Nel corso del 2026 il governo intende rivedere in maniera significativa i criteri attraverso cui viene calcolato l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente. Si tratta, sostanzialmente, di un’operazione mirata a rendere più accessibili una serie di prestazioni sociali – dagli assegni per i figli fino ai contributi per l’infanzia – allargando la platea dei possibili beneficiari. Le novità, contenute nell’articolo 47 della Legge di Bilancio 2026 approvata il 17 ottobre scorso, interessano due aspetti fondamentali: il trattamento della casa di abitazione e il peso attribuito alla composizione del nucleo familiare.
Il nuovo valore della prima casa e la questione della franchigia
Fino a oggi, chi possiede un immobile di residenza ha subìto una penalizzazione nel calcolo dell’ISEE abbastanza significativa. La normativa vigente prevedeva l’esclusione dal patrimonio considerato solamente di 52.500 euro. Passando al 2026, questa soglia verrà innalzata fino a 91.500 euro: quasi il doppio di quello che accade attualmente. La modifica riconosce implicitamente che la casa di residenza non deve essere equiparata ad altri beni patrimoniali, dal momento che non genera liquidità immediata e rappresenta, per la stragrande maggioranza delle famiglie italiane, una spesa necessaria più che un segnale di ricchezza.
La soglia di 91.500 euro non rimane fissa, però. A partire dal primo figlio convivente, è previsto un incremento addizionale di 2.500 euro. Un’immagine concreta può aiutare a capire: una coppia con due figli proprietaria di un’abitazione potrà escludere dal computo ISEE un valore di (91.500 + 2.500) euro. Questo significa, in pratica, che il possesso della casa pesa meno sulla valutazione complessiva della situazione economica del nucleo.
Come funziona il calcolo dell’ISEE nella pratica
L’ISEE non è uno strumento semplice. Nasce dal rapporto tra l’ISE – che incorpora sia i redditi che il 20% dei patrimoni – e la scala di equivalenza, un parametro che varia in base a quanti componenti ha la famiglia e alle loro caratteristiche specifiche. Per una famiglia di due componenti, la scala è 1,57; per tre componenti 2,04. Man mano che la famiglia si allarga, il parametro aumenta.
Quello che accade è questo: se l’ISEE fosse 30.000 euro e la famiglia ha 3 componenti, il valore equivalente diventa 30.000 diviso 2,04, circa 14.700 euro. Un ISEE equivalente più basso significa accesso più facile a prestazioni basate su soglie di reddito.
La revisione della scala di equivalenza e il valore dei figli
Qui sta la vera novità, particolarmente rilevante per le famiglie numerose. La scala di equivalenza non rimane la stessa; vengono rivisti i parametri aggiuntivi riferiti al numero di figli. Attualmente, le maggiorazioni sono: 0,2 per tre figli, 0,35 per quattro figli, 0,5 per cinque o più figli. Dal prossimo anno, queste maggiorazioni cambiano significativamente.
Secondo la bozza di legge, viene introdotta una maggiorazione già a partire da due figli (precedentemente non prevista), pari a 0,1. Per tre figli scende da 0,2 a… aspetta, no: sale a 0,25. Per quattro figli passa da 0,35 a 0,40, e per cinque o più figli da 0,5 a 0,55. Sembra un cambio minimo, ma nel calcolo finale dell’ISEE produce effetti tutt’altro che trascurabili.
Prendendo un esempio concreto: una famiglia con redditi complessivi di 36.000 euro e tre figli, proprietaria di un immobile non di lusso, vedrà l’ISEE ridursi in modo sensibile. Con la vecchia scala (2,04 per tre componenti plus 0,2 di maggiorazione = 2,24) l’indicatore era circa 16.070 euro. Con la nuova scala (2,04 più 0,25 = 2,29), scende intorno a 15.720 euro – non tantissimo, ma quanto basta per accedere a prestazioni precedentemente negate.
Quali prestazioni beneficiano delle modifiche
È importante notare – e qui la norma è abbastanza severa – che le novità sull’ISEE non valgono indistintamente per tutti i bonus e gli aiuti. Il governo ha scelto di applicare le nuove regole solamente a cinque prestazioni specifiche. La prima è l’Assegno di Inclusione, il principale strumento di sostegno per i nuclei in condizioni economiche critiche (disciplinato dal decreto-legge 48 del 2023). La seconda è il Supporto per la Formazione e il Lavoro, sempre ricavato dalla medesima normativa.
Quindi l’Assegno Unico Universale, introdotto nel 2022 e attualmente erogato a titolo quasi universale per chi ha figli. Qui le modifiche sull’ISEE avranno ricadute importanti soprattutto sugli importi: l’assegno non aumenterà di numero di beneficiari, ma molte famiglie riceveranno somme leggermente più elevate grazie all’ISEE più favorevole. Tra gli altri benefici: il contributo per l’asilo nido e il bonus per i nuovi nati, entrambi caratterizzati da soglie di reddito stringenti.
La questione del valore catastale e come incide sulla rendita
Un aspetto tecnico ma cruciale riguarda come viene calcolato il valore della casa ai fini ISEE. Non si guarda al prezzo di mercato – quello è soggettivo e difficilmente controllabile – bensì alla rendita catastale, un valore teorico prodotto dall’immobile secondo il catasto. Per trasformare questa rendita in un valore patrimoniale rilevante ai fini ISEE, la normativa prevede una moltiplicazione per 168. Una casa con rendita catastale di 544 euro (grosso modo quella corrispondente a un valore catastale di 91.500 euro) produrrà quindi un valore ISEE di circa 91.500 euro.
La rendita catastale si può verificare facilmente consultando il rogito di acquisto, la dichiarazione dei redditi oppure facendo una visura catastale gratuita sul portale dell’Agenzia delle Entrate. Molti proprietari scopriranno, controllando, che il loro immobile risulta sottovalutato rispetto al prezzo pagato o al valore di mercato: il sistema catastale non è stato mai aggiornato sistematicamente, e questo genera distorsioni.
Come la transizione al nuovo sistema avverrà nella pratica
La legge di bilancio entra in vigore il 1° gennaio 2026. Questo significa che le nuove regole di calcolo partono da quella data, ma – e questo è importante – gli ISEE già certificati prima dell’entrata in vigore non cambiano retroattivamente. Chi ha un ISEE valido fino a dicembre 2025 continuerà a usarlo con le vecchie regole fino alla sua scadenza naturale o fino al suo rinnovo.
Il vero cambio di passo avverrà quando le famiglie dovranno presentare la Dichiarazione Sostitutiva Unica (la DSU, il documento che alimenta il calcolo dell’ISEE). Inizialmente, chi dovrà rinnovare l’assegno di inclusione o l’assegno unico a gennaio 2026 continuerà a utilizzare i vecchi parametri, perché gli aggiornamenti tecnici del sistema informatico dell’INPS richiedono tempo. Nel corso dell’anno, tuttavia, le famiglie potranno presentare una nuova DSU per beneficiare delle regole riviste, e probabilmente avverrà un ricalcolo automatico degli importi dovuti.
L’INPS sta elaborando soluzioni per rendere la transizione il più fluida possibile, anche se non si esclude che molti nuclei familiari debbano sottoporre domanda formale per la rideterminazione. In passato, situazioni del genere hanno causato confusione e ritardi: il sistema della pubblica amministrazione italiana, quando deve applicare novità normative, ha spesso tempi lunghi di implementazione.
L’impatto finanziario e gli stanziamenti previsti
Per coprire i maggiori oneri derivanti da questa riforma, il governo ha stanziato risorse significative. L’Assegno Unico Universale assorbe la quota preponderante, con circa 324 milioni di euro nel 2026, per un totale di quasi 500 milioni annui considerando tutte e cinque le prestazioni interessate. Il bonus asilo nido, ad esempio, vedrà mediamente un aumento di circa 61 euro mensili per nucleo nel 2026 e 66 euro dal 2027.
L’Assegno di Inclusione beneficerà di circa 13,8 milioni nel 2026, mentre il bonus per i nuovi nati arriverà ad allargare la platea di beneficiari di almeno 3.200 nuclei, con un costo stimato di 3,2 milioni. Tutto ciò avrà effetti a cascata anche sui sistemi informativi regionali e locali, che dovranno adeguare i propri criteri di erogazione.
Scenari aperti e possibili sviluppi futuri
Non è questo l’ultimo intervento sull’ISEE. Il governo sta vagliando ulteriori modifiche per i prossimi anni, con l’obiettivo di introdurre una regolamentazione più stabile e prevedibile. Ci si sta interrogando sulla possibilità di indicizzare la franchigia sulla prima casa, così che non rimanga fissa nel tempo ma si adegui all’inflazione. Si sta anche considerando l’estensione di franchigie analoghe ad altri elementi del calcolo, dai risparmi fino agli investimenti finanziari.
Un’altra ipotesi in studio riguarda l’introduzione di limiti di reddito complessivo, al di là dei quali nessuna prestazione verrebbe erogata indipendentemente dall’ISEE. Il concetto sotteso è: vogliamo proteggere il ceto medio e le famiglie in difficoltà, ma non coloro che hanno una capacità economica manifestamente elevata. Queste decisioni, però, non sono ancora definitive e dipenderanno dall’andamento finanziario del Paese nei prossimi mesi.


