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Le nuove FAQ sul concordato preventivo biennale: acconti 2025 e codici ATECO

5 Giugno, 2025

L’Agenzia delle Entrate ha reso pubbliche, in data 28 maggio 2025, due nuove FAQ destinate a dirimere questioni interpretative di particolare rilevanza pratica concernenti il concordato preventivo biennale. Tali chiarimenti intervengono in un momento di attesa del decreto legislativo correttivo, il cui iter parlamentare dovrebbe completarsi a breve, finalizzato alla formalizzazione di ulteriori aspetti procedurali dell’istituto, tra cui l’estensione dell’adesione al termine del 30 settembre e la definitiva esclusione dei soggetti operanti in regime forfettario. Le indicazioni fornite dall’Amministrazione finanziaria si concentrano su due profili di particolare criticità operativa emersi nell’applicazione della disciplina: la metodologia di calcolo degli acconti delle imposte sui redditi per l’annualità 2025 e le conseguenze derivanti dall’adozione dei nuovi codici di classificazione delle attività economiche ATECO 2025 sulla validità dell’accordo preventivo stipulato.

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Determinazione degli acconti 2025: l’orientamento dell’amministrazione finanziaria

La prima FAQ affronta una problematica di immediata rilevanza applicativa concernente la modalità di calcolo dell’acconto delle imposte sui redditi per il periodo d’imposta 2025 quando si ricorra al metodo storico. La questione presenta profili di complessità derivanti dalla coesistenza, nell’ambito del concordato preventivo biennale, di diverse modalità di tassazione del reddito concordato, con particolare riferimento alla possibilità di optare per l’applicazione dell’imposta sostitutiva sul maggior reddito emergente dall’accordo.

L’orientamento espresso dall’Agenzia delle Entrate risulta, sotto diversi aspetti, sorprendente rispetto alle possibili interpretazioni della disciplina vigente. L’Amministrazione chiarisce infatti che l’acconto per il 2025, laddove si faccia ricorso al metodo storico, deve essere determinato secondo le modalità ordinarie previste dalla normativa generale, vale a dire facendo riferimento all’imposta dovuta ai fini delle imposte sui redditi (IRPEF e IRES) e dell’IRAP per il periodo d’imposta precedente. Viene tuttavia precisato che ai fini della determinazione dell’acconto non debba essere considerata la parte di reddito CPB 2024 assoggettata ad imposta sostitutiva.

Tale interpretazione trova il proprio fondamento nell’analisi del dato letterale della norma, secondo quanto espressamente dichiarato nella risposta fornita. L’Amministrazione finanziaria ha evidentemente privilegiato un approccio interpretativo orientato alla semplificazione degli adempimenti tributari, evitando complicanze applicative che avrebbero potuto derivare da una lettura estensiva dell’obbligo di versamento degli acconti anche sulla quota di reddito assoggettata al regime sostitutivo.

Profili di favore per i contribuenti aderenti

L’orientamento interpretativo adottato comporta, nella sostanza, un vantaggio di carattere indiretto per i contribuenti che abbiano optato per l’applicazione dell’imposta sostitutiva sul maggior reddito da concordato. Questi soggetti risultano infatti esentati dall’obbligo di versamento dell’acconto sulla quota di reddito interessata dal regime sostitutivo, con evidenti benefici in termini di gestione della liquidità aziendale e di semplificazione degli adempimenti tributari.

È opportuno evidenziare come tale impostazione trovi giustificazione anche nella particolare natura dell’opzione per l’imposta sostitutiva, la quale non vincola necessariamente il contribuente all’applicazione del regime agevolato per entrambe le annualità coperte dal concordato preventivo. Inoltre, la manifestazione di tale opzione non deve necessariamente avvenire contestualmente alla presentazione della dichiarazione dei redditi dell’anno precedente, conservando così una maggiore flessibilità operativa che ben si concilia con l’orientamento semplificatorio adottato dall’Amministrazione.

L’indagine informale condotta presso gli uffici dell’Agenzia delle Entrate ha confermato che tale lettura interpretativa è stata oggetto di attenta ponderazione, con l’obiettivo specifico di evitare complicazioni applicative che avrebbero potuto compromettere l’efficacia dell’istituto del concordato preventivo e la sua capacità di incentivare l’adesione volontaria da parte dei contribuenti.

L’impatto delle nuove classificazioni ATECO 2025 sulla validità dell’accordo

La seconda FAQ pubblicata dall’Agenzia delle Entrate affronta una questione di particolare delicatezza interpretativa emersa a seguito dell’entrata in vigore dei nuovi codici di classificazione delle attività economiche ATECO 2025. La problematica sottesa alla richiesta di chiarimento concerne la possibile configurazione dell’ipotesi di cessazione dal concordato preventivo biennale, prevista dall’articolo 21, comma 1, lettera a) del decreto istitutivo, in caso di modifica del modello ISA conseguente al cambio del codice attività.

L’Amministrazione finanziaria ha fornito una risposta particolarmente tranquillizzante per i contribuenti interessati da tale fattispecie, chiarendo che il cambio del codice attività intervenuto nel corso del 2024 in seguito all’aggiornamento della classificazione ATECO 2025, ancorché comporti l’applicazione di un diverso indice sintetico di affidabilità fiscale, non determina la cessazione dal concordato preventivo biennale quando tale variazione non sia conseguente a una modifica sostanziale dell’attività esercitata.

Il ragionamento seguito dall’Agenzia si fonda sulla distinzione tra modifiche di carattere meramente formale o classificatorio e modifiche sostanziali dell’attività imprenditoriale. Nel primo caso, che ricorre quando l’aggiornamento della classificazione ATECO comporta una mera riclassificazione dell’attività senza alcuna modifica nelle modalità operative o nella tipologia di servizi prestati dall’impresa, non si configura l’ipotesi di cessazione prevista dalla normativa.

Ratio e coerenza sistematica dell’interpretazione amministrativa

L’orientamento interpretativo adottato dall’Agenzia delle Entrate appare coerente con i principi generali che presiedono all’istituto del concordato preventivo biennale e con l’obiettivo di incentivare l’adesione volontaria agli strumenti di collaborazione fiscale. Una interpretazione diversa, infatti, avrebbe comportato l’esclusione dei contribuenti dall’accordo per motivazioni di carattere tecnico-amministrativo del tutto estranee alla loro volontà e alla sostanza dell’attività economica svolta.

La scelta interpretativa si inserisce inoltre in un più ampio orientamento dell’Amministrazione finanziaria volto a privilegiare la sostanza sulla forma nell’applicazione degli istituti tributari, evitando conseguenze penalizzanti per i contribuenti derivanti da variazioni meramente classificatorie o procedurali non riconducibili a scelte imprenditoriali dei soggetti interessati.

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