Una delle questioni che da sempre assilla i dirigenti di Associazioni e Società Sportive Dilettantistiche riguarda la destinazione d’uso dei locali dove si svolge l’attività sportiva. La rivoluzione normativa operata dal D.Lgs. 36/2021, come modificato dal decreto correttivo D.Lgs. 120/2023, ha ridefinito l’intero panorama regolamentare delle destinazioni urbanistiche per associazioni e società sportive dilettantistiche. L’introduzione dell’articolo 7-bis segna il superamento di decenni di incertezze giurisprudenziali e interpretative che hanno caratterizzato il settore sportivo dilettantistico, configurandosi come uno degli interventi più significativi della cosiddetta “Riforma dello Sport”.
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Inquadramento sistematico: la trasposizione dal Terzo Settore allo sport
L’articolo 7-bis del D.Lgs. 36/2021 stabilisce che “le sedi delle associazioni e delle società sportive dilettantistiche in cui si svolgono le relative attività statutarie, purché non di tipo produttivo, sono compatibili con tutte le destinazioni d’uso omogenee previste dal decreto del Ministero dei lavori pubblici n. 1444 del 2 aprile 1968 indipendentemente dalla destinazione urbanistica”.
La formulazione normativa riprende letteralmente l’articolo 71, comma 1, del Codice del Terzo Settore, configurando quella che la dottrina ha definito un’operazione di “traslazione sistematica” tra ordinamenti paralleli. Questa scelta del legislatore evidenzia la progressiva convergenza disciplinare tra enti sportivi dilettantistici e organizzazioni del Terzo Settore, completando un processo di armonizzazione iniziato con la Legge delega 86/2019.
Riferimenti normativi e zonizzazione territoriale
Il richiamo al Decreto Ministeriale 1444/1968 assume rilevanza fondamentale, poiché definisce le zone territoriali omogenee: zone A (di particolare valore storico-artistico), zone B (totalmente o parzialmente edificate), zone C (di espansione), zone D (destinate a impianti industriali), zone E (uso agricolo) e zone F (attrezzature di interesse generale). La compatibilità con “tutte le destinazioni d’uso omogenee” comporta che le ASD/SSD possano operare indistintamente in ciascuna di queste classificazioni, purché rispettino i vincoli di sicurezza e igienico-sanitari.
Profili di sicurezza antincendio: adempimenti normativi stratificati
La liberalizzazione urbanistica non elimina gli obblighi di sicurezza, che anzi assumono centralità nel nuovo sistema. Il D.M. 18 marzo 1996, come aggiornato dal D.M. 13 agosto 2024, rimane il riferimento normativo principale per la sicurezza antincendio negli impianti sportivi. Il decreto del 2024 ha introdotto l’articolo 23-bis, stabilendo che i riferimenti alle norme tecniche devono essere interpretati come rinvio alla “regola dell’arte vigente”, ossia alle pratiche tecniche più avanzate e attuali.
Classificazione degli obblighi per soglie dimensionali
Le ASD e SSD rientrano nel punto 65 dell’allegato I al D.P.R. 151/2011, che disciplina “locali di spettacolo e di trattenimento in genere, impianti e centri sportivi, palestre, sia a carattere pubblico che privato”. La normativa prevede tre categorie distinte:
- Categoria A (oltre 100 persone o superficie superiore a 200 mq): richiede certificato di prevenzione incendi, progettazione antincendio specifica, sistemi di rilevazione e spegnimento automatico, piano di emergenza ed evacuazione.
- Categoria B (fino a 100 persone senza spettatori): si applica l’articolo 20 del D.M. 18 marzo 1996, che prevede almeno due uscite di sicurezza (una da 1,20 m e una da 0,80 m), conformità delle strutture alle disposizioni antincendio, presenza di estintori portatili.
- Categoria C (attività accessorie): per le attività di supporto (spogliatoi, depositi, uffici) si applicano le norme generali del D.P.R. 151/2011 senza specifici adempimenti aggiuntivi.
Responsabilità gestionale e piani di emergenza
Il titolare dell’impianto sportivo assume la responsabilità del mantenimento delle condizioni di sicurezza e deve elaborare un piano finalizzato al mantenimento delle condizioni di sicurezza, al rispetto dei divieti e delle limitazioni d’esercizio. Nel caso di concessione d’uso, la responsabilità si trasferisce al concessionario, che deve elaborare un proprio piano di sicurezza coordinato con quello del titolare.
Normative igienico-sanitarie: competenze locali e regionali
Il rispetto delle norme igienico-sanitarie costituisce condizione inderogabile per l’esercizio dell’attività. La competenza in materia è frammentata tra diversi livelli istituzionali: le Aziende Sanitarie Locali per gli aspetti igienico-sanitari generali, i Comuni per le autorizzazioni edilizie e la conformità urbanistica, le Regioni per gli standard strutturali specifici.
Ogni Comune può disciplinare attraverso regolamenti locali aspetti quali: capienza massima degli ambienti, presenza e caratteristiche di spogliatoi e servizi igienici, requisiti di aerazione e illuminazione naturale o artificiale, caratteristiche acustiche degli ambienti, distanze minime tra attrezzature sportive.
La giurisprudenza amministrativa ha chiarito che le normative regionali mantengono efficacia nella misura in cui non contrastino con i principi stabiliti dalla riforma nazionale. Tuttavia, permane un’area grigia interpretativa dove la supremazia normativa statale può entrare in conflitto con regolamentazioni locali più restrittive.
Vincoli sostanziali: il carattere non produttivo delle attività
L’articolo 7-bis subordina l’applicazione della disciplina agevolata al requisito che le attività “non abbiano carattere produttivo”. Questa limitazione si correla direttamente con l’articolo 9 del D.Lgs. 36/2021, che disciplina le attività secondarie e strumentali delle ASD/SSD.
Criteri di demarcazione tra attività istituzionale e commerciale
La distinzione tra attività istituzionale e produttiva non sempre presenta contorni definiti. La dottrina prevalente individua carattere produttivo nelle attività svolte con modalità imprenditoriali verso soggetti esterni alla compagine sociale, mentre mantiene natura istituzionale l’erogazione di servizi esclusivamente ai tesserati.
L’utilizzo di locali per attività secondarie e strumentali rimane consentito, purché queste abbiano carattere marginale rispetto all’attività principale e rispettino i criteri e limiti che dovranno essere definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (ancora non emanato). Il mancato rispetto di tali criteri comporta la cancellazione d’ufficio dal Registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche.
Casistica applicativa: esempi operativi e criticità emergenti
L’applicazione pratica della norma genera scenari interpretativi complessi. Un’associazione di danza sportiva può utilizzare locali ex-commerciali per corsi di formazione coreografica, purché ottenga le autorizzazioni di sicurezza e rispetti le norme igienico-sanitarie. Una società sportiva può allestire spazi per fisioterapia sportiva in un ex-capannone industriale, a condizione che l’attività sia rivolta esclusivamente ai tesserati e non configuri esercizio di attività sanitaria verso terzi.
Diversamente, rimane precluso l’utilizzo di locali strutturalmente inadeguati: seminterrati privi di vie di fuga regolamentari, ambienti senza ventilazione naturale o meccanica conforme, spazi con altezze inferiori ai minimi normativi. La flessibilità urbanistica non può superare i vincoli fisici e strutturali imposti dalla normativa di sicurezza.
Problematiche procedimentali negli uffici comunali
Nella prassi applicativa si registrano orientamenti difformi tra uffici edilizi comunali. Alcuni richiedono ancora specifiche destinazioni d’uso sportive, invocando normative regionali di dettaglio. Altri applicano correttamente la nuova disciplina, limitando i controlli agli aspetti di sicurezza e igiene. Questa disomogeneità genera incertezza operativa e potenziali contenziosi amministrativi.
La giurisprudenza amministrativa più recente ha confermato la prevalenza della normativa statale su eventuali restrizioni locali non giustificate da specifiche esigenze di sicurezza o tutela ambientale. Tuttavia, il consolidamento interpretativo richiederà verosimilmente ulteriori chiarimenti ministeriali o interventi della Cassazione.
Profili sistematici: coordinamento con il Codice del Terzo Settore
L’inserimento dell’articolo 7-bis completa il processo di allineamento tra disciplina sportiva e normativa del Terzo Settore. Questa convergenza risponde a una logica di semplificazione amministrativa e di riconoscimento del valore sociale delle attività sportive dilettantistiche.
Il parallelismo normativo comporta che le interpretazioni giurisprudenziali consolidate in materia di ETS possano costituire precedente utile per l’applicazione della disciplina sportiva. Tuttavia, permangono specificità settoriali che richiedono autonoma valutazione, particolarmente negli aspetti di sicurezza degli impianti sportivi.
Controlli e sanzioni: il Registro nazionale come strumento di vigilanza
Il sistema di controlli si articola su due livelli: la vigilanza locale per gli aspetti di sicurezza e igiene, la supervisione nazionale attraverso il Registro delle attività sportive dilettantistiche per il rispetto dei requisiti soggettivi e delle finalità istituzionali.
La cancellazione d’ufficio dal RAS costituisce la sanzione ultima per il mancato rispetto dei requisiti normativi, comportando la perdita di tutti i benefici fiscali e contributivi riconosciuti agli enti sportivi. Questa previsione evidenzia come il legislatore abbia voluto bilanciare la maggiore flessibilità operativa con controlli più penetranti sulla conformità sostanziale degli enti.
Prospettive evolutive e questioni aperte
L’articolo 7-bis rappresenta un tassello significativo nella modernizzazione del diritto sportivo, ma lascia aperti alcuni nodi interpretativi che richiederanno chiarimenti applicativi. La mancata emanazione del decreto sui criteri e limiti delle attività secondarie genera incertezza sulla portata effettiva della liberalizzazione urbanistica.
L’evoluzione giurisprudenziale dovrà precisare i confini tra attività istituzionale e produttiva, particolarmente nelle situazioni di confine dove l’erogazione di servizi a soggetti esterni alla compagine sociale può configurare attività economica organizzata. Analogamente, il coordinamento tra normativa nazionale e regolamentazioni locali richiederà probabili interventi chiarificatori del Ministero dell’Interno e del Dipartimento per lo Sport.
La riforma configura un modello di regolamentazione funzionale che privilegia la sostanza sulla forma, superando l’approccio vincolistico tradizionale. Questo cambio di paradigma riflette un’evoluzione più generale del diritto amministrativo verso criteri di proporzionalità e ragionevolezza, che potrà influenzare anche altri settori dell’ordinamento giuridico.