La gestione dei proventi derivanti dalla cessione dei diritti d’autore rappresenta, per i professionisti che operano nel regime agevolato, una questione tutt’altro che semplice. Non esiste una regola universale: l’Agenzia delle Entrate ha chiarito – attraverso la circolare n. 9/E del 2019 – che tutto ruota attorno al concetto di correlazione con l’attività professionale effettivamente svolta. Un principio apparentemente lineare, ma che nella prassi applicativa genera non pochi dubbi interpretativi.
Quando un professionista in forfettario cede i diritti su un’opera dell’ingegno, occorre verificare se quella cessione sia nata dall’attività lavorativa abituale oppure no. Nel primo caso i compensi entrano nel perimetro del regime agevolato, nel secondo seguono binari fiscali completamente diversi. La questione, come spesso accade, non è puramente teorica: influisce sulla verifica delle soglie di permanenza nel regime (85.000 euro, ora estese a 100.000 per alcuni codici ATECO), sul calcolo dell’imposta sostitutiva, sull’applicazione o meno delle ritenute d’acconto.
🕒 Cosa sapere in un minuto
- Correlazione essenziale: I proventi da diritti d’autore in regime forfettario sono agevolati solo se direttamente collegati all’attività professionale svolta, come chiarito da AE con circolare 9/E/2019.
- Impatto sulla soglia: Se correlati, i compensi rientrano nel calcolo per la permanenza nel forfettario (limite ora a 100.000 euro per alcuni ATECO) e nell’imponibile soggetto a imposta sostitutiva.
- Abolizione ritenute: Il committente non applica ritenuta d’acconto su proventi correlati se il professionista autodichiara il regime forfettario e la correlazione.
- Abbattimento forfetario: Sui compensi da opere dell’ingegno spetta una riduzione del 40% (under 35 anni) o del 25% (over 35), con indicazione speciale nel modello Redditi (LM22).
- No INPS: I compensi da diritti d’autore non sono soggetti a contributi previdenziali, a prescindere dalla correlazione.
- Attenzione ai controlli: L’Agenzia verifica la reale sussistenza della correlazione; occorre documentare il collegamento tra opera e attività.
Il principio della correlazione nel regime forfettario
Secondo quanto previsto dall’Agenzia, la correlazione tra diritti autore e regime forfettario sussiste quando – analizzando i fatti concreti – quei proventi non si sarebbero mai materializzati senza lo svolgimento dell’attività di lavoro autonomo. È un criterio sostanziale, non formale.
Si consideri il caso di un consulente marketing che scrive un manuale sulle strategie digitali: l’opera nasce direttamente dalla sua esperienza professionale, dai clienti seguiti, dalle competenze maturate sul campo. Qui la correlazione è evidente. Diverso sarebbe se lo stesso consulente pubblicasse un libro di ricette di cucina: nessun legame con l’attività professionale, quindi nessuna attrazione nel forfettario.
La circolare 9/E del 2019 ha fissato questo principio, successivamente ribadito dall’interpello n. 517 dello stesso anno. Vale la pena notare che il criterio non è automatico: richiede sempre una valutazione caso per caso. Nella prassi operativa, questo significa che il professionista deve essere in grado di dimostrare – eventualmente in sede di controllo – il collegamento effettivo tra opera ceduta e attività svolta.
Quando i diritti d’autore contano per la soglia
Una volta accertata la correlazione, i compensi per cessione di diritti d’autore concorrono alla verifica della soglia annuale prevista per il regime forfettario. All’epoca dell’interpello 517/2019 il limite era fissato a 65.000 euro, poi elevato prima a 85.000 e attualmente – per alcune categorie – portato a 100.000 euro dalla Legge di Bilancio 2025.
Il meccanismo è il seguente: i proventi correlati entrano nel calcolo del fatturato complessivo che determina la permanenza o l’uscita dal regime agevolato. Ma attenzione: pur essendo inclusi nella soglia, questi compensi mantengono una propria modalità di determinazione dell’imponibile, disciplinata dall’articolo 54-octies del TUIR (l’ex comma 8 dell’art. 54, trasfuso in un articolo autonomo con il D.lgs. 13 dicembre 2024, n. 192).
I diritti d’autore non correlati, invece, restano fuori da questo calcolo. Non pesano sulla soglia degli 85.000/100.000 euro e vengono tassati secondo le regole ordinarie previste per i redditi di lavoro autonomo o – in alcuni casi – come redditi diversi. Il committente applicherà la ritenuta d’acconto del 20% sull’imponibile, il professionista dichiarerà i compensi nel quadro RL del modello Redditi, con tassazione IRPEF progressiva.
L’abbattimento forfetario previsto dalla norma
Secondo quanto previsto dall’art. 54-octies TUIR, i compensi da opere dell’ingegno beneficiano di un abbattimento forfetario del 25% o del 40%. La percentuale varia in base all’età del percettore: chi ha meno di 35 anni al momento della percezione del compenso può applicare la riduzione del 40%, chi ha superato questa soglia deve accontentarsi del 25%.
Prendiamo ad esempio Chiara, psicologa in regime forfettario che ha 31 anni. Scrive un e-book sulla gestione dello stress lavorativo, frutto delle sue competenze professionali e delle sessioni con i pazienti. Un editore le riconosce 4.000 euro per i diritti di pubblicazione. La correlazione c’è: senza l’attività di psicologa, quel libro non sarebbe mai nato.
Calcolo: applicando l’abbattimento del 40% (under 35), l’imponibile scende a 2.400 euro (60% di 4.000). Questo importo si somma agli altri compensi professionali di Chiara per determinare la base su cui calcolare l’imposta sostitutiva (15% o 5% per le nuove attività). I 4.000 euro lordi, inoltre, contribuiscono al raggiungimento della soglia annuale di 85.000 euro.
Se invece Chiara avesse 38 anni, l’abbattimento scenderebbe al 25%: imponibile 3.000 euro (75% di 4.000). Stessa logica, percentuali diverse.
Cosa accade se Chiara scrivesse invece un romanzo giallo, del tutto estraneo alla sua professione? Nessuna correlazione. I 4.000 euro non entrerebbero nel forfettario, non conterebbero per la soglia. Il committente applicherebbe la ritenuta del 20% sull’imponibile (calcolato sempre con l’abbattimento del 40%), Chiara dichiarerebbe il compenso nel quadro RL e pagherebbe IRPEF secondo gli scaglioni ordinari.
La compilazione del modello Redditi 2025
Le istruzioni ministeriali per il modello Redditi 2025 forniscono indicazioni precise, anche se non sempre di immediata comprensione. Quando i diritti d’autore sono correlati all’attività professionale svolta in regime forfettario, vanno indicati nel rigo LM22, colonna 4. Non nella colonna 3, dove finiscono gli altri compensi professionali.
Nella colonna 5 dello stesso rigo si determina il reddito imponibile complessivo: si moltiplica l’importo di colonna 3 per il coefficiente di redditività del proprio codice ATECO (indicato in colonna 2), e si aggiunge l’importo di colonna 4 moltiplicato per 0,75 (se over 35) o 0,60 (se under 35). Il risultato rappresenta la base imponibile su cui calcolare l’imposta sostitutiva.
Per i diritti d’autore non correlati, invece, si usa il quadro RL. Al rigo RL25, colonna 2, vanno i proventi lordi derivanti dall’utilizzazione economica delle opere dell’ingegno. Al rigo RL31 si indica la deduzione forfettaria: 25% dei proventi di RL25 per gli over 35, 40% per gli under 35. L’imponibile residuo viene tassato con IRPEF ordinaria.
Un esempio numerico può chiarire. Alessio, 27 anni, web designer in forfettario (coefficiente di redditività 78%):
- Compensi ordinari nel 2025: 45.000 euro
- Diritti d’autore correlati (template grafici venduti): 8.000 euro
- Diritti d’autore non correlati (illustrazioni per un libro per bambini): 2.500 euro
Compilazione LM22:
- Colonna 3: 45.000
- Colonna 4: 8.000
- Calcolo reddito imponibile (colonna 5): (45.000 x 0,78) + (8.000 x 0,60) = 35.100 + 4.800 = 39.900 euro
- Imposta sostitutiva 15%: 5.985 euro
Compilazione RL:
- RL25, colonna 2: 2.500
- RL31: 1.000 (40% di 2.500)
- Imponibile: 1.500 euro (da tassare con IRPEF)
Ai 45.000 + 8.000 = 53.000 euro si verifica il rispetto della soglia. I 2.500 euro non correlati non contano.
Casi pratici a confronto
La casistica concreta aiuta a comprendere i confini – talvolta sfumati – del concetto di correlazione. Analizziamo tre situazioni diverse.
Primo caso: Davide è un ingegnere civile in regime forfettario. Progetta edifici, segue cantieri, si occupa di certificazioni. Nel tempo libero ha una passione: la fotografia di paesaggi montani. Una casa editrice gli acquista i diritti per l’uso di 30 sue fotografie in un libro di turismo alpino, riconoscendogli 5.000 euro.
Qui non c’è alcuna correlazione. L’ingegneria civile e la fotografia artistica sono ambiti completamente distinti. I 5.000 euro non entrano nel forfettario, non pesano sulla soglia, subiscono ritenuta ordinaria del 20% sull’imponibile (calcolato con l’abbattimento previsto in base all’età). Davide li dichiarerà nel quadro RL del modello Redditi.
Secondo caso: Francesca è una nutrizionista in regime forfettario. Tiene un blog molto seguito dove pubblica articoli su alimentazione, diete e benessere. Scrive un manuale “Nutrizione consapevole: guida pratica” che un editore decide di pubblicare, riconoscendole 12.000 euro di anticipo sui diritti.
Qui la correlazione è forte: il libro nasce direttamente dalla sua competenza professionale, dai contenuti sviluppati per i clienti, dalla sua attività quotidiana. I 12.000 euro entrano nel forfettario. Francesca (ipotizziamo abbia 29 anni) applica l’abbattimento del 40%: imponibile 7.200 euro, da sommare agli altri compensi per l’imposta sostitutiva. I 12.000 euro lordi contano per la verifica della soglia.
Terzo caso: Giovanni è un avvocato penalista in regime forfettario. Oltre alla professione forense, è autore di racconti noir che pubblica su riviste letterarie. Un editore gli offre 8.000 euro per i diritti del suo ultimo romanzo giallo.
Situazione più delicata. Formalmente Giovanni è avvocato, non scrittore professionista. Però si potrebbe argomentare che la sua conoscenza del diritto penale, dei meccanismi processuali, della psicologia criminale alimenta la scrittura dei racconti. L’Agenzia delle Entrate tende però a essere restrittiva: secondo la prassi amministrativa, per professioni come avvocati, commercialisti, medici – che hanno albi professionali con attività non creative – difficilmente si riconosce la correlazione con opere letterarie, salvo che queste siano espressamente tecniche (manuali giuridici, commentari legislativi). Nel caso di Giovanni, quindi, è probabile che i diritti sul romanzo giallo vadano considerati non correlati, con conseguente tassazione ordinaria fuori dal forfettario.
Ritenute e autodichiarazione del professionista
Quando i diritti d’autore risultano correlati e il percipiente opera in regime forfettario, il sostituto d’imposta (committente) non applica ritenute d’acconto. Questo vale ai sensi dell’art. 1, comma 67, della L. 190/2014.
Perché il committente possa esimersi dal trattenere la ritenuta, occorre acquisire una dichiarazione del professionista che attesti sotto la propria responsabilità la correlazione tra i compensi percepiti per diritti d’autore e l’attività autonoma esercitata in regime forfettario. È una dichiarazione sostanziale: non basta affermare genericamente la correlazione, serve che sia effettivamente riscontrabile.
Nella pratica professionale si osserva che molti committenti richiedono questa autodichiarazione in forma scritta, allegata alla fattura o conservata agli atti. Non esiste un modello ufficiale: ciascun soggetto può predisporre un testo libero, purché contenga gli elementi essenziali (dichiarazione di essere in regime forfettario, attestazione della correlazione, riferimenti alla circolare 9/E/2019 e all’interpello 517/2019).
Se la correlazione non sussiste, o se non viene fornita l’autodichiarazione, il committente applica le ritenute ordinarie previste per i compensi di lavoro autonomo: 20% sull’imponibile (già ridotto del 25% o 40%). Il professionista, poi, in sede di dichiarazione annuale, provvederà a conguagliare l’imposta dovuta.
Aspetti contributivi e previdenziali
Vale la pena ricordare un aspetto rilevante: i compensi da diritti d’autore non sono soggetti a contribuzione previdenziale INPS. Questo vale sia che siano correlati all’attività professionale sia che non lo siano. La natura intrinsecamente creativa dell’opera – tutelata dalla normativa sul diritto d’autore – esclude l’assoggettamento ai contributi previdenziali.
Per un professionista in regime forfettario questo significa che sui diritti d’autore correlati si pagherà solo l’imposta sostitutiva (15% o 5%), senza alcun aggravio contributivo. Un vantaggio non trascurabile, considerando che i normali compensi professionali – anche nel forfettario – comportano comunque il versamento dei contributi alla gestione separata INPS (con aliquote che nel 2025 si attestano intorno al 26,23% per i non iscritti ad altre gestioni).
Prospettive interpretative e controlli
L’Agenzia delle Entrate ha intensificato negli ultimi anni i controlli sui compensi da diritti d’autore percepiti da contribuenti in regime forfettario. L’obiettivo è verificare l’effettiva sussistenza della correlazione dichiarata, evitando che proventi ordinari vengano artificiosamente qualificati come diritti d’autore per beneficiare dell’abbattimento forfetario.
Nella prassi amministrativa emergono alcuni elementi di attenzione: la continuità temporale (se i diritti vengono ceduti regolarmente, potrebbero configurare un’attività abituale), la professionalità dell’autore (un professionista iscritto a un albo che non prevede attività creative difficilmente può vantare correlazione per opere letterarie generiche), la coerenza tra opera ceduta e competenze professionali effettive.
Occorre poi considerare che la normativa – in assenza di modifiche legislative – rimane quella consolidata dalla circolare 9/E/2019 e dall’interpello 517/2019. Il passaggio del comma 8 dell’art. 54 TUIR nel nuovo art. 54-octies (operato dal D.lgs. 192/2024) rappresenta una mera ricollocazione sistematica, senza modifiche sostanziali al meccanismo di calcolo.



