnici e criticità

L’aspetto forse più delicato dal punto di vista operativo attiene alla quantificazione della plusvalenza. Secondo l’art. 68 del TUIR, questa è determinata dalla differenza tra la metà del corrispettivo percepito per la vendita dell’immobile e l’importo indicato negli atti quale valore della quota trasferita.

Nel caso esaminato dall’Agenzia, il valore attribuito alla quota acquisita ammonta a 30.000 euro. Tale importo – precisa l’amministrazione finanziaria – deve essere “aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo”, formula che nella casistica applicativa può generare non poche incertezze interpretative.

Profili di criticità nella gestione pratica

L’orientamento espresso, pur chiarendo aspetti fondamentali, lascia aperti alcuni interrogativi che meritano attenzione nella pratica professionale. Si consideri, ad esempio, la valorizzazione dei “costi inerenti al bene”: quali spese sostenute successivamente all’acquisizione possono essere considerate deducibili? La giurisprudenza ha talvolta interpretato in modo estensivo questa previsione, includendo anche oneri di manutenzione straordinaria.

Un altro aspetto spesso trascurato riguarda la documentazione probatoria. Nell’esperienza applicativa emerge frequentemente la difficoltà di dimostrare l’effettivo valore attribuito alla quota nel contesto della separazione, specialmente quando l’atto notarile non riporti indicazioni specifiche o quando il valore sia stato determinato mediante stime non formalizzate.

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