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deduzione IRAP Marchi

Limiti di deduzione IRAP marchi: i vincoli fiscali sulla proprietà immateriale

5 Novembre, 2025

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La questione della deducibilità dei marchi ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive rappresenta uno dei nodi più delicati della prassi tributaria contemporanea. L’introduzione di nuovi vincoli normativi ha infatti circoscritto significativamente lo spazio di manovra dei soggetti che operano nel settore industriale e commerciale, costringendoli a riconsiderare profondamente la gestione del proprio patrimonio immateriale. Si tratta di una riforma che incide direttamente sulla determinazione della base imponibile e che richiede una comprensione approfondita dei meccanismi fiscali sottostanti.

🕒 Cosa sapere in un minuto

  • Limite alla deduzione: I marchi sono deducibili ai fini IRAP in misura non superiore a 1/18 del costo annualmente (18 anni di ammortamento), secondo l’articolo 103 del Tuir.
  • Riforma 2022: Il maggior valore attribuito ai marchi in sede di rivalutazione o riallineamento è deducibile solamente in misura non superiore a 1/50 per ciascun periodo d’imposta (50 anni), significativamente più restrittivo rispetto al regime ordinario.
  • Ambito applicativo: La disciplina riguarda marchi d’impresa, avviamento e attività immateriali a vita utile indefinita (articoli 5, 6 e 7 del Dlgs 446/1997). Altre immobilizzazioni immateriali restano soggette al limite del 50%.
  • Impatto sulla base imponibile: La differenza tra ammortamento civilistico (spesso più accelerato) e quota fiscale (limitata a 1/18) genera una ripresa a tassazione che aumenta direttamente il carico IRAP.
  • Regime transitorio: I marchi acquisiti precedentemente alle nuove limitazioni mantengono il regime previgente sino al completamento dell’ammortamento, salvo rivalutazioni o riallineamenti.
⚠️ Consiglio operativo: Procedere a una ricognizione puntuale del patrimonio immateriale e valutare attentamente la convenienza dei riallineamenti previsti sino al 31 dicembre 2025. In caso di incertezza, è opportuno ricorrere all’interpello ordinario presso l’Agenzia delle Entrate.

Quando i marchi incontrano i limiti dell’IRAP

La normativa vigente in materia di deducibilità dei marchi ai fini dell’imposta regionale affonda le radici nell’articolo 103 del Tuir, il quale stabilisce che le quote di ammortamento relative al costo dei marchi d’impresa sono deducibili in misura non superiore a un diciottesimo del costo medesimo. Questa disposizione ha trovato poi applicazione nel contesto IRAP mediante i richiami contenuti negli articoli 5, 6 e 7 del decreto istitutivo della stessa imposta (Dlgs 446/1997).

La precedente disciplina, contenuta nell’articolo 103 commi 3-bis del Tuir, prevedeva però un regime specifico per i soggetti che redigessero il bilancio secondo i principi contabili internazionali: in tal caso, la deduzione del costo dei marchi era ammessa alle medesime condizioni e con i medesimi limiti annuali previsti dalla norma ordinaria, prescindendo dall’imputazione effettuata al conto economico. Un simile approccio si dimostrava particolarmente rilevante per le società di dimensioni significative, dove i modelli contabili risultano frequentemente strutturati secondo i principi IAS/IFRS.

Con la riforma tributaria introdotta dal D.Lgs. 15 dicembre 1997, numero 446, il legislatore ha sottoposto i marchi al medesimo regime di cui agli ammortamenti ordinari: vale a dire, una deduzione in diciottesimi del costo, il che equivale a un arco temporale di 18 anni per il completo ammortamento fiscale della voce. Questo significa che un marchio acquisito per un importo di 36.000 euro avrà una deduzione annuale massima pari a 2.000 euro, ossia esattamente un diciottesimo della spesa iniziale.

La riforma della legge di bilancio 2022 e le novità sulla rivalutazione

A partire dall’esercizio 2022, la legge di bilancio ha introdotto modifiche significative mediante l’articolo 110, comma 8-ter, del Decreto-Legge 14 agosto 2020, numero 104. La novità normativa interviene specificamente sulla questione della deduzione dei maggiori valori attribuiti ai marchi in sede di rivalutazione o di riallineamento contabile.

La Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate numero 46 del 2 agosto 2022 ha fornito un primo chiarimento sull’ambito applicativo di tale norma. Secondo tale pronunciamento amministrativo, la deduzione ai fini sia dell’IRES che dell’IRAP del maggior valore rivalutato e imputato ai marchi è effettuata in misura non superiore, per ciascun periodo d’imposta, a un cinquantesimo di detto importo. Una precisazione tecnica di rilevanza fondamentale: il rinvio all’articolo 103 del Tuir individua il perimetro dei beni interessati in base al limite della deducibilità in diciottesimi, quindi marchi e avviamento rappresentano il nucleo centrale della disciplina.

Per comprendere l’impatto pratico: qualora un’impresa procedesse al riallineamento di un marchio rivalutandolo da 100.000 a 150.000 euro (generando therefore un maggior valore di 50.000), la deduzione annuale non potrà superare 1.000 euro, corrispondenti appunto al cinquantesimo dell’incremento rivalutato. Questo schema comporta un allungamento significativo del periodo di recupero fiscale, rispetto ai 18 anni previsti per l’ammortamento ordinario.

Le attività immateriali a vita utile indefinita: un’estensione del regime

La riforma ha esteso il regime dei marchi anche alle attività immateriali a vita utile indefinita secondo la classificazione contenuta nell’articolo 10 del Decreto Ministeriale 8 giugno 2011. In tali ipotesi, la deduzione risulta ammissibile, indipendentemente dall’imputazione civilistica al conto economico, alle medesime condizioni e con i medesimi limiti annuali previsti per i marchi d’impresa.

Questa estensione si rivela particolarmente rilevante nel contesto delle licenze software perpetue, dei diritti d’uso perpetui e, più in generale, di quei beni immateriali caratterizzati da una durata indefinita secondo i principi contabili nazionali. La Prassi amministrativa ha tuttavia precisato che non rientrano in tale ambito le attività immateriali diverse dai marchi e dall’avviamento, per le quali la deducibilità rimane circoscritta al 50 per cento della quota di ammortamento, come previsto nel primo comma dell’articolo 103 Tuir (si pensi ad esempio ai brevetti industriali e ai diritti d’autore).

Implicazioni sulla base imponibile IRAP

Ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive, la disciplina sulla deducibilità dei marchi produce conseguenze dirette sulla determinazione della base imponibile stessa. Secondo quanto previsto dall’articolo 5 del Dlgs 446/1997, la base imponibile si determina come differenza fra i ricavi lordi e una serie articolata di costi deducibili, tra cui figurano appunto gli ammortamenti dei beni immateriali.

Le società industriali di dimensioni medio-grandi, particolarmente se dotate di un patrimonio di marchi significativo, risultano più direttamente interessate da tali limitazioni. Nel contesto della prassi professionale si osserva come i soggetti cui sono riconducibili più marchi di valore considerevole tendono a subire una maggiore pressione tributaria derivante dall’impossibilità di dedurre in misura integrale l’ammortamento contabilizzato: la differenza tra la quota civilistica (frequentemente ammortizzata su periodi più brevi) e la quota fiscale (limitata a un diciottesimo) genera una ripresa a tassazione che incide significativamente sul carico di imposta regionale.

Aspetti procedurali e dichiarativi

A partire dal 2026, il Modello IRAP ha subito adeguamenti procedurali per garantire la corretta esposizione dei dati relativi ai marchi e alle attività immateriali. La dichiarazione deve infatti evidenziare sia la quota civilistica di ammortamento che il correlato limite fiscale, consentendo ai verificatori dell’Agenzia delle Entrate di procedere a opportuni controlli di coerenza.

La Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate numero 40/2022, ribadita nella risposta a interpello successiva, ha inoltre chiarito che non sono applicabili variazioni automatiche all’ammortamento contabilizzato: il calcolo della deduzione fiscale deve infatti partire dalla determinazione della quota ordinaria di ammortamento civilistico e successivamente applicare il limite del diciottesimo ove questo risulti più restrittivo.

Il regime transitorio e le criticità ricorrenti

Una considerazione di particolare importanza riguarda il regime transitorio previsto per i soggetti che avevano già in corso l’ammortamento di marchi secondo le regole previgenti. L’Agenzia delle Entrate ha chiarito, attraverso differenti pronunce interpretative, che i marchi acquisiti anteriormente all’entrata in vigore delle nuove limitazioni continueranno a seguire il regime previgente fino al completamento dell’ammortamento medesimo, salvo che non intervengano rivalutazioni o riallineamenti.

Nel contesto della prassi applicativa ricorrono frequentemente situazioni di conflitto interpretativo riguardanti: i) il momento dell’acquisizione effettiva del marchio ai fini dell’applicazione delle disposizioni transitive; ii) la corretta imputazione della ricarica nei casi di apporto in natura di marchi tra società; iii) la gestione fiscale nei processi di fusione e scissione che interessino società dotate di patrimoni di marchi rilevanti. Nella maggioranza dei casi è opportuno procedere mediante interpello ordinario all’Agenzia delle Entrate per ottenere certezza interpretativa.

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