Il decreto correttivo-bis alla riforma fiscale ha modificato uno degli aspetti più controversi del concordato preventivo biennale: la decadenza automatica per mancato pagamento delle imposte concordate. Una novità che cambia radicalmente l’approccio del legislatore verso situazioni di inadempimento spesso marginali.
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Addio alla decadenza immediata: sessanta giorni di respiro
La modifica dell’articolo 22, comma 1, lettera e) del D.Lgs. n. 13 del 2024 rappresenta, secondo molti operatori del settore, un punto di svolta nella disciplina del concordato preventivo biennale. Prima dell’intervento correttivo, infatti, la notifica della comunicazione di irregolarità ex articolo 36-bis del DPR n. 600 del 1973 comportava automaticamente la decadenza dall’accordo.
Una rigidità che nella prassi si è rivelata particolarmente problematica – come spesso accade quando le norme non tengono conto delle dinamiche operative concrete. Si pensi alle società di persone: l’inadempimento di un singolo socio trascinava con sé l’intero accordo, con conseguenze evidentemente sproporzionate.
Il nuovo meccanismo introduce un termine dilatorio di sessanta giorni dalla notifica dell’avviso bonario per regolarizzare la posizione. Un intervallo temporale che, pur non essendo particolarmente generoso, consente quantomeno di rimediare a situazioni di inadempimento di modesta entità – errori di calcolo negli interessi, nelle sanzioni del ravvedimento operoso, piccole dimenticanze che prima costavano care.
L’efficacia retroattiva: una sanatoria per i concordati già sottoscritti
Un aspetto particolarmente significativo – e che merita attenzione – riguarda l’efficacia retroattiva della novella normativa. La relazione di accompagnamento chiarisce espressamente che l’eliminazione della causa di decadenza immediata si applica anche alle adesioni al concordato per il biennio 2024-2025 già perfezionate.
Si tratta di un intervento legislativo di carattere sostanzialmente sanante, che tutela i contribuenti che si sono trovati in situazioni di decadenza prima dell’entrata in vigore della modifica. Una scelta che, nella pratica professionale, si osserva sempre più frequentemente quando il legislatore si rende conto degli effetti eccessivamente punitivi di alcune disposizioni.
Il nodo irrisolto della rateizzazione
Rimane però un punto controverso – e non è cosa da poco. Il decreto correttivo richiama soltanto l’articolo 2 del D.Lgs. n. 462 del 1997, omettendo qualsiasi riferimento al successivo articolo 3-bis che disciplina la dilazione fino a venti rate trimestrali.
Questa lacuna normativa può essere interpretata in due modi diversi: da un lato, come volontà del legislatore di escludere la possibilità di rateizzazione, configurando così un termine perentorio di sessanta giorni. Dall’altro, considerando che la relazione illustrativa non fornisce chiarimenti specifici, non si può escludere un’interpretazione più estensiva che consenta il ricorso alla rateizzazione ordinaria.
È una questione che – come spesso accade in questi casi – verrà probabilmente risolta dalla prassi amministrativa e, eventualmente, dalla giurisprudenza. Nel frattempo, i professionisti del settore dovranno muoversi con cautela, valutando caso per caso l’opportunità di richiedere la rateizzazione.
Contributi previdenziali: un’area grigia da chiarire
C’è poi un aspetto spesso trascurato ma di notevole importanza pratica: il trattamento dei contributi previdenziali nell’ambito del meccanismo di decadenza modificato. Il concordato preventivo biennale, infatti, rileva anche ai fini della determinazione degli oneri contributivi, che vengono riscossi attraverso gli stessi meccanismi di controllo automatico previsti per le imposte dirette.
La coerenza sistematica dell’ordinamento tributario suggerirebbe l’applicazione del medesimo regime anche alle omissioni contributive – con conseguente possibilità di regolarizzazione entro i sessanta giorni. Tuttavia, l’assenza di un riferimento normativo esplicito potrebbe generare incertezze interpretative significative.
Nella casistica comune, questa lacuna potrebbe tradursi in difformità di trattamento a seconda dell’orientamento adottato dagli uffici competenti. Un rischio che i contribuenti e i loro consulenti dovranno tenere in considerazione nella gestione operativa del concordato.