Prosegue il balletto normativo attorno ai vantaggi fiscali legati agli investimenti produttivi. Stavolta ci ritroviamo ad analizzare come la Legge di Bilancio 2026 estende notevolmente i periodi per beneficiare dell’agevolazione sull’iperammortamento, spostando il fulcro rispetto a quanto accadeva con gli strumenti precedenti come la Transizione 4.0 e la Transizione 5.0.
🕒 Cosa sapere in un minuto
- Cos’è: Meccanismo che maggiora il costo fiscale dei beni strumentali nuovi per ridurre l’imponibile IRES/IRPEF
- Aliquote base: 180% (investimenti fino a €2,5M), 100% (€2,5M-€10M), 50% (€10M-€20M)
- Aliquote green: 220%, 140%, 90% con risparmio energetico 3%-5%
- Tempi: Investimenti dal 1° gennaio al 31 dicembre 2026, consegna fino al 30 giugno 2027
- Prenotazione: Accanto del 20% e ordine accettato entro il 31 dicembre 2026
- Comunicazione: Obbligatoria tramite piattaforma GSE con documentazione tecnica
- Benefici: Deduzione diretta dal reddito imponibile distribuita negli anni di ammortamento
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Come funziona l’incremento deducibile di costo
L’iperammortamento rappresenta fondamentalmente un meccanismo diverso dai crediti d’imposta che l’hanno preceduto. In sintesi, l’impresa che acquista un bene strumentale nuovo può contabilizzarlo per una cifra superiore al suo costo reale, sempre e solo ai fini della determinazione delle imposte sui redditi. Le maggiorazioni vaniano in base a degli scaglioni predefiniti. Se l’investimento non supera i 2 milioni e mezzo di euro, la deduzione aggiuntiva raggiunge il 180%, mentre dai 2,5 ai 10 milioni scende al 100%, e oltre questa soglia fino a 20 milioni si ferma al 50%.
Ma c’è di più. Se l’azienda riesce a certificare che l’investimento produrrà una riduzione dei consumi energetici – almeno del 3% sull’intera struttura o del 5% sui processi interessati – allora gli incrementi salgono rispettivamente al 220%, 140% e 90%.
Differenza rispetto ai crediti d’imposta precedenti
Qui sta il punto cruciale che distingue il nuovo iperammortamento dai predecessori Transizione 4.0 e 5.0. Queste ultime misure offrivano un credito fiscale compensabile in tre quote annuali attraverso il modulo F24. Invece, il nuovo strumento 2026 opera direttamente sul reddito imponibile dell’azienda: maggiora il costo del bene, che si traduce automaticamente in una minore base su cui calcolare l’IRES o l’IRPEF. L’effetto è più lento ma anche più sicuro, perché non dipende dalla disponibilità di redditi per utilizzare il credito.
Prendiamo un esempio concreto. Un’impresa effettua un investimento di 1 milione di euro nel 2026 in un macchinario interconnesso ai propri sistemi di gestione della produzione e rientrante negli Allegati A della legge 232 del 2016. Grazie all’iperammortamento, potrà dedurre il costo come se fosse stato pari a 2,8 milioni – cioè il valore originario maggiorato del 180%. Se l’aliquota IRES è al 24%, il risparmio annuale in termini di imposte evitate ammonta a circa 432 mila euro. Però questo vantaggio non è istantaneo: si distribuisce negli anni in base alla vita utile del bene secondo i coefficienti del Decreto 31 dicembre 1988.
Tempi allungati per l’agevolazione
La novità rilevante è che la fruizione del beneficio si estende nel tempo, non concentrandosi in pochi anni come con il credito d’imposta precedente. Considerando un coefficiente di ammortamento fiscale del 10% – ipotesi che si applica spesso per macchinari industriali di utilizzo generale – il bene verrebbe ammortizzato su 11 anni. In questo lasso temporale l’impresa beneficia progressivamente della riduzione di reddito imponibile.
Se però la perdita fiscale dovesse diventare infruttucosa in un determinato periodo di imposta successivo – circostanza che può verificarsi in situazioni patologiche per l’azienda – allora i componenti negativi residui rimangono inutilizzati se non portabili in avanti secondo le regole ordinarie. La norma prevede che l’agevolazione non si trasforma in un credito permanente; il beneficio si concretizza unicamente quando e se l’impresa produce imponibile su cui applicare la deduzione.
Beni e investimenti ammissibili
Gli investimenti agevolabili riguardano beni strumentali materiali e immateriali ricondducibili agli Allegati A e B della legge 232/2016, purché interconnessi al sistema aziendale o destinati all’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili per autoconsumo. Rientrano quindi macchinari, impianti, software, sensori, sistemi di automazione, nonché impianti fotovoltaici e sistemi di accumulo energetico.
La platea è ampia ma non indiscriminata. Le imprese agricole risultano escluse – per loro è prevista una disciplina ad hoc – mentre restano fuori anche le società in stato di liquidazione, fallimento o assoggettate a procedure concorsuali.
Modalità di comunicazione al GSE
Qui emerge un aspetto operativo importante: a differenza del passato, l’accesso all’agevolazione richiede la trasmissione di comunicazioni telematiche attraverso una piattaforma del Gestore dei Servizi Energetici (GSE). Le imprese dovranno fornire documentazione e certificazioni concernenti gli investimenti agevolabili, seguendo modelli standardizzati che verranno definiti da un decreto ministeriale attuativo entro 30 giorni dall’approvazione della legge di bilancio.
Per i beni 4.0 occorre produrre documentazione che attesti le caratteristiche tecniche e l’interconnessione ai sistemi aziendali, spesso attraverso perizie asseverate da ingegneri o periti iscritti agli albi professionali. Nel caso di investimenti verdi, sarà necessaria documentazione relativa al risparmio energetico conseguito, salvo ricadere in alcune situazioni semplificate previste dalla norma.
Recuperabilità e limiti della deduzioni
Un aspetto non margginale riguarda la possibilità di recuperare il beneficio fiscale in anni successivi. La norma chiarisce che se l’azienda produce reddito imponibile solo in un momento temporale posteriore all’investimento, le deduzioni riportabili vanno utilizzate secondo i criteri ordinari della fiscalità italiana. Non v’è alcuna garanzia che la perdita agevolativa si trasformi in credito permanente utilizzabile; semplicemente rimane un reddito negativo nel primo periodo d’imposta.
Ad esempio, si considerino gli effetti di una temporanea situazione di perdita nel corso dell’esercizio 2026-2027: se l’impresa produce reddito nuovamente nel 2028, e nel frattempo non ha potuto utilizzare la deduzione sull’iperammortamento, questo componente negativo potrà essere computato secondo le norme sulla compensazione temporale dei redditi.
Scenario temporale
L’orizzonte temporale per pianificare gli investimenti è piuttosto concentrato. La finestra di fruizione è limitata agli investimenti effettuati tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2026, con la possibilità di completamento entro il 30 giugno 2027 qualora entro la fine del 2026 siano stati versati acconti pari almeno al 20% del costo e risulti accettato l’ordine dal fornitore.
Ciò significa che le aziende interessate devono pianificare con tempestività le proprie strategie di investimento nel corso del 2025 se vogliono beneficiare pienamente della misura. Non si tratta di un’agevolazione strutturale o almeno pluriennale, ma di un’opportunità con scadenza piuttosto rigida.



