Dal 10 ottobre 2025 scatta per commercialisti, avvocati, consulenti del lavoro e tutte le altre professioni intellettuali un vincolo nuovo: comunicare ai clienti quando si utilizzano strumenti di intelligenza artificiale. La legge 23 settembre 2025, n. 132 impone una trasparenza che fino a ieri mancava del tutto. Chi adopera sistemi automatizzati per assistere il proprio lavoro dovrà dirlo. Chiaro. Semplice. Senza giri di parole. L’obbligo informativa intelligenza artificiale professionisti rappresenta un passaggio delicato. Non basta più lavorare bene, occorre anche spiegare come si lavora – almeno quando l’IA entra in gioco. La norma vuole tutelare il rapporto tra chi presta la consulenza e chi la riceve, mantenendo vivo quel legame di fiducia che da sempre caratterizza le professioni intellettuali.
🕒 Cosa sapere in un minuto
- Dal 10 ottobre 2025 i professionisti (commercialisti, avvocati, consulenti del lavoro, ecc.) devono informare i clienti sull’uso di sistemi di intelligenza artificiale nelle proprie attività.
- L’obbligo riguarda tutti i contratti di prestazione d’opera intellettuale, anche per chi non è iscritto ad albi.
- L’intelligenza artificiale può essere usata solo come supporto strumentale: il lavoro intellettuale umano resta prevalente e decisivo.
- È consigliabile fornire l’informativa per iscritto, ad esempio inserendo una clausola specifica nella lettera di incarico.
- La mancata informativa può comportare rischi disciplinari e conseguenze legali sul rapporto col cliente.
- L’obbligo si coordina con altre normative, in particolare con il GDPR e i codici deontologici.
Il quadro normativo di riferimento
La disciplina viene tracciata dall’art. 13 della legge n. 132/2025, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 223 del 25 settembre 2025. L’entrata in vigore è fissata per il 10 ottobre. Il testo della legge si affianca al Regolamento europeo 2024/1689 (il cosiddetto AI Act), ma non lo sostituisce. Si concentra piuttosto su aspetti specifici che il legislatore nazionale ha ritenuto necessario regolare con maggior dettaglio.
Nel complesso, la legge 132/2025 conta 28 articoli. Tocca diversi ambiti: dalla sanità alla giustizia, dalle professioni al mondo del lavoro. In particolare, per quanto riguarda chi esercita attività professionali, si stabilisce che l’utilizzo dell’IA è consentito solo per attività strumentali. Il lavoro intellettuale deve restare predominante.
Ambito di applicazione della norma
Secondo quanto previsto dalla legge, la disciplina si applica ai contratti di prestazione d’opera intellettuale. Quindi riguarda chi è iscritto agli ordini professionali (avvocati, dottori commercialisti ed esperti contabili, consulenti del lavoro, ingegneri, architetti, medici e così via). Ma anche i professionisti senza albo rientrano nell’obbligo quando svolgono attività intellettuali per conto di terzi.
Restano esclusi, invece, i contratti di cessione o utilizzo di opere intellettuali già realizzate. Un esempio? I contratti di edizione. Se un autore cede i diritti su un’opera già completata, non c’è obbligo di informativa sull’eventuale uso pregresso di intelligenza artificiale (anche se, nella prassi, potrebbe comunque essere opportuno dichiararlo per trasparenza).
Contenuti dell’informativa ai clienti
La norma non fissa uno schema rigido. Parla di linguaggio “chiaro, semplice ed esaustivo”. Tre aggettivi che però lasciano ampio margine interpretativo. Nella pratica professionale si osserva che sarà necessario indicare almeno:
- La possibilità per il professionista di avvalersi di sistemi di intelligenza artificiale durante l’esecuzione dell’incarico;
- La natura strumentale e di supporto di tali sistemi rispetto all’attività intellettuale vera e propria;
- Il fatto che la decisione finale e la responsabilità professionale restano in capo al professionista.
Il secondo comma dell’art. 13 prescrive che le informazioni sui sistemi di IA utilizzati vengano comunicate al destinatario della prestazione. Il rapporto fiduciario va preservato. L’IA non può diventare una scatola nera, ma deve restare uno strumento del quale il cliente è consapevole.
Forma scritta: prassi consigliabile
Anche se la legge non lo impone espressamente, la forma scritta appare la scelta più prudente. Del resto, dimostrare di aver adempiuto all’obbligo informativo potrebbe rivelarsi cruciale in caso di contestazioni. Per questo motivo molti professionisti stanno già predisponendo clausole apposite da inserire nelle lettere di incarico.
Un esempio pratico. Un commercialista che utilizza software di intelligenza artificiale per analizzare bilanci o per preparare dichiarazioni fiscali potrebbe inserire nella lettera di incarico una clausola del tipo: “Il professionista si avvale, nell’espletamento del proprio mandato, di sistemi di intelligenza artificiale per lo svolgimento di attività di supporto quali l’analisi preliminare della documentazione contabile e la verifica formale dei dati. Resta inteso che ogni valutazione professionale e ogni decisione tecnica sono rimesse esclusivamente al commercialista, il quale mantiene la piena responsabilità dell’attività svolta.”
Prevalenza del lavoro intellettuale
La legge 132/2025 pone un paletto netto: l’intelligenza artificiale può essere impiegata solo per attività strumentali. Il lavoro intellettuale deve rimanere prevalente. Questa prevalenza, però, va intesa in senso qualitativo più che quantitativo. Non conta tanto il tempo speso dall’IA rispetto a quello del professionista. Conta piuttosto che le scelte decisive, le valutazioni complesse, le interpretazioni normative restino affidate al pensiero critico umano.
Si consideri il caso di un avvocato che prepara un ricorso. Può benissimo usare un sistema di IA per fare ricerche giurisprudenziali, per individuare precedenti utili, magari anche per redigere una prima bozza del testo. Ma la strategia difensiva, la scelta degli argomenti, la valutazione delle prove devono restare sue. Il ragionamento giuridico non si delega a un algoritmo.
Aspetti operativi e modulistica
Dal punto di vista operativo, i professionisti dovranno aggiornare la propria modulistica entro il 10 ottobre. Le lettere di incarico andranno integrate con le clausole informative. I mandati già in corso potrebbero richiedere un’integrazione successiva, anche se su questo punto la legge non dice nulla di specifico.
Nella prassi applicativa si sta diffondendo l’idea di prevedere due livelli di informativa. Un primo livello generale, da inserire nella lettera di incarico, che avvisa il cliente della possibilità che vengano utilizzati strumenti di IA. Un secondo livello specifico, da fornire caso per caso, quando effettivamente si ricorre a tali strumenti per una determinata attività.
Sanzioni e conseguenze in caso di inadempimento
La legge 132/2025 non prevede sanzioni amministrative dirette per chi omette l’informativa. Tuttavia, il mancato rispetto dell’obbligo potrebbe configurare una violazione degli obblighi deontologici. Gli ordini professionali potrebbero quindi aprire procedimenti disciplinari. Inoltre, sul piano civilistico, la mancata informazione potrebbe incidere sulla validità del contratto o sulla responsabilità professionale in caso di errori.
È opportuno notare che il cliente, venuto a conoscenza di un utilizzo non dichiarato di sistemi di IA, potrebbe contestare la prestazione o rifiutare il pagamento del compenso. La giurisprudenza ha talvolta interpretato in modo rigoroso gli obblighi informativi nei rapporti professionali.
Coordinamento con altre discipline
La legge sull’intelligenza artificiale si affianca ad altre normative già esistenti. In particolare occorre considerare il Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR). Quando l’IA tratta dati personali dei clienti, scattano gli obblighi previsti dal GDPR: informativa privacy, base giuridica del trattamento, valutazione d’impatto se necessaria.
Anche i codici deontologici degli ordini professionali vanno rispettati. Per esempio, il codice deontologico forense vieta all’avvocato di delegare a terzi attività riservate alla professione. L’uso dell’IA deve quindi avvenire sotto il controllo diretto del professionista, senza compromettere il segreto professionale.
Profili di criticità ricorrenti
Alcuni aspetti della nuova disciplina sollevano dubbi. Anzitutto, cosa si intende esattamente per “attività strumentali”? La legge non lo specifica. Redigere un contratto con l’aiuto di un sistema di IA è attività strumentale o no? E generare una relazione tecnica?
Altro tema dibattuto: l’informativa va resa ogni volta che si usa l’IA, oppure basta una dichiarazione generica all’inizio del rapporto? La formulazione normativa lascia spazio a interpretazioni diverse. Una lettura rigorosa porterebbe a richiedere un’informativa puntuale. Una lettura più flessibile si accontenterebbe di un avviso generico nella lettera di incarico.
Formazione e adeguamento degli studi
Gli studi professionali dovranno dotarsi di procedure interne chiare. Non basta aggiornare i modelli contrattuali. Serve anche formare i collaboratori sull’uso corretto dell’intelligenza artificiale e sugli obblighi informativi connessi. L’art. 12 della legge 132/2025 istituisce un Osservatorio nazionale per l’IA nel lavoro, che avrà tra i suoi compiti la promozione della formazione.
Come spesso accade in questi casi, nei primi mesi ci sarà incertezza applicativa. Gli ordini professionali stanno già predisponendo linee guida e fac-simile. Si attendono anche chiarimenti da parte del Garante per la protezione dei dati personali, soprattutto per coordinare l’obbligo di informativa sull’IA con quello previsto dal GDPR.
Prospettive future e decreti attuativi
La legge 132/2025 contiene numerose deleghe al Governo. Entro 12 mesi dall’entrata in vigore dovranno essere emanati decreti legislativi di adeguamento al Regolamento europeo. Si parla anche di possibili fattispecie di reato per l’omessa adozione di misure di sicurezza nei sistemi di IA, quando da ciò derivi un pericolo concreto.
Sul fronte delle professioni, si attendono ulteriori specificazioni. L’art. 24, comma 2, lettera f) della legge prevede infatti una delega specifica per disciplinare meglio l’utilizzo dell’intelligenza artificiale nelle attività professionali. Potrebbero arrivare indicazioni più dettagliate su modalità e contenuti dell’informativa.
Impatto sul rapporto professionale
Al di là degli aspetti formali, l’obbligo di informativa ha una valenza importante. Serve a mantenere quel rapporto di fiducia che è alla base di ogni professione intellettuale. Il cliente deve sapere se il professionista si avvale di strumenti tecnologici avanzati. Deve poter valutare se accettare o meno questo tipo di assistenza.
D’altra parte, l’uso dell’IA non è per forza un disvalore. Anzi, può migliorare la qualità del servizio, ridurre i tempi, aumentare la precisione nelle attività ripetitive. Ma deve restare un alleato del professionista, non un sostituto. La decisione finale, quella che conta davvero, spetta sempre alla persona.
La legge cerca proprio di codificare questo equilibrio. L’intelligenza artificiale entra negli studi professionali, ma lo fa alla luce del sole. Con trasparenza. Con regole.