L’Agenzia delle Entrate ha avviato la seconda ondata di verifiche sui mancati aggiornamenti catastali dopo interventi finanziati con il superbonus. Si parla di altre 12.000 comunicazioni di compliance che arriveranno ai contribuenti entro dicembre 2025. Stavolta il focus si sposta: non più solo immobili privi di rendita, ma anche quelli con valori catastali palesemente bassi rispetto all’entità dei lavori realizzati.<
🕒 Cosa sapere in un minuto
- L’Agenzia delle Entrate sta inviando altre 12.000 lettere di compliance per controllare gli aggiornamenti catastali post-superbonus.
- Il focus è su immobili con rendite palesemente basse rispetto ai lavori dichiarati.
- La comunicazione ricevuta non è un accertamento, ma un invito alla regolarizzazione spontanea: rispondere entro i termini per evitare sanzioni.
- Obbligo di variazione catastale solo in caso di aumento del valore dell’immobile di almeno 15% (criterio DOCFA), ma la casistica va valutata da un tecnico.
- Le sanzioni per omessa dichiarazione vanno da 1.032 a 8.264 euro, riducibili tramite ravvedimento operoso.
- È fondamentale la collaborazione tra contribuente, tecnico e commercialista per verificare dati e obblighi.
Il nuovo fronte delle verifiche fiscali
Dopo aver concluso una prima fase di controlli (circa 3.000 lettere inviate tra aprile e maggio), l’amministrazione finanziaria stringe ulteriormente il cerchio. I destinatari della prima tornata erano proprietari di ruderi, fabbricati collabenti o immobili in costruzione – insomma, casi dove la rendita catastale era assente. Risultati? Il 60% ha già provveduto alla regolarizzazione. Parliamo di circa 1.800 immobili che hanno visto aggiornare la propria posizione catastale.
Ora però l’attenzione si concentra su situazioni diverse e, per certi versi, più complesse da gestire. Gli uffici territoriali stanno analizzando le sproporzioni evidenti tra i costi dichiarati per i lavori e le rendite registrate negli archivi catastali. Come? Incrociando le comunicazioni di cessione del credito e sconto in fattura con i dati presenti nelle banche dati dell’Agenzia.
La base normativa dei controlli superbonus
L’attività rientra nel piano intensificato previsto dalla legge di Bilancio 2024. In particolare, secondo quanto disposto dall’articolo 1, commi 86 e 87, della legge 30 dicembre 2023, n. 213, l’Agenzia delle Entrate deve verificare la corretta presentazione delle variazioni catastali per gli immobili che hanno beneficiato del bonus al 110%
Il Provvedimento n. 38133 del 7 febbraio 2025 ha poi definito modalità e contenuto delle comunicazioni. La lettera arriva via PEC o raccomandata, ma si trova anche nel cassetto fiscale del contribuente. I dati contenuti sono specifici: codice fiscale, identificativo catastale dell’immobile (quello indicato nella comunicazione dell’opzione), invito a fornire chiarimenti tramite il servizio “Consegna documenti e istanze” nell’area riservata.
Nella prassi professionale, occorre prestare attenzione a un particolare. La comunicazione non rappresenta un accertamento vero e proprio, ma un invito alla regolarizzazione spontanea. Questo aspetto ha ricadute pratiche importanti sul piano sanzionatorio, come vedremo.
Quando scatta l’obbligo di variazione catastale
Non tutti gli interventi edilizi comportano necessariamente un aggiornamento della rendita. Si consideri che il principio generale rimanda alla Determinazione del 16 febbraio 2005 dell’Agenzia del Territorio (ormai confluita nelle Entrate). Secondo tale documento, la rideterminazione della rendita si lega a interventi che abbiano determinato un incremento stimabile in misura non inferiore al 15% del valore di mercato e della relativa redditività dell’immobile.
Questo criterio del 15% è diventato, di fatto, uno spartiacque. Sotto quella soglia, in assenza di modifiche sostanziali alla consistenza o alla categoria catastale, potrebbe non sussistere l’obbligo di presentare la dichiarazione DOCFA. Ma attenzione: la giurisprudenza ha talvolta interpretato in modo restrittivo questa soglia, specialmente quando i lavori hanno riguardato ampliamenti, frazionamenti o cambi di destinazione d’uso.
Nel caso del superbonus, poi, la questione si complica. Parliamo di interventi di riqualificazione energetica e sismica che, per loro natura, tendono ad aumentare significativamente il valore degli immobili. Un cappotto termico, la sostituzione completa degli infissi, un nuovo impianto di riscaldamento con pompa di calore – sono tutti elementi che incidono sulla classe energetica e, di conseguenza, sul valore di mercato.
Le modalità di presentazione della dichiarazione
Quando sussiste l’obbligo? Il riferimento normativo è l’articolo 1, commi 1 e 2, del decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701. La dichiarazione va presentata entro 30 giorni dalla data di ultimazione dei lavori oppure, se successiva, dalla data in cui l’immobile è divenuto abitabile o servibile all’uso cui è destinato.
Nella casistica comune emerge un problema ricorrente: molti contribuenti non sono a conoscenza di questo obbligo. O meglio, sanno che esiste ma pensano che competa esclusivamente al tecnico che ha diretto i lavori. In realtà la responsabilità è condivisa, anche se formalmente spetta al direttore dei lavori presentare la documentazione tecnica necessaria.
I professionisti che seguono pratiche di superbonus sanno bene quanto sia delicata questa fase. Spesso il proprietario, concentrato sulla chiusura del cantiere e sulla documentazione per ottenere il beneficio fiscale, trascura l’aspetto catastale. Poi, magari due o tre anni dopo, arriva la lettera dell’Agenzia. E a quel punto la regolarizzazione comporta costi aggiuntivi – sia per il tecnico che dovrà redigere la pratica DOCFA, sia eventualmente per le sanzioni ridotte tramite ravvedimento operoso.
Il piano triennale: 60.000 controlli entro il 2027
Il Documento programmatico di finanza pubblica approvato dal Governo il 2 ottobre scorso certifica i numeri dell’operazione. Entro la fine del 2025 si punta a 15.000 lettere complessive (3.000 già inviate più le 12.000 in partenza). Nel 2026 ne arriveranno altre 20.000. Infine, nel 2027, l’Agenzia ne trasmetterà ulteriori 25.000.
Un piano ambizioso che coinvolgerà decine di migliaia di contribuenti e, di riflesso, altrettanti professionisti tecnici chiamati a gestire le pratiche di regolarizzazione. Come spesso accade in questi casi, le province maggiormente interessate sono quelle dove si è concentrato il maggior numero di interventi agevolati. Napoli, Roma, Reggio Calabria, Bari, Treviso risultano tra le aree con più posizioni sotto esame.
Cosa fare quando arriva la comunicazione
Ricevere una lettera di compliance dell’Agenzia delle Entrate non significa automaticamente essere in torto. È opportuno notare che la comunicazione parte da dati incrociati automaticamente, quindi può contenere imprecisioni o situazioni da chiarire. Ecco i passaggi da seguire:
Primo step: verificare i dati. Controllare attentamente l’identificativo catastale riportato nella lettera e confrontarlo con la situazione reale dell’immobile. Può succedere – non è frequentissimo ma capita – che l’incrocio informatico abbia generato un’anomalia inesistente.
Secondo step: valutare se sussiste l’obbligo. Non tutti gli interventi del superbonus richiedono variazione catastale. Se i lavori hanno riguardato esclusivamente miglioramenti impiantistici o di efficienza energetica senza modificare la consistenza (numero di vani), la categoria o la classe, potrebbe non esserci alcun obbligo. Servirà però una perizia tecnica che lo attesti.
Terzo step: regolarizzare o rispondere. Se l’obbligo esiste e non si è adempiuto, occorre presentare la dichiarazione DOCFA tramite un tecnico abilitato e avvalersi del ravvedimento operoso per ridurre le sanzioni. Se invece si ritiene che non vi sia obbligo, bisogna fornire all’Agenzia idonea documentazione tecnica che dimostri la correttezza del comportamento tenuto. Il tutto va trasmesso tramite il canale telematico “Consegna documenti e istanze” presente nell’area riservata del sito.
I termini per rispondere sono indicati nella comunicazione stessa. Generalmente si tratta di 30 giorni, prorogabili in casi particolari. L’importante è non lasciar scadere i termini senza reagire, perché il silenzio potrebbe essere interpretato come acquiescenza rispetto alla contestazione.
Le conseguenze fiscali del mancato aggiornamento
Perché l’Agenzia punta così tanto su questi controlli? Le rendite catastali costituiscono la base imponibile per numerose imposte. IMU, imposta di registro negli atti di compravendita, imposta sulle successioni e donazioni – tutte partono dal valore catastale dell’immobile.
Un immobile con rendita sottostimata genera minori entrate tributarie. E quando parliamo di migliaia di unità immobiliari riqualificate con investimenti pubblici (perché il superbonus, ricordiamolo, è costato decine di miliardi di euro alle casse dello Stato), il recupero di gettito diventa significativo.
Ma c’è anche un aspetto di equità. Chi ha migliorato sostanzialmente il proprio immobile, aumentandone il valore di mercato e la classe energetica, dovrebbe veder riconosciuto questo miglioramento anche ai fini catastali. Mantenere rendite obsolete crea distorsioni nel sistema tributario e penalizza chi invece ha regolarmente aggiornato la propria posizione.
Le sanzioni per omessa presentazione della dichiarazione catastale vanno da 1.032 a 8.264 euro, ai sensi dell’articolo 28 del regio decreto legge 13 aprile 1939, n. 652. Importi significativi, riducibili tramite ravvedimento operoso ma comunque rilevanti. Senza contare che il mancato aggiornamento può generare problemi anche in caso di futura compravendita dell’immobile, quando il notaio richiederà la conformità tra stato di fatto e situazione catastale.
Immobili senza variazioni rilevanti: come dimostrarlo
Nella pratica professionale si osserva che non tutti i lavori superbonus determinano necessariamente un obbligo di aggiornamento. Prendiamo il caso di un appartamento in condominio dove sono stati realizzati interventi sulla parte comune (cappotto termico, rifacimento della copertura) e sulla parte privata (sostituzione caldaia e infissi).
Se l’immobile aveva già una buona categoria catastale e i lavori non hanno modificato la distribuzione interna, il numero di vani o la superficie, potrebbe non essere necessario l’aggiornamento. Però serve una relazione tecnica asseverata che lo dimostri. Non basta dire “non ho modificato nulla”, serve una perizia che analizzi l’impatto degli interventi sul valore di mercato e sulla rendita potenziale.
Il tecnico dovrà verificare se l’incremento di valore è stato inferiore alla soglia del 15 per cento. Come si calcola? Si confronta il valore ante e post intervento, tenendo conto sia degli aspetti energetici (passaggio da classe G a classe B, per esempio) sia di quelli strutturali e impiantistici. Un calcolo non sempre semplice e che richiede competenze specifiche.
Anche in questi casi, è necessario presentare documentazione all’Agenzia in risposta alla lettera di compliance. La mancata risposta non fa venir meno l’eventuale contestazione, che potrebbe poi sfociare in un accertamento vero e proprio con conseguenze sanzionatorie più pesanti.
Gli strumenti tecnologici per i controlli
Un aspetto che emerge dalle comunicazioni ufficiali riguarda le modalità con cui l’Agenzia individua le posizioni da verificare. Si parla di “strumenti avanzati di analisi e interoperabilità delle banche dati”. In pratica, algoritmi che incrociano:
- Le comunicazioni di cessione del credito e sconto in fattura (dove sono indicati gli importi dei lavori e i dati catastali);
- Gli archivi catastali con le rendite attuali;
- Le visure storiche per verificare eventuali aggiornamenti già presentati;
- I dati dell’Anagrafe Tributaria.
Il sistema genera automaticamente segnalazioni di anomalia quando rileva sproporzioni significative. Ad esempio, un immobile con rendita di 400 euro annui per cui sono stati dichiarati lavori per 100.000 euro attiva un alert. Oppure un fabbricato ancora classificato come collabente (categoria F/2) ma per il quale risultano comunicazioni di cessione del credito relative a interventi di recupero edilizio.
Questa mappatura tecnologica consente di individuare le situazioni più evidenti, ma può anche generare falsi positivi. Ecco perché la lettera di compliance non è un accertamento definitivo, ma un invito a fornire chiarimenti. Il confronto con il contribuente rimane centrale.
Prospettive applicative e criticità operative
L’operazione di controllo sulle variazioni catastali post-superbonus solleva alcune questioni operative di non poco conto. La prima riguarda i tempi tecnici. Presentare una pratica DOCFA richiede rilievi, elaborazioni grafiche, calcolo della nuova rendita. Non si fa in un giorno. E molti studi tecnici, già oberati di lavoro, si trovano ora a dover gestire un flusso di richieste di regolarizzazione che si somma alle normali attività.
La seconda criticità attiene alla determinazione della nuova rendita. Il sistema Docfa utilizza tariffe d’estimo stabilite dall’Agenzia per ciascuna zona censuaria. Ma tali tariffe non sempre riflettono l’effettivo incremento di valore determinato da un intervento di riqualificazione energetica. Può succedere che la nuova rendita risulti comunque bassa rispetto al reale valore di mercato, innescando potenzialmente ulteriori controlli futuri.
Infine, c’è il tema della retroattività. I controlli riguardano anche interventi conclusi nel 2020 e 2021, quando il superbonus era nella sua fase iniziale e molti aspetti applicativi erano ancora incerti. La normativa sull’obbligo di variazione catastale esisteva già, certo, ma la consapevolezza diffusa tra i contribuenti era minore. Ora ci si trova a dover regolarizzare situazioni che risalgono a diversi anni fa, con i relativi problemi documentali (reperire i progetti, le asseverazioni, le pratiche edilizie).
Il ruolo dei professionisti nella gestione delle comunicazioni
I commercialisti, i consulenti fiscali, i geometri e gli ingegneri stanno diventando figure centrali nella gestione di questa seconda fase dei controlli. Il contribuente che riceve la lettera, spesso, non ha le competenze per valutare autonomamente se sussiste l’obbligo di aggiornamento catastale.
Serve un approccio multidisciplinare. Il tecnico deve verificare gli aspetti edilizi e catastali, il commercialista deve valutare le implicazioni fiscali e le possibilità di ravvedimento. In alcuni casi può essere opportuno coinvolgere anche un legale, soprattutto quando si intende contestare la pretesa dell’Agenzia fornendo perizie tecniche particolarmente complesse.
I professionisti segnalano anche un problema di coordinamento temporale. La lettera arriva al contribuente, che si rivolge al commercialista, il quale a sua volta deve contattare un tecnico per la valutazione catastale. I 30 giorni per rispondere possono non essere sufficienti, specialmente se il tecnico deve effettuare sopralluoghi o reperire documentazione presso gli archivi comunali.
In questi casi è possibile chiedere una proroga, motivandola adeguatamente. L’Agenzia, nella maggior parte dei casi, concede tempi aggiuntivi se la richiesta è ragionevole e documentata. L’importante è attivarsi tempestivamente e non attendere l’ultimo momento.