Le imposte sul reddito rappresentano uno degli aspetti più complessi e insidiosi della contabilità aziendale, un territorio in cui si intrecciano principi civilistici, norme fiscali e standard contabili in un groviglio talvolta difficile da dipanare. La questione, tutt’altro che banale, richiede un’attenta analisi dei suoi molteplici aspetti per evitare errori che potrebbero avere conseguenze rilevanti sia in sede di redazione del bilancio sia nei rapporti con l’amministrazione finanziaria. I professionisti del settore sanno bene quanto questa materia possa generare incertezze interpretative e applicative.
Il principio di competenza e le sue contraddizioni operative
Partiamo da un punto fermo della disciplina contabile: le imposte vanno rilevate seguendo il principio di competenza economica stabilito dall’art. 2423-bis, comma 1, n. 3, del Codice Civile. Questo significa – ed è fondamentale comprenderlo appieno – che le imposte devono essere rilevate nello stesso esercizio in cui vengono registrati i costi e i ricavi cui si riferiscono, a prescindere dal momento in cui avverrà l’effettivo pagamento. Un principio apparentemente lineare, ma che nella pratica genera numerose complicazioni.
Proprio qui emerge il primo nodo problematico: l’iscrizione in bilancio delle imposte dovute – che deve necessariamente avvenire rispettando il criterio dell’esigibilità (o liquidità) in base alla dichiarazione dei redditi – si scontra frontalmente con il principio della competenza economica. Questo conflitto non è meramente teorico, ma si traduce in conseguenze operative che il redattore del bilancio deve affrontare e risolvere con attenzione certosina.
Il quadro si complica ulteriormente quando consideriamo che la normativa fiscale prevede, per determinate fattispecie, trattamenti significativamente diversi rispetto alle norme civilistiche (si pensi agli ammortamenti, agli accantonamenti per rischi o alle spese di rappresentanza). La conseguenza pratica è che l’ammontare delle imposte correnti (quelle effettivamente dovute all’Erario) può divergere, anche in misura consistente, dalle imposte di competenza dell’esercizio. Tale disallineamento deriva dal fatto che i valori attribuiti ad attività o passività secondo i criteri civilistici spesso non coincidono con i valori riconosciuti ai fini fiscali – generando quello che tecnicamente viene definito “doppio binario” civilistico-fiscale, fonte di innumerevoli complessità operative.
Va inoltre evidenziato – e questo rappresenta un aspetto spesso trascurato nella prassi contabile – che le società che hanno optato per il Concordato Preventivo Biennale (CPB) ai sensi dell’art. 20 del D.Lgs. 1° settembre 2023, n. 148, hanno l’obbligo specifico di illustrare in Nota integrativa l’adesione alla proposta concordata con l’Erario e, qualora significativo, l’effetto fiscale conseguito in termini di variazione dell’onere d’imposta. Anche le microimprese, pur beneficiando dell’esonero dalla redazione della Nota integrativa ai sensi dell’art. 2435-ter c.c., sono comunque tenute a segnalare, nelle annotazioni in calce allo Stato patrimoniale, l’opzione per il CPB e l’eventuale risultato fiscale ottenuto. Un adempimento che richiede particolare attenzione da parte degli amministratori e dei consulenti fiscali.
L’OIC 25 e i criteri tecnici di rilevazione delle imposte
Il Principio contabile OIC 25, nella sua ultima formulazione, rappresenta il riferimento tecnico imprescindibile per affrontare correttamente questa complessa tematica. Il documento, frutto di un’elaborazione che tiene conto dell’evoluzione normativa e della prassi amministrativa, stabilisce con precisione i criteri per la rilevazione, classificazione e valutazione delle imposte sul reddito e delle imposte assimilate (come l’IRAP), nonché le informazioni da riportare nella Nota integrativa ai sensi dell’art. 2427, comma 1, n. 14, c.c.
È opportuno sottolineare che l’estensore del bilancio d’esercizio – che sia il professionista incaricato o l’organo amministrativo – deve necessariamente rispettare le disposizioni civilistiche (indipendentemente dalla loro compatibilità con la normativa fiscale), rilevando i fatti amministrativi nel periodo amministrativo di pertinenza in base all’applicazione rigorosa del principio di competenza economica. Parallelamente, il riconoscimento fiscale di tali fatti amministrativi, finalizzato alla determinazione del reddito imponibile, segue regole proprie stabilite dalle leggi tributarie (principalmente il TUIR e i decreti collegati).
Va considerato che, come accade nella prassi operativa, le divergenze tra normativa civilistica e fiscale generano differenze temporanee o permanenti che richiedono un trattamento contabile specifico. Le differenze temporanee, in particolare, sono destinate ad annullarsi negli esercizi successivi e rappresentano il presupposto per la rilevazione della fiscalità differita, mentre le differenze permanenti non comportano alcuna rilevazione di fiscalità differita, influenzando definitivamente il carico fiscale dell’esercizio in cui si manifestano.
La rappresentazione in bilancio delle imposte sul reddito: analisi tecnico-contabile
Nel Conto economico, le imposte sul reddito trovano collocazione nella voce 20) rubricata “Imposte sul reddito dell’esercizio, correnti, differite, anticipate”. Il Principio contabile OIC 12 “Composizione e schemi del bilancio d’esercizio” chiarisce in modo dettagliato che questa voce deve comprendere diverse componenti, ciascuna con caratteristiche proprie:
- Le imposte correnti dell’esercizio, vale a dire le imposte liquidate sul reddito imponibile dell’esercizio, determinate applicando le aliquote vigenti alla data di bilancio. Sono incluse in questa categoria anche le eventuali sanzioni pecuniarie e gli interessi maturati attinenti a eventi dell’esercizio (come il ritardato versamento degli acconti e altre irregolarità). La determinazione avviene in conformità alle risultanze della dichiarazione fiscale (Modello Redditi e dichiarazione IRAP).
- Le imposte relative a esercizi precedenti, comprensive dei relativi oneri accessori (interessi e sanzioni). Questa categoria include componenti derivanti da diverse fonti:
- iscrizioni a ruolo
- avvisi di liquidazione
- avvisi di pagamento
- accertamenti e rettifiche
- altre situazioni di contenzioso con l’Amministrazione finanziaria
- Le differenze positive o negative tra l’ammontare dovuto a seguito della definizione di un contenzioso o di un accertamento rispetto al valore del fondo accantonato in precedenti esercizi.
- Le imposte differite e anticipate, che rappresentano la fiscalità di competenza dell’esercizio ma esigibile in esercizi futuri, o viceversa.
Nello Stato patrimoniale, invece, le attività e le passività fiscali trovano allocazione in voci specifiche che meritano un’analisi dettagliata. In particolare, l’articolo 2424 c.c. individua nell’attivo dello Stato patrimoniale le seguenti voci destinate ad accogliere le poste fiscali:
a) C.II.5-bis “Crediti tributari”, dove devono essere iscritti i crediti certi e determinati che producono un diritto al rimborso o alla compensazione nei confronti dell’Erario. Vi rientrano, ad esempio:
- crediti per eccedenze d’imposte correnti per i quali è stato richiesto il rimborso;
- crediti IVA a nuovo;
- ritenute d’acconto subite all’atto della riscossione di determinati proventi;
- acconti versati in eccedenza rispetto al debito tributario per imposte correnti.
Va sottolineato che, ai fini della classificazione in bilancio, la compensazione dei crediti e dei debiti tributari è consentita solo in presenza di due requisiti cumulativi previsti anche dall’OIC 25, ossia quando la società:
- vanta un diritto legale a compensare gli importi rilevati in base alla legislazione fiscale (art. 17 D.Lgs. 241/1997 e art. 31 D.L. 78/2010);
- intende concretamente regolare i debiti e i crediti tributari su base netta mediante un unico pagamento.
b) C.II.5-ter “Imposte anticipate”, dove trovano allocazione le attività per imposte anticipate, senza necessità dell’indicazione separata di quelle esigibili oltre l’esercizio successivo. Questa particolarità deriva dal fatto che, come chiarito dall’OIC 25, le attività per imposte anticipate non hanno natura di credito in senso stretto, bensì rappresentano imposte corrisposte anticipatamente che saranno recuperate negli esercizi successivi.
Nel passivo dello Stato patrimoniale, invece, le passività relative alla fiscalità corrente e differita trovano collocazione nelle seguenti voci:
a) B.2 “Fondi per imposte, anche differite”, che accoglie:
- le passività per imposte probabili, il cui ammontare o la cui data di sopravvenienza risultano indeterminati (come imposte derivanti da accertamenti non definitivi o contenziosi in corso);
- le passività per imposte differite determinate in base alle differenze temporanee imponibili.
b) D.12 “Debiti tributari”, che include:
- le passività per imposte certe e determinate (debiti per imposte correnti dell’esercizio in corso e precedenti);
- debiti per accertamenti definitivi o contenziosi chiusi;
- tributi di qualsiasi tipo iscritti a ruolo;
- ritenute operate come sostituto d’imposta e non ancora versate.
L’iscrizione dei debiti tributari, come previsto dall’OIC 19, deve avvenire al netto di eventuali acconti versati, ritenute d’acconto subite e crediti d’imposta, qualora compensabili ai sensi della normativa vigente, eccetto il caso in cui sia stato richiesto il rimborso per tali crediti (in tal caso, questi vanno iscritti tra i crediti tributari). Analogamente a quanto previsto per gli altri crediti e debiti, nello Stato patrimoniale del bilancio d’esercizio deve essere separatamente indicato l’eventuale ammontare esigibile oltre l’esercizio successivo, in conformità a quanto disposto dall’articolo 2424, comma 4, cod. civ.
Imposte correnti: determinazione, contabilizzazione e casi operativi
In sede di redazione del bilancio d’esercizio, l’organo amministrativo è tenuto a determinare con accuratezza l’ammontare delle imposte correnti (o dovute) dell’esercizio. Tale componente reddituale negativo è calcolato in base al reddito imponibile risultante dalla dichiarazione dei redditi e alle aliquote d’imposta vigenti alla data di chiusura del periodo amministrativo. Per il 2025, si ricorda che le aliquote sono pari al 24% per l’IRES (ex art. 77, comma 1, TUIR) e variabili per l’IRAP in base alla regione e al settore di attività (generalmente comprese tra il 3,9% e il 4,82%).
Per comprendere meglio le modalità operative di contabilizzazione, esaminiamo un caso concreto che può aiutare a chiarire i passaggi fondamentali.
ESEMPIO 1: Calcolo e contabilizzazione delle imposte correnti
La società Alfa Srl, operante nel settore manifatturiero, ha versato il primo acconto IRAP e IRES per il periodo d’imposta 2024, per un importo rispettivamente di 7.800 euro per IRAP e 48.000 euro per IRES. In sede di versamento del secondo acconto, la società ha versato ulteriori 11.700 euro a titolo di acconto IRAP e 72.000 euro a titolo di acconto IRES. Si ipotizzi, per semplicità di calcolo, che non vi siano imposte o contributi da compensare.
In contabilità, questi versamenti in acconto vengono così rilevati:
Prima rata di acconto:
Diversi a Banca c/c 55.800
Irap c/acconti 7.800
Ires c/acconti 48.000
Seconda rata di acconto:
Diversi a Banca c/c 83.700
Irap c/acconti 11.700
Ires c/acconti 72.000
Al termine dell’esercizio, in sede di scritture di assestamento al 31 dicembre 2024, la società Alfa Srl procede alla liquidazione definitiva delle imposte correnti. In base ai calcoli effettuati, risulta un carico fiscale complessivo pari a 20.000 euro per IRAP e 124.000 euro per IRES. Per ipotesi semplificativa, si assume che la società non abbia subito alcuna ritenuta d’acconto.
Le scritture contabili di rilevazione delle imposte di competenza saranno:
Irap corrente a Diversi 20.000
Irap c/acconti 19.500
Irap c/saldo 500
Ires corrente a Diversi 124.000
Ires c/acconti 120.000
Ires c/saldo 4.000
Queste scritture evidenziano come gli acconti versati (19.500 euro per IRAP e 120.000 euro per IRES) vengano portati in detrazione dal debito per imposte correnti, determinando l’importo del saldo da versare (500 euro per IRAP e 4.000 euro per IRES).
Il trattamento contabile delle società che hanno aderito al CPB: profili operativi
L’Istituto nazionale dei revisori legali, in un recente documento di prassi (Circolare n. 14/2025 del 7 marzo 2025), ha raccomandato specifiche modalità di rappresentazione in bilancio per le società che hanno optato per il Concordato Preventivo Biennale introdotto dall’art. 20 del D.Lgs. n. 148/2023. In particolare, viene espressamente richiesto che tali società illustrino in Nota integrativa:
- L’adesione alla proposta concordata con l’Erario, specificando anche il periodo di validità e le caratteristiche essenziali dell’accordo;
- L’effetto fiscale conseguito, qualora rilevante, inteso come differenza tra il carico fiscale determinato in base all’accordo di CPB rispetto a quello che sarebbe derivato dall’applicazione delle ordinarie regole di determinazione del reddito imponibile.
Queste indicazioni risultano pienamente coerenti con quanto statuito dal Principio contabile OIC 25 che, in materia di imposte d’esercizio, prevede che nella Nota integrativa del bilancio delle società che redigono il documento in forma ordinaria debba essere indicato (ove significativo) il rapporto tra l’onere fiscale corrente e il risultato civilistico mediante una riconciliazione numerica, corredata dalle relative motivazioni, tra:
- l’onere fiscale corrente e l’onere fiscale teorico calcolato sul risultato d’esercizio ante imposte, quando la differenza risulta significativa;
- l’aliquota fiscale applicabile (o aliquota teorica) e l’aliquota fiscale media effettiva, quando lo scostamento è rilevante.
In relazione alle microimprese, che ai sensi dell’art. 2435-ter c.c. sono esonerate dalla redazione della Nota integrativa, l’Istituto nazionale dei revisori legali suggerisce di segnalare, nelle annotazioni in calce allo Stato patrimoniale, l’opzione per il CPB e, qualora significativo in termini quantitativi, il “risultato fiscale” ottenuto. Tale indicazione, pur non essendo espressamente richiesta dalla normativa civilistica, appare opportuna in un’ottica di trasparenza informativa e corretta rappresentazione della situazione economico-patrimoniale dell’impresa.
Va evidenziato che l’organo di controllo (collegio sindacale o sindaco unico), nell’ambito della propria attività di vigilanza, dovrebbe riportare la scelta operata dall’amministrazione in merito all’adesione al CPB nei verbali delle verifiche trimestrali, nonché nella relazione sul bilancio d’esercizio. Ciò in quanto, pur non competendo all’organo di controllo alcuna valutazione di merito sull’opportunità e convenienza delle scelte gestionali (rientranti nella discrezionalità degli amministratori), è comunque doverosa la verifica che tali scelte siano conformi ai principi di corretta amministrazione e adeguatamente rappresentate in bilancio, come precisato dalla Norma 3.3 delle “Norme di comportamento del collegio sindacale” emanate dal CNDCEC.
La disciplina della fiscalità differita: analisi sistematica delle differenze temporanee
Secondo il principio della competenza economica, codificato sia dal codice civile (art. 2423-bis) sia dai principi contabili nazionali, nel bilancio d’esercizio devono essere rilevate tutte le componenti reddituali di competenza, compresi gli effetti fiscali differiti, ossia le imposte che:
- pur essendo di competenza di esercizi futuri, sono esigibili con riferimento all’esercizio in corso (c.d. imposte anticipate);
- pur essendo di competenza dell’esercizio, si renderanno esigibili solo in esercizi futuri (c.d. imposte differite).
I criteri per la rilevazione, classificazione e valutazione della fiscalità differita (imposte differite e imposte anticipate) sono definiti in modo analitico nel Principio contabile OIC 25, par. 41-67, il quale fornisce le seguenti definizioni tecniche:
- le passività per imposte differite rappresentano le imposte sul reddito dovute negli esercizi futuri riferibili alle differenze temporanee imponibili esistenti alla data di chiusura dell’esercizio;
- le attività per imposte anticipate rappresentano le imposte sul reddito recuperabili negli esercizi futuri riferibili a: a) differenze temporanee deducibili; b) riporto a nuovo di perdite fiscali non utilizzate; c) riporto a nuovo di crediti d’imposta non utilizzati.
La genesi delle differenze temporanee, che rappresentano il presupposto per la rilevazione della fiscalità differita, può essere ricondotta a due tipologie di operazioni:
- Operazioni che hanno effetto sul Conto economico: si tratta di componenti negativi (o positivi) di reddito parzialmente o totalmente indeducibili (o imponibili) ai fini fiscali nell’esercizio di contabilizzazione. Secondo l’attuale normativa fiscale, tali differenze derivano dal disallineamento tra il risultato civilistico e il reddito imponibile, che ha origine in un esercizio e si annulla in uno o più esercizi successivi. In sostanza, si tratta di ricavi e costi (o di parte di essi) che concorrono a formare il reddito imponibile in un esercizio diverso da quello nel quale partecipano alla determinazione del risultato civilistico.
- Operazioni che non hanno effetto sul Conto economico: in questa categoria rientrano operazioni che incidono esclusivamente sulla formazione degli elementi dell’attivo e del passivo dello stato patrimoniale, quali ad esempio:
- rivalutazioni di attività iscritte esclusivamente in bilancio;
- riserve in sospensione d’imposta;
- operazioni straordinarie (fusioni, scissioni, conferimenti);
- movimenti sull’avviamento contabilizzati senza transitare dal conto economico;
- riallineamenti dei valori fiscali ai valori contabili mediante pagamento d’imposta sostitutiva o iscrizioni di partecipazioni con regime di participation exemption.
Classificazione e natura delle differenze tra valori contabili e fiscali
Le differenze tra i valori attribuiti alle attività e alle passività secondo criteri civilistici e i corrispondenti valori riconosciuti ai fini fiscali possono essere di tipo permanente o di tipo temporaneo.
Le differenze permanenti rappresentano divergenze tra il reddito imponibile e il risultato civilistico che non sono destinate ad annullarsi negli esercizi successivi. Si tratta di componenti negativi o positivi di reddito parzialmente o totalmente indeducibili o esenti ai fini fiscali in modo definitivo (ad esempio, le spese per autovetture eccedenti i limiti fiscalmente ammessi ex art. 164 TUIR, le sanzioni amministrative indeducibili ex art. 9 D.Lgs. 472/1997, o ancora la quota esente delle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate ai sensi dell’art. 87 TUIR).
Le differenze temporanee, invece, rappresentano disallineamenti tra valori civilistici e fiscali destinati ad annullarsi in uno o più esercizi successivi. Una differenza temporanea si configura, a una certa data, come la differenza tra il valore di un’attività o una passività determinato secondo criteri civilistici e il relativo valore riconosciuto ai fini fiscali.
La rilevazione contabile della fiscalità differita: aspetti operativi e criteri di iscrivibilità
Contabilizzazione delle passività per imposte differite
Le passività per imposte differite devono essere iscritte nella voce B.2 “Fondi per imposte, anche differite” del passivo dello Stato patrimoniale. La contropartita economica, rappresentata dall’accantonamento al fondo imposte differite, trova collocazione nella voce 20 del Conto economico con segno positivo (in quanto componente negativo di reddito). L’appostazione contabile si configura come segue:
Imposte differite (voce 20 C.E.) a Fondo imposte differite (voce B.2 S.P.)
Negli esercizi successivi, in corrispondenza dell’annullamento delle differenze temporanee imponibili, le imposte differite precedentemente accantonate vengono stornate e imputate a Conto economico in diminuzione delle imposte correnti:
Fondo imposte differite (voce B.2 S.P.) a Imposte differite (voce 20 C.E.)
In conformità a quanto disposto dal Principio contabile OIC 25, par. 55, devono essere iscritte nella voce 20 del Conto economico tutte le variazioni delle attività per imposte anticipate e delle passività per imposte differite, indipendentemente dalla causa generatrice. La fiscalità differita è rilevata quale componente economico (provento od onere) del Conto economico, salvo nell’ipotesi in cui l’imposta derivi da un’operazione o fatto rilevato direttamente a patrimonio netto (ex art. 2425-ter c.c.) o da un’operazione straordinaria.
Contabilizzazione delle attività per imposte anticipate
Le attività per imposte anticipate sono iscritte nella voce C.II.5-ter “Imposte anticipate” dell’attivo dello Stato patrimoniale, con contropartita economica nella voce 20 del Conto economico con segno negativo (in quanto rettifica dei componenti positivi di reddito). La rilevazione contabile si articola come segue:
Imposte anticipate (voce C.II.5-ter S.P.) a Imposte anticipate (voce 20 C.E.)
Negli esercizi successivi, al momento dell’annullamento delle differenze temporanee deducibili, viene rilevato l’utilizzo delle imposte anticipate mediante la seguente scrittura:
Imposte anticipate (voce 20 C.E.) a Imposte anticipate (voce C.II.5-ter S.P.)
Si rammenta che, come precisato dall’OIC 25, par. 28, per le imposte anticipate non deve essere fornita l’indicazione separata di quelle esigibili oltre l’esercizio successivo, in quanto le attività per imposte anticipate non hanno natura giuridica di credito, bensì rappresentano imposte già liquidate la cui deduzione è rinviata a esercizi futuri, anche se il loro riassorbimento può avvenire in più esercizi.
Perdite fiscali e condizioni per l’iscrivibilità delle imposte anticipate: profili critici
Le attività per imposte anticipate possono derivare, oltre che dalle differenze temporanee deducibili precedentemente analizzate, anche dal riporto a nuovo di perdite fiscali, ai sensi dell’art. 84 del D.P.R. n. 917/1986. In conformità a quanto stabilito dal par. 39 dell’OIC 25, le società devono valutare con particolare rigore se sussista una ragionevole certezza circa l’utilizzo di tali perdite in esercizi successivi, in quanto solo in presenza di tale requisito è consentita la rilevazione delle correlate attività per imposte anticipate.
L’OIC 25 specifica che la “ragionevole certezza” è verificata in presenza di almeno una delle seguenti condizioni:
- esistenza di una proiezione dei risultati fiscali (pianificazione fiscale) per un periodo di tempo ragionevole, da cui si evince l’esistenza, negli esercizi in cui si annulleranno le differenze temporanee deducibili, di redditi imponibili non inferiori all’ammontare delle differenze che si annulleranno;
- presenza di differenze temporanee imponibili sufficienti a coprire le perdite fiscali, per le quali è previsto il riversamento negli esercizi in cui si prevede l’utilizzo delle perdite fiscali.
La sussistenza delle predette condizioni deve essere verificata non solo all’atto della prima rilevazione delle attività per imposte anticipate su perdite fiscali, ma anche in occasione della redazione di ciascun bilancio successivo. In particolare, come indicato dal par. 41 dell’OIC 25:
- le attività per imposte anticipate contabilizzate in precedenti esercizi devono essere oggetto di storno qualora vengano meno i presupposti per la loro iscrizione;
- le attività per imposte anticipate non contabilizzate in esercizi precedenti, in quanto prive dei requisiti per il riconoscimento, devono essere iscritte nell’esercizio in cui tali requisiti vengono soddisfatti.
Si segnala, per completezza d’analisi, che la disciplina delle perdite fiscali è stata oggetto di significative modifiche a opera del D.L. n. 98/2011, convertito con L. n. 111/2011, il quale ha riformulato l’art. 84 del TUIR prevedendo la riportabilità illimitata nel tempo delle perdite fiscali, con il limite di utilizzo pari all’80% del reddito imponibile di ciascun esercizio successivo. Tale modifica normativa ha ampliato, in linea di principio, le possibilità di iscrivere imposte anticipate su perdite fiscali, in ragione del superamento del vincolo temporale quinquennale precedentemente previsto.
Requisiti generali per l’iscrizione delle attività per imposte anticipate: un’analisi ragionata
In ossequio al principio della prudenza, codificato dall’art. 2423-bis, comma 1, n. 1, c.c., le attività per imposte anticipate devono essere rilevate solo in presenza di una ragionevole certezza circa il loro futuro recupero. La valutazione di tale presupposto richiede un’attenta analisi delle specifiche circostanze di fatto e di diritto che caratterizzano la situazione della società.
Come stabilito dal par. 43 dell’OIC 25, in presenza dei requisiti richiesti, l’iscrizione delle imposte anticipate non costituisce una facoltà, bensì un obbligo, in quanto rappresenta un’applicazione corretta del principio di competenza economica.
Informazioni da fornire in Nota integrativa
Nella Nota integrativa occorre riportare:
- La descrizione delle differenze temporanee che hanno portato a rilevare imposte differite e anticipate
- L’aliquota applicata e le variazioni rispetto all’esercizio precedente
- Gli importi accreditati o addebitati a Conto economico o a patrimonio netto
- Le eventuali voci escluse dal computo e i motivi dell’esclusione
- L’ammontare delle imposte anticipate contabilizzate per perdite fiscali e le motivazioni dell’iscrizione
Accantonamenti a fondo imposte
Infine, una considerazione sugli accantonamenti per imposte probabili. Questi vanno iscritti nella voce 20 del Conto economico e trovano contropartita nella voce B.2 del passivo. Si tratta di passività per imposte probabili ma indeterminate nell’ammontare o nella data, come quelle derivanti da accertamenti non definitivi o contenziosi in corso.
La valutazione del fondo imposte è disciplinata dai criteri generali previsti dall’OIC 31 “Fondi per rischi e oneri e Trattamento di fine rapporto” e, in particolare, dai par. 24-25. Nell’ambito della valutazione delle passività per imposte probabili è necessario tenere in considerazione il presumibile esito degli accertamenti e dei contenziosi, sulla base di un’attenta analisi di:
- esperienze pregresse in situazioni analoghe;
- evoluzione interpretativa della dottrina e della giurisprudenza;
- pareri di esperti (legali e fiscalisti);
- evidenze emerse successivamente alla data di riferimento del bilancio ma prima della sua approvazione.
Profili fiscali degli accantonamenti per fondo imposte
Sul versante tributario, l’art. 107, comma 4, del TUIR prevede che gli accantonamenti per imposte non ancora definitivamente accertate siano fiscalmente deducibili nei limiti dell’ammontare corrispondente alle dichiarazioni presentate, agli accertamenti o provvedimenti degli uffici e alle decisioni delle commissioni tributarie, sempreché i tributi in questione siano deducibili ai sensi dell’art. 99 del TUIR. Si rammenta che, in conformità all’art. 99 del TUIR, sono deducibili esclusivamente le imposte indirette ed i contributi di competenza dell’esercizio, con esclusione delle imposte sui redditi, dell’IRAP e delle imposte sostitutive, che non risultano mai deducibili.
ESEMPIO OPERATIVO: Contabilizzazione di un contenzioso tributario
Per comprendere meglio le modalità operative di contabilizzazione degli accantonamenti per imposte probabili, si propone l’analisi di un caso concreto che illustra le diverse casistiche che possono verificarsi nella prassi professionale.
La società Beta Srl è coinvolta in un contenzioso tributario con l’Amministrazione finanziaria per un importo complessivo di 10.000 euro, relativo a tributi diretti riferibili a esercizi precedenti. In base all’analisi della documentazione disponibile e al parere dei consulenti legali e fiscali incaricati, la società ritiene che la contestazione, derivante da un accertamento effettuato dall’Agenzia delle Entrate, sia parzialmente fondata, limitatamente all’importo di 2.000 euro.
In considerazione di tale valutazione, la società, in sede di redazione del bilancio al 31 dicembre 2024, procede all’accantonamento di un fondo imposte di importo corrispondente alla passività ritenuta probabile. La relativa scrittura contabile è la seguente:
Accantonamento a fondo imposte a Fondo imposte dirette in 2.000 2.000
dirette in contenzioso contenzioso
In relazione all’evoluzione del contenzioso tributario, si possono verificare diverse ipotesi, ciascuna con differenti implicazioni contabili:
Scenario 1: L’importo effettivamente dovuto al termine del contenzioso corrisponde esattamente a quanto precedentemente accantonato (2.000 euro). In tal caso, la società procederà al pagamento dell’imposta utilizzando il fondo precedentemente costituito, senza generare alcun effetto sul Conto economico dell’esercizio in cui avviene la definizione:
Fondo imposte dirette in contenzioso a Banca c/c 2.000 2.000
Scenario 2: L’importo dovuto al termine del contenzioso risulta superiore a quanto accantonato (ad esempio, 3.000 euro). In questa ipotesi, la società dovrà rilevare un costo aggiuntivo a titolo di “Imposte dirette esercizi precedenti” da iscrivere nella voce 20 del Conto economico, per la differenza tra quanto dovuto e quanto precedentemente accantonato:
Diversi a Banca c/c 3.000
Fondo imposte dirette in contenzioso 2.000
Imposte dirette esercizi precedenti 1.000
Scenario 3: L’importo dovuto al termine del contenzioso risulta inferiore a quanto accantonato (ad esempio, 1.500 euro). In questo caso, la società rileverà una sopravvenienza attiva, da iscrivere sempre nella voce 20 del Conto economico, per la differenza tra quanto precedentemente accantonato e quanto effettivamente dovuto:
Fondo imposte dirette in a Diversi 2.000
contenzioso Banca c/c 1.500
Sopravvenienza da contenzioso 500
tributario
Considerazioni conclusive e prospettive evolutive
L’analisi sistematica della disciplina contabile delle imposte sul reddito evidenzia la complessità di un sistema che richiede al redattore del bilancio una profonda conoscenza sia dei principi civilistici sia delle norme tributarie. La necessità di contemperare il rispetto del principio di competenza economica con le esigenze di determinazione del reddito imponibile ai fini fiscali genera inevitabili tensioni interpretative e applicative, cui i principi contabili nazionali tentano di fornire adeguate risposte sul piano tecnico-operativo.
In particolare, l’OIC 25 si configura come un presidio fondamentale per garantire la corretta rappresentazione in bilancio della fiscalità corrente e differita, con l’obiettivo di assicurare la trasparenza e la veridicità dell’informativa finanziaria. Il principio della competenza economica, pilastro del sistema contabile nazionale, trova compiuta realizzazione proprio attraverso la rilevazione delle differenze temporanee tra valori civilistici e fiscali, che consentono di attribuire a ciascun esercizio il corretto carico fiscale, indipendentemente dalle modalità e tempistiche di determinazione del reddito imponibile.
Un aspetto di crescente rilevanza attiene alle interrelazioni tra i principi contabili nazionali e i principi contabili internazionali (IAS/IFRS), con particolare riguardo al trattamento della fiscalità differita. Sebbene i principi fondamentali risultino sostanzialmente allineati, permangono differenze significative nelle modalità applicative, che impongono particolare attenzione alle società che redigono il bilancio consolidato secondo i principi internazionali ma mantengono la contabilità civilistica secondo le norme nazionali.