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Controlli crediti R&S: variabilità, criteri e nuove criticità fiscali

3 Dicembre, 2025

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Il recupero dei crediti d’imposta per ricerca e sviluppo relativi al periodo 2015 2019 sta vivendo una nuova stagione di verifiche. Le imprese coinvolte si trovano davanti a controlli più articolati, modellati sulla natura dei progetti, sulle tipologie di spesa e sui tempi di realizzazione delle attività. L’insieme di pronunce amministrative e chiarimenti tecnici, dagli ultimi interventi del ministero alle decisioni del Tar Lazio, sta ridisegnando l’approccio alla verifica fiscale, con esiti tutt’altro che omogenei.

🕒 Cosa sapere in un minuto

  • I controlli sui crediti R&S 2015 2019 sono tornati con un approccio più tecnico e variabile;
  • Nei software il requisito della novità scientifica è verificato con maggiore rigidità;
  • Nei settori produttivi le contestazioni riguardano documentazione, personale e tracciabilità delle ore;
  • Il rispetto dei criteri temporali ex art.109 Tuir è una delle principali cause di recupero;
  • L’onere della prova resta interamente in capo all’impresa.

Evoluzione delle verifiche e quadro di riferimento

Negli ultimi mesi il contesto interpretativo ha subito una trasformazione evidente. La sentenza Tar Lazio n. 15039 del 2023, che ha eliminato l’obbligo di applicare rigidamente le indicazioni contenute nel Dpcm 15 settembre 2023 e nelle linee guida introdotte con il decreto 4 luglio 2024, ha inciso sulla lettura del Manuale di Frascati e sull’utilizzo dell’articolo 3 del Dl 145/2013. La prassi più recente, compresa la nota del Mef dell’1 luglio 2025, ha esteso il concetto di non spettanza del credito, includendo la valutazione non solo delle attività ma anche del momento in cui si chiude la fase agevolabile.

Nella prassi questa evoluzione ha prodotto controlli più profondi, che oscillano tra un approccio tecnico e un esame documentale sulle modalità di rendicontazione. Le imprese si trovano così ad affrontare verifiche che non seguono un modello unitario e si adattano al settore produttivo interessato.

Il nodo dei software e la questione della novità

Nei comparti legati allo sviluppo software, alle tecnologie digitali e ai sistemi informativi, il recupero assume contorni rigidi. L’attenzione degli uffici resta fissata sulla “novità” scientifica del progetto e sulle attività finalizzate alla creazione o evoluzione di funzionalità non già presenti sul mercato. Una linea già tracciata dall’amministrazione con la circolare Mise del febbraio 2018 e ribadita dalla risoluzione 41/E del 2022.

Il rischio è evidente: vengono spesso respinte attività che, pur presentando un contenuto di innovazione industriale o una complessità rilevante, non soddisfano secondo l’amministrazione il requisito della genuina incertezza tecnico scientifica. In assenza di documentazione che dimostri il percorso sperimentale, il credito rischia il disconoscimento.

Questo punto apre un interrogativo: sei certo che la tua impresa o i tuoi clienti abbiano sempre interpretato correttamente il concetto di “novità tecnologica”? Perché molte aziende danno per scontato che l’internal development equivalga automaticamente a ricerca, ma le verifiche stanno dimostrando il contrario.

I controlli crediti R&S negli altri settori

La situazione appare più sfumata per i settori produttivi tradizionali. Quando le attività riguardano miglioramenti ai processi produttivi, ai materiali o alle fasi di prototipazione, le verifiche si concentrano sulla coerenza tra ricerca, sviluppo sperimentale e fabbisogno aziendale.

Il perimetro dei controlli rimane variabile. Talvolta l’attenzione si sposta sul personale coinvolto e sulla sua qualificazione; altre volte sul livello di documentazione tecnica, sulle prove di test e sulle procedure di validazione. In più occasioni gli ispettori contestano la mancanza di una tracciabilità completa delle ore dedicate alle attività di ricerca e sviluppo, così come la presenza di costi attribuiti al progetto senza un collegamento diretto e verificabile.

Un punto critico frequente riguarda la partecipazione di figure aziendali trasversali. Senza un registro ore dettagliato, la loro attività non viene considerata dimostrabile. È una di quelle aree in cui molti imprenditori sono convinti di essere in regola, ma basta una verifica per mostrare falle organizzative notevoli.

Le incidenze temporali e il tema della competenza

I recuperi fiscali più significativi emergono spesso su un elemento apparentemente semplice: il rispetto del criterio temporale previsto dall’articolo 109 del Tuir. Il credito deve riferirsi alle spese sostenute nel periodo d’imposta in cui ricadono le attività di ricerca, e non a quelle avviate o sviluppate in anni diversi.

La casistica più ricorrente interessa i progetti pluriennali avviati prima del 2015 o chiusi dopo il 2019. Se la spesa viene imputata all’anno sbagliato, gli uffici contestano l’errore come causa di non spettanza, indipendentemente dalla natura tecnica delle attività. Succede spesso nei casi di prototipi avviati nel 2014 ma testati nel 2016, o nella ricerca che ha un’evoluzione intermittente.

È il punto in cui potresti sottovalutare un rischio: l’allineamento tra fasi progettuali e imputazioni contabili non è quasi mai lineare nei progetti di R&S, e la presunzione che basti un cronoprogramma retrodatato per convincere l’amministrazione si sta rivelando fragile.

Documentazione e onere della prova

Gli uffici insistono sulla necessità di mostrare una catena documentale continua che attesti sperimentazione, incertezza e attività sistematica. I rilievi più pesanti riguardano:

  • la mancanza di analisi progettuali;
  • la genericità delle relazioni tecniche;
  • la presenza di personale non qualificato nelle fasi dichiarate come ricerca;
  • la distanza tra forniture acquistate e attività effettivamente svolte.

Nelle contestazioni più recenti vengono richiesti anche verbali interni, e mail tecniche, versioning dei codici e qualsiasi prova di avanzamento iterativo. Un approccio più tipico delle verifiche su innovazione digitale, ma ormai applicato anche all’ingegneria, alla chimica e al manifatturiero.

Una riflessione necessaria

Le imprese spesso lamentano la variabilità dei controlli. Ma sarebbe troppo facile fermarsi qui. La domanda da porsi è un’altra: il modello organizzativo interno è realmente sufficiente a sostenere un’agevolazione che presuppone rigore sperimentale, tracciamento puntuale e identificazione precisa delle attività? Molti contribuenti danno per scontato di sì, ma le verifiche degli ultimi due anni stanno dimostrando che è un presupposto discutibile.

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