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Legge di bilancio 2026: liquidazione automatica IVA per dichiarazioni omesse

28 Ottobre, 2025

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L’articolo 25 del disegno di legge di bilancio 2026 segna un cambio di passo nel contrasto all’evasione fiscale. Introduce un meccanismo che consente all’Agenzia delle Entrate di determinare in via automatizzata l’importo dell’IVA dovuta quando un contribuente omette di presentare la dichiarazione annuale. Il nuovo articolo 54-bis.1 del D.P.R. n. 633/1972 utilizza i dati già in possesso dell’Amministrazione (fatture elettroniche, corrispettivi telematici, liquidazioni periodiche) per ricostruire la posizione fiscale. Il contribuente dispone di 60 giorni dalla comunicazione per contestare o pagare. La sanzione ordinaria si riduce a un terzo se saldato entro questo termine.

🕒 Cosa sapere in un minuto

  • Novità: L’articolo 25 della Legge di Bilancio 2026 introduce la liquidazione automatica IVA per dichiarazioni omesse
  • Come funziona: L’Agenzia delle Entrate utilizza fatture elettroniche, corrispettivi telematici e LIPE per calcolare l’IVA dovuta automaticamente
  • Tempistica: Il contribuente ha 60 giorni dalla comunicazione per contestare, fornire elementi nuovi o pagare
  • Sanzioni: 120% dell’imposta dovuta, riducibile a un terzo (40%) se si paga entro 60 giorni
  • Limiti calcolo: Non viene considerato il credito IVA dell’anno precedente, ma solo i versamenti effettivamente pagati
  • Criticità: Procedura problematica per regimi speciali (IVA per cassa, agenzie viaggio, beni usati)
  • Divieti: Non è ammessa la compensazione con modello F24 né con crediti erariali
  • Termine: La liquidazione può avvenire entro il 31 dicembre del settimo anno successivo all’omissione

I fondamenti della riforma

La trasformazione digitale del sistema tributario ha radicalmente modificato il rapporto tra fisco e contribuenti. La fatturazione elettronica obbligatoria e la trasmissione telematica dei corrispettivi hanno conferito all’Agenzia uno straordinario patrimonio informativo. Cosa diversa dagli anni passati, quando l’Amministrazione doveva affidarsi ai dati dichiarativi per ricostruire posizioni tributarie incomplete o assenti. Oggi quei dati, semplicemente, ci sono già. Finiscono nei server dell’Agenzia in tempo reale.

La bozza della manovra 2026 legittima questa disponibilità informativa per anticipare i tempi di recupero. Non più solo accertamenti lunghi e articolati. L’obiettivo è più immediato: quando manca la dichiarazione IVA, l’Amministrazione procede a una liquidazione d’ufficio e la comunica al contribuente. Niente attese di anni per avviare controlli complessi.

Il nuovo articolo 54-bis.1 del decreto IVA

La disposizione inserisce nel D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 un nuovo articolo che attribuisce all’Agenzia delle Entrate una facoltà tanto semplice quanto incisiva. Può procedere, senza pregiudizio dell’azione accertatrice, alla liquidazione dell’IVA dovuta in caso di omessa presentazione della dichiarazione annuale. L’avverbio “anche” presente nel testo normativo chiarisce un aspetto cruciale: la liquidazione può avvenire attraverso procedure automatizzate. Non richiede intervento umano, cioè. Pura elaborazione algoritmica dei dati.

Il termine entro cui l’Agenzia può intervenire coincide con quello previsto per l’accertamento in caso di omessa dichiarazione. Vale a dire il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata. Questo termine si ricava dall’articolo 57, secondo comma, dello stesso decreto IVA. Dunque, la liquidazione non beneficia di tempi diversi. Rimane ancorata ai consolidati termini di decadenza.

Come la liquidazione automatica attinge ai dati disponibili

L’ordinamento tributario moderno fornisce all’Agenzia tre tipologie di informazioni per ricostruire la posizione IVA:

  • Le fatture elettroniche trasmesse attraverso il Sistema di Interscambio sono il primo pilastro. Ogni operazione attiva (vendita o prestazione) genera una traccia digitale. Ogni fattura ricevuta rappresenta invece potenziali detrazioni.
  • I corrispettivi telematici costituiscono il secondo elemento. I registratori di cassa telematici trasmettono giornalmente i dati relativi alle operazioni al dettaglio. Dal primo gennaio 2026, l’obbligo di collegamento tra Pos e registratore di cassa amplifica ulteriormente questa tracciabilità.
  • Infine, le comunicazioni delle liquidazioni periodiche (LIPE). Si tratta di riepiloghi mensili o trimestrali che il contribuente trasmette mensilmente all’Agenzia. Contengono i dati sugli acquisti e le vendite, l’IVA dovuta, quella detratta e i versamenti effettuati.

Accanto a queste fonti, si pone una questione importante: secondo la norma, è considerata omessa anche la dichiarazione che sia stata presentata, ma priva dei quadri necessari per calcolare l’imposta dovuta. Significa che una presentazione formale, ma svuotata dei dati essenziali, non ripara dall’intervento automatico dell’Agenzia. È una precisazione che lascia intendere come il legislatore intenda colpire anche le omissioni “parziali” e non solo quelle integrali.

I criteri di calcolo: il tema cruciale dei crediti

La norma specifica due regole fondamentali per la fase di liquidazione automatizzata. Entrambe incidono significativamente sul risultato finale.

Primo criterio: non si tiene conto del credito IVA risultante dalla dichiarazione presentata per il periodo d’imposta precedente. Se un contribuente aveva maturato un credito nell’anno precedente a quello oggetto di liquidazione, quell’ammontare viene semplicemente ignorato. L’imposta viene calcolata come se quel credito non esistesse. È una scelta consapevole del legislatore, volta a irrigidire il calcolo e a rendere più certa la riscossione iniziale.

Secondo criterio: dall’imposta dovuta sono scomputati solo i versamenti IVA effettivamente versati dal contribuente durante l’anno di riferimento. Non il credito pregresso, dunque. Non neppure ritenute o acconti versati per altri periodi d’imposta. Solo i versamenti afferenti all’anno oggetto di liquidazione.

Questa configurazione genera una questione strutturale che merita attenzione. Il testo della bozza, con una formulazione non del tutto perspicua, afferma che la liquidazione avviene “sulla base delle fatture elettroniche emesse e ricevute”. Come però le fatture ricevute incidono sul calcolo automatico rimane oscuro. Se una fattura ricevuta documenta un acquisto, questo potrebbe legittimamente ridurre l’IVA dovuta. Ma il criterio secondo il quale scomputare solo i versamenti potrebbe comportare il mancato riconoscimento della detrazione sulla base del meccanismo ordinario.

È qui che emerge una critica significativa. Una procedura basata su dati automatici, che non consideri i crediti pregressi e si limiti a sottrarre versamenti, è difficilmente adatta a situazioni complesse. Soprattutto quando entrano in gioco regimi IVA particolari.

Regimi speciali: una criticità strutturale

La procedura automatizzata appare inapplicabile, o comunque fortemente problematica, quando il contribuente adotta regimi IVA diversi da quello ordinario. Facciamo alcuni esempi concreti.

Chi aderisce al regime dell’IVA per cassa (articolo 32-bis, D.P.R. n. 633/1972) vede differito l’esigibilità dell’imposta al momento dell’incasso o del pagamento. I dati sugli incassi non sono immediatamente a disposizione dell’Agenzia. Un algoritmo che calcoli l’IVA sulla base dei soli corrispettivi commette inevitabilmente errori.

Analogo problema per i regimi “base da base”. Le agenzie di viaggio (articolo 74-ter del decreto IVA) calcolano l’imposta sulla differenza tra corrispettivo e costo della prestazione, non sull’importo lordo. I beni usati (D.L. n. 41/1995) seguono lo stesso principio. Il prezzo della fattura non è il dato rilevante. Conta la “base imponibile ridotta”, cioè il margine. Una liquidazione meccanica basata sui soli corrispettivi produrrebbe esiti enormemente errati.

È lecito attendersi, dunque, che i provvedimenti attuativi dell’Agenzia (il cui Direttore adotterà norme interpretative) dovranno circoscrivere l’applicazione del nuovo articolo 54-bis.1 ai soli contribuenti in regime ordinario. O almeno dovranno prevedere eccezioni significative per le situazioni particolari.

La comunicazione al contribuente: accesso al contraddittorio

Qualora dai dati emerga un’imposta da versare, il primo step è la comunicazione della liquidazione al contribuente. Non si tratta di un avviso di accertamento. È una comunicazione amministrativa che apre uno spazio di dialogo.

Il contribuente dispone di 60 giorni dalla comunicazione per intraprendere due azioni alternative.

Può innanzitutto segnalare all’Agenzia dati o elementi non considerati, oppure valutati erroneamente. Il contraddittorio rimane dunque possibile. Questo è il momento in cui, ad esempio, un artigiano potrebbe documentare che quel corrispettivo in realtà era relativo a un’operazione non imponibile, oppure che una fattura era stata stornata successivamente. L’Agenzia è tenuta a valutare le segnalazioni.

Può altresì procedere al versamento dell’importo liquidato, unitamente agli interessi e alle sanzioni dovute. Se sceglie questa strada, paga subito e le questioni meritocratiche si affrontano successivamente, eventualmente mediante ricorso.

Se il contribuente fornisce elementi ritenuti idonei a modificare l’importo, l’esito viene comunicato nuovamente. Da quella seconda comunicazione decorre un ulteriore termine di 60 giorni. Non è dunque un’unica occasione per dialogare. Il contraddittorio può snodarsi attraverso scambi successivi, almeno finché emergono elementi nuovi e rilevanti.

Cosa accade se il contribuente non reagisce

Decorsi 60 giorni senza risposta adeguata, oppure qualora i chiarimenti forniti non siano ritenuti idonei, scatta un meccanismo rigido. Le somme dovute per imposta, sanzioni e interessi sono iscritte direttamente nei ruoli a titolo definitivo. Ciò avviene in forza dell’articolo 14 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602.

L’iscrizione a ruolo a titolo definitivo è un momento cruciale perché legittima l’avvio immediato della riscossione coattiva. Non c’è più spazio per contraddittorio. L’Amministrazione procede alla notificazione del ruolo e può iniziare il pignoramento secondo le regole ordinarie di riscossione forzosa.

Una norma atipica riguarda le modalità di pagamento. Per le somme comunicate tramite liquidazione automatica, non è ammessa la compensazione mediante modello F24. Quindi il contribuente non può utilizzare il classico quadro del modello per compensare il debito IVA con crediti verso altri enti. Questa limitazione prosegue anche dopo l’iscrizione a ruolo: non è ammessa la compensazione con crediti erariali secondo le regole dell’articolo 31 del D.L. n. 78/2010.

È una misura che, da un lato, accelera la riscossione, ma dall’altro riduce significativamente le tutele procedurali ordinariamente disponibili al contribuente.

Sanzioni: il calcolo e la riduzione

La sanzione applicata è quella prevista dall’articolo 5, primo comma, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471. Corrisponde al 120% dell’ammontare del tributo dovuto, con un minimo di 250 euro.

Qui il calcolo è importante da comprendere. La sanzione non è commisurata al tributo ordinario, ma a quello liquidato dall’Ufficio secondo i criteri sopra descritti. Se l’Agenzia liquida 10.000 euro di IVA, la sanzione sarà il 120% di 10.000, cioè 12.000 euro, salvo che non risulti inferiore al minimale di 250 euro.

Un’apertura significativa si pone però sul versante della riduzione. Se il contribuente versa le somme dovute (imposta, interessi e sanzione) entro i 60 giorni dalla comunicazione, la sanzione viene ridotta a un terzo del suo importo ordinario. Nel nostro esempio, da 12.000 euro diventerebbe 4.000 euro. È un incentivo normativo sostanziale per il pagamento spontaneo entro il termine di contraddittorio.

Una questione rilevante riguarda la disposizione dell’articolo 5, primo comma bis, del D.Lgs. n. 471/1997. Tale norma prevede una sanzione ridotta per chi presenta la dichiarazione omessa entro il termine ordinario di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo e prima dell’inizio di attività amministrative di accertamento. La bozza specifica però che l’avvenuta comunicazione della liquidazione automatica impedisce l’applicazione di questa sanzione ridotta. Significa che una volta comunicata la liquidazione, il contribuente non può più “salvare” il procedimento presentando tardivamente la dichiarazione con sanzione minore. La comunicazione rappresenta il “punto di non ritorno” rispetto al regime di favore ordinario.

Il tema complesso della compensazione

La norma introduce un divieto esplicito di compensazione. Per il pagamento tramite comunicazione di liquidazione, non è ammessa la compensazione con il modello F24 secondo l’articolo 17 del D.Lgs. n. 241/1997.

Neppure successivamente, qualora l’importo sia iscritto a ruolo, la compensazione con crediti erariali è consentita (articolo 31 del D.L. n. 78/2010). Il legislatore intende qui evitare che crediti fiscali vantati dal contribuente (ad esempio, crediti IVA relativi ad altri periodi, o crediti d’imposta maturati) vengano utilizzati per “spegnere” il debito derivante dalla liquidazione automatica.

Tale limitazione riflette una scelta politica: accelerare al massimo la riscossione, precludendo i “giochi di compensazione” che caratterizzano ordinariamente il sistema tributario italiano.

Coordinamenti normativi e sanzioni successive

La bozza modifica anche norme sanzionatorie per evitare doppi conteggi.

L’articolo 5, primo comma, del D.Lgs. n. 471/1997 viene integrato con una precisazione: qualora successivamente l’Agenzia effettui un accertamento ordinario sulla dichiarazione omessa, la sanzione per omessa dichiarazione si intende dovuta esclusivamente sulla differenza tra l’imposta accertata e quella già liquidata ex articolo 54-bis.1. Non si conteggia due volte lo stesso tributo.

Analoga modifica è apportata all’articolo 30, primo comma, del D.Lgs. n. 173/2024 (il nuovo Testo Unico delle Sanzioni tributarie). Viene cioè riprodotto il medesimo principio: se una parte dell’imposta è già stata liquidata automaticamente, la sanzione di un successivo accertamento si calcola solo sulla parte incrementale.

Questo coordinamento rivela una consapevolezza del legislatore: la liquidazione automatica non deve divenire un doppione punitivo, ma uno strumento di accelerazione della riscossione che poi, eventualmente, cede il passo ad accertamenti più complessi e mirati.

Questioni aperte: quando la norma incontra la realtà

Sebbene il proposito della riforma sia condivisibile (accelerare il recupero dell’IVA evasa mediante omissione dichiarativa), la procedura così come delineata presenta numerose zone di tensione.

La prima riguarda le fatture ricevute. La norma le menziona come dato di base per la liquidazione, ma non chiarisce come incidono sul calcolo automatico in questa fase iniziale. Se una fattura ricevuta documenta un acquisto in blocco, dovrebbe legittimamente ridurre l’IVA dovuta mediante detrazione. Ma il criterio di scomputo, limitato ai soli versamenti, potrebbe portare a non riconoscere tale diritto.

La seconda è il rischio di errori macroscopici per chi adotta regimi IVA particolari. Una liquidazione “a basket” basata sui corrispettivi lordi è semplicemente errata per chi applica regimi su base imponibile ridotta.

La terza concerne la mancanza di informazioni preliminari al momento della comunicazione. Il contribuente riceve un importo, ma non sa come è stato calcolato nei dettagli. Come controbattere efficacemente senza conoscere il ragionamento algoritmo?

La quarta riguarda il timing complessivo. Se i dati IVA sono ormai “tracciati” dal fisco elettronico in tempo reale, perché una dichiarazione totalmente omessa resta non sanzionata fino alla comunicazione? Potrebbe l’Agenzia inviare solleciti preventivi? La norma non ne parla.

Infine, resta la questione della compatibilità con diritti procedurali. Il contribuente ha 60 giorni per replicare. È tempo sufficiente per un piccolo imprenditore per ricostruire le proprie operazioni e rispondere? Per un professionista che si avvale di software gestionali complessi?

Quando scatta l’automatismo: l’ambito di applicazione

Il nuovo articolo 54-bis.1 si applica quando ricorrono determinate condizioni:

  1. Omessa presentazione della dichiarazione annuale IVA entro i termini ordinari previsti (solitamente il 30 aprile dell’anno successivo al periodo d’imposta)
  2. Oppure dichiarazione presentata priva dei quadri dichiarativi necessari per la liquidazione dell’imposta dovuta

In questi casi, l’Agenzia ha la facoltà (non l’obbligo, ma una facoltà discrezionale) di procedere alla liquidazione automatizzata.

Non è dunque automatico che tutti i contribuenti con dichiarazione omessa ricevano una comunicazione. L’Agenzia potrebbe scegliere di avviare direttamente un accertamento ordinario. Tuttavia, l’introduzione di questa facoltà di liquidazione rapida suggerisce che sarà questo lo strumento privilegiato nei prossimi anni, almeno per i casi dove i dati sono già a disposizione e non richiedono approfondimenti particolari.

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