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Composizione negoziata della crisi

Composizione negoziata della crisi per debiti fiscali oltre 90 giorni

11 Ottobre, 2025

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L’Agenzia delle Entrate ha avviato un’operazione di segnalazione preventiva nei confronti delle imprese che presentano debiti tributari e contributivi scaduti da oltre novanta giorni. Non si tratta di una procedura esecutiva immediata, quanto piuttosto di un sistema di allerta che mira a indirizzare le aziende verso strumenti di gestione della crisi prima che la situazione diventi irreversibile. Il meccanismo, previsto dall’articolo 25-novies del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019), rappresenta un punto di svolta nell’approccio dello Stato verso le difficoltà finanziarie delle imprese, spostando l’attenzione dalla riscossione coattiva alla ricerca di soluzioni condivise.

🕒 Cosa sapere in un minuto

  • L’Agenzia delle Entrate segnala ora preventivamente le imprese con debiti tributari/contributivi scaduti da oltre 90 giorni, in base all’art. 25-novies Codice crisi d’impresa (D.Lgs. 14/2019).
  • La soglia di segnalazione varia: €100.000 ditte individuali, €200.000 società di persone, €500.000 società di capitali.
  • La segnalazione non è una procedura esecutiva ma un sistema di allerta per invitare l’imprenditore ad attivarsi per la composizione negoziata della crisi.
  • L’impresa può accedere a strumenti di gestione assistita della crisi, sospensione temporanea delle esecuzioni e trattare dilazioni/riduzioni sanzioni.
  • La transazione fiscale permette piani rateali e stralcio sanzioni, ma il debito principale resta dovuto salvo omologhe giudiziarie; nuova disciplina aggiornata da D.Lgs. 136/2024.
  • Ricevere la comunicazione è un segnale tempestivo: è fondamentale rivolgersi subito a un consulente esperto per verificare le reali prospettive di risanamento.

Il sistema di segnalazione dell’Agenzia delle Entrate

L’architettura normativa che regola questa attività di segnalazione si basa su un principio apparentemente semplice ma nella prassi applicativa piuttosto articolato. Secondo quanto disposto dall’articolo 25-novies del Codice della crisi, gli enti creditori pubblici – Agenzia delle Entrate, Agenzia delle Entrate-Riscossione e INPS in primis – sono tenuti a comunicare formalmente all’imprenditore l’esistenza di debiti fiscali e contributivi che superano determinate soglie e che risultano scaduti da più di tre mesi.

Le soglie individuate dal legislatore variano in base alla natura giuridica dell’impresa: si parla di 100.000 euro per le imprese individuali, 200.000 euro per le società di persone e 500.000 euro per le società di capitali. Va precisato che questi importi si riferiscono al debito complessivo verso l’ente pubblico, includendo quindi sia le somme iscritte a ruolo sia quelle derivanti da accertamenti definitivi, sanzioni e interessi. Una società a responsabilità limitata che accumula, poniamo, 350.000 euro di debiti IRES e IVA non riceve la segnalazione, mentre una ditta individuale con 120.000 euro di esposizione verso l’Erario sì.

Il meccanismo è operativo dal 2022 e si è progressivamente affinato attraverso provvedimenti e circolari interne dell’Agenzia (tra cui il Provvedimento del Direttore n. 21447/2024). Nella realtà operativa, gli uffici territoriali dell’Agenzia verificano periodicamente – con cadenza che può variare a seconda delle direttive interne – la posizione debitoria dei contribuenti, incrociando i dati delle dichiarazioni fiscali con quelli della riscossione. Quando emergono situazioni che rientrano nei parametri, parte la comunicazione formale.

La lettera dell’Agenzia: cosa contiene realmente

Le missive che giungono alle imprese non sono semplici solleciti di pagamento. Si tratta piuttosto di comunicazioni che hanno una duplice funzione: da un lato informano il contribuente della sua situazione debitoria, dall’altro lo invitano esplicitamente a valutare l’attivazione di una composizione negoziata della crisi. È questo l’aspetto che merita particolare attenzione, perché rappresenta – se vogliamo – una sorta di “campanello d’allarme istituzionale” che anticipa eventuali azioni più incisive.

La struttura di queste comunicazioni prevede solitamente l’indicazione dell’ammontare complessivo del debito, la specificazione dei tributi coinvolti e dei periodi d’imposta, nonché il riferimento normativo alla composizione negoziata come strumento disponibile. In alcuni casi, viene allegato anche un prospetto riepilogativo della situazione. Quello che la comunicazione non dice, ma che è importante comprendere, è che si tratta di un’occasione da cogliere tempestivamente: aspettare significa rischiare che nel frattempo vengano avviate procedure esecutive o che la situazione finanziaria peggiori ulteriormente.

Dal punto di vista procedurale, la lettera viene recapitata all’indirizzo di posta elettronica certificata dell’impresa registrato presso il Registro Imprese, oppure mediante raccomandata con ricevuta di ritorno. È opportuno notare che la mancata ricezione o lettura della comunicazione non esime il contribuente dalle conseguenze dell’inadempimento, né impedisce all’ente creditore di procedere con le azioni di recupero.

Composizione negoziata della crisi: uno strumento da conoscere

L’istituto della composizione negoziata della crisi d’impresa è stato introdotto dal D.L. 118/2021 e successivamente incorporato nel Codice della crisi attraverso diverse modifiche, l’ultima delle quali con il D.Lgs. 136/2024. Si tratta di una procedura volontaria, riservata e stragiudiziale attraverso la quale l’imprenditore può cercare di superare una situazione di difficoltà economico-finanziaria con l’ausilio di un esperto indipendente nominato dalla Camera di Commercio.

La natura volontaria è fondamentale: l’impresa non viene “costretta” ad accedervi, ma vi ricorre spontaneamente quando ritiene che esistano ancora margini per un risanamento. L’esperto nominato – che deve possedere requisiti di professionalità specifici e indipendenza – svolge un ruolo di facilitazione nelle trattative con i creditori, aiutando a costruire un percorso sostenibile che può sfociare in diverse soluzioni: un accordo di ristrutturazione dei debiti, un piano di rientro concordato, la cessione dell’azienda o di un ramo d’azienda, oppure in casi estremi il concordato preventivo.

Nel corso del 2024 e nei primi mesi del 2025, la procedura ha registrato un incremento delle istanze presentate, anche se i numeri complessivi restano contenuti rispetto al potenziale bacino di imprese in difficoltà. I dati dell’Osservatorio Unioncamere (aggiornati a novembre 2024) indicano che sono state presentate circa 1.963 istanze dal novembre 2021, con una concentrazione nei settori manifatturiero (21,5%), commercio (19%) e costruzioni (15%).

Le misure protettive e la sospensione delle azioni esecutive

Uno degli aspetti più rilevanti della composizione negoziata riguarda la possibilità di ottenere misure protettive del patrimonio. Secondo gli articoli 18 e seguenti del Codice della crisi, l’imprenditore che accede alla procedura può chiedere al Tribunale competente di sospendere le azioni esecutive individuali sul suo patrimonio per un periodo determinato, normalmente non superiore a 120 giorni, prorogabile in presenza di giustificati motivi.

Queste misure operano in modo diverso a seconda del momento in cui vengono richieste. Esiste una protezione “automatica” limitata che decorre dalla pubblicazione dell’istanza nel Registro Imprese (riguarda essenzialmente il divieto per i creditori di acquisire titoli di prelazione), ma per ottenere il blocco vero e proprio dei pignoramenti e delle esecuzioni forzate è necessario un provvedimento del Tribunale. Nella pratica professionale si osserva che i giudici concedono queste tutele quando l’esperto nominato conferma la fondatezza della richiesta e l’esistenza di concrete possibilità di risanamento.

Per quanto riguarda i debiti verso l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, la sospensione impedisce agli agenti della riscossione di avviare o proseguire le procedure esecutive, comprese le iscrizioni ipotecarie e i fermi amministrativi sui veicoli. Tuttavia – e questo è un aspetto spesso trascurato – la sospensione non esonera il contribuente dal versamento delle imposte correnti che maturano durante la procedura. Arrivare a un accordo con il Fisco ma nel frattempo accumulare nuovi debiti fiscali potrebbe compromettere l’esito delle trattative.

La transazione fiscale: margini di manovra e limiti

La questione centrale per molte imprese che affrontano una composizione negoziata riguarda la possibilità di “ridurre” il debito fiscale attraverso una transazione con l’Erario. Qui il quadro normativo presenta alcune complessità che è bene chiarire. Secondo il principio generale dell’indisponibilità del credito tributario, l’Agenzia delle Entrate non può rinunciare a quote di tributi dovuti se non nei casi espressamente previsti dalla legge.

Il Codice della crisi prevede la transazione fiscale negli articoli 63 (per l’accordo di ristrutturazione dei debiti) e 88 (per il concordato preventivo). Nella composizione negoziata “pura” – quella che non sfocia in una procedura concorsuale – la possibilità di ottenere una riduzione del debito tributario incontra invece ostacoli significativi, come ha recentemente chiarito l’Agenzia delle Entrate con vari interpelli. La prassi di alcuni uffici è stata oggetto di critiche in dottrina, ma resta il fatto che senza l’approdo a un accordo omologato dal Tribunale, le possibilità di stralcio delle somme dovute sono praticamente nulle.

Diverso è il discorso per quanto riguarda la dilazione dei pagamenti e la riduzione delle sanzioni. Su questi fronti, gli uffici dell’Agenzia dispongono di margini di flessibilità maggiori e possono concordare piani di rientro anche pluriennali, con azzeramento o forte abbattimento delle sanzioni amministrative, mantenendo ovviamente integri l’imposta dovuta e gli interessi. Un’impresa che deve 300.000 euro al Fisco (di cui 100.000 di sanzioni) può realisticamente negoziare l’eliminazione delle sanzioni e un pagamento rateale dell’imposta principale in 5-7 anni, a condizione che il piano presentato sia sostenibile e attestato come tale dall’esperto.

Le risposte dell’Agenzia delle Entrate e i chiarimenti del 2025

Nel corso del 2025, l’Agenzia delle Entrate ha fornito alcuni chiarimenti interpretativi rilevanti attraverso le risposte a interpello n. 177, 178 e 179 del luglio 2025. Questi documenti hanno affrontato profili fiscali specifici della composizione negoziata, con particolare riferimento al trattamento delle plusvalenze e delle sopravvenienze attive.

In particolare, con la risposta n. 178/2025 è stato precisato che le plusvalenze realizzate in caso di cessione d’azienda nell’ambito di una composizione negoziata non beneficiano del regime agevolato previsto dall’articolo 86, comma 5, del TUIR. Secondo l’Agenzia, la composizione negoziata – pur essendo uno strumento di gestione della crisi – non presenta i requisiti formali richiesti dalla norma, che fa riferimento a procedure omologate o approvate dall’autorità giudiziaria. Si tratta di un’interpretazione restrittiva che ha sollevato qualche perplessità tra gli operatori, ma che al momento rappresenta l’orientamento ufficiale dell’amministrazione finanziaria.

Analogamente, con la risposta n. 179/2025 è stato chiarito che nel concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio le sopravvenienze attive da esdebitazione concorrono interamente alla formazione del reddito imponibile, non trovando applicazione il regime di esclusione previsto per altre procedure. Questi orientamenti confermano una linea interpretativa che tende a limitare i benefici fiscali alle sole procedure espressamente richiamate dalle norme agevolative.

Un caso pratico: come muoversi dopo la segnalazione

Poniamo il caso di una società a responsabilità limitata attiva nel settore della distribuzione commerciale che riceve una comunicazione dell’Agenzia delle Entrate. L’azienda ha accumulato debiti IVA e IRES per complessivi 520.000 euro, scaduti da oltre quattro mesi. Il fatturato è calato del 30% negli ultimi due anni a causa della perdita di alcuni clienti importanti, ma la struttura aziendale è ancora efficiente e ci sono prospettive di recupero se si riesce a superare questo momento critico.

La prima valutazione da fare riguarda la sostenibilità dell’impresa: esistono realmente margini per un risanamento o si tratta di una situazione senza via d’uscita? Questa analisi richiede l’esame dei flussi di cassa previsionali, della redditività operativa, della struttura dei costi. Se il risultato è positivo – l’impresa ha ancora capacità di generare margini sufficienti a ripagare i debiti in un arco temporale ragionevole – allora la composizione negoziata può essere lo strumento giusto.

Il passo successivo consiste nel presentare l’istanza di nomina dell’esperto attraverso la piattaforma telematica delle Camere di Commercio. L’istanza va corredata da alcuni documenti fondamentali: le ultime dichiarazioni fiscali, la situazione patrimoniale aggiornata, l’elenco dei creditori con i relativi importi. È necessario anche produrre autocertificazioni circa l’assenza di procedure concorsuali pendenti e la regolarità delle scritture contabili. Il sistema nomina un esperto entro pochi giorni e questi, una volta accettato l’incarico, convoca l’imprenditore per un primo incontro.

Durante le trattative, l’esperto media tra l’azienda e i creditori. Nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, potrebbe essere proposto un piano che prevede il pagamento integrale dell’imposta dovuta (520.000 euro) in 72 rate mensili, con azzeramento delle sanzioni (che nel frattempo potrebbero ammontare ad altri 150.000 euro circa). Per ottenere l’accordo del Fisco occorre dimostrare che il piano è sostenibile, allegando proiezioni economico-finanziarie attestate da un professionista. L’Agenzia valuterà se accettare, considerando che l’alternativa – il fallimento dell’impresa – probabilmente comporterebbe un recupero molto inferiore.

Profili critici e questioni ancora aperte

Nonostante il rafforzamento normativo degli ultimi anni, la composizione negoziata presenta ancora alcuni aspetti problematici. Un primo nodo riguarda la capacità degli imprenditori di intercettare tempestivamente i segnali di crisi. Molte aziende arrivano alla segnalazione dell’Agenzia quando la situazione è già compromessa, con debiti che superano ampiamente le soglie di legge e con una struttura operativa ormai inadeguata. A quel punto, i margini di manovra si riducono drasticamente.

Un secondo aspetto critico concerne l’atteggiamento non sempre uniforme degli uffici territoriali dell’Agenzia delle Entrate nella valutazione delle proposte transattive. Sebbene esistano direttive interne (il già citato Provvedimento n. 21447/2024 definisce competenze e procedure), nella realtà operativa si registrano difformità significative tra diverse Direzioni Regionali. Alcune mostrano maggiore apertura verso soluzioni dilatatorie, altre mantengono posizioni più rigide. Questa variabilità genera incertezza per le imprese e complica il lavoro degli esperti.

Va poi considerato che la composizione negoziata, per sua natura, non offre garanzie di successo. Le statistiche più recenti indicano che una quota significativa di procedure si chiude senza accordo, con l’impresa che finisce poi in liquidazione giudiziale o che comunque non supera la crisi. Il rischio è che la segnalazione si trasformi in un mero adempimento burocratico, piuttosto che in un’occasione reale di risanamento. In questa ottica, sarebbe forse opportuno accompagnare le comunicazioni con un supporto più strutturato alle imprese, magari attraverso sportelli di orientamento presso le Camere di Commercio.

Infine, una criticità di sistema riguarda il coordinamento tra le diverse procedure e gli obblighi degli enti creditori. L’articolo 25-novies prevede che la segnalazione avvenga “prima di iniziare procedure cautelari o esecutive”, ma non sempre è chiaro cosa accade se nel frattempo scadono termini per azioni di recupero o se altri creditori iniziano azioni individuali. La giurisprudenza sta progressivamente chiarendo questi aspetti (si vedano ad esempio Tribunale di Bergamo, decreto 21 settembre 2022, o Cassazione n. 3634/2025), ma permangono zone d’ombra.

Le modifiche del decreto correttivo 136/2024

Il D.Lgs. 136/2024, entrato in vigore nell’autunno scorso, ha apportato diverse modifiche alla disciplina della composizione negoziata con l’obiettivo di rendere lo strumento più efficace e accessibile. Tra le novità più significative c’è l’ampliamento delle ipotesi in cui è possibile accedere alla procedura: ora possono beneficiarne anche le imprese che si trovano in una situazione di semplice “squilibrio patrimoniale o economico-finanziario” anche se non ancora prossime all’insolvenza vera e propria.

Sul piano operativo, il decreto ha introdotto semplificazioni per le piccole e medie imprese e ha rafforzato gli obblighi per gli istituti di credito, che in determinate circostanze devono motivare espressamente il rifiuto di proposte di ristrutturazione (articolo 16, comma 5, e articolo 18, comma 5-bis del Codice della crisi). Un altro elemento di rilievo riguarda l’interoperabilità delle banche dati: l’esperto ha ora accesso facilitato a informazioni su debiti fiscali e contributivi, il che dovrebbe velocizzare l’istruttoria.

Per quanto riguarda la transazione fiscale, l’articolo 23, comma 2-bis, del Codice della crisi (come modificato dal D.Lgs. 136/2024) ha cercato di ampliare i margini di applicazione di questo istituto anche nell’ambito della composizione negoziata, ma – come si è visto – l’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate resta prudente. Si attende al momento l’emanazione di una circolare unitaria che faccia chiarezza su tutti questi profili, circolare che secondo alcune indiscrezioni potrebbe arrivare entro l’autunno 2025.

Considerazioni operative per le imprese destinatarie

Le aziende che ricevono la comunicazione dell’Agenzia dovrebbero evitare l’errore di sottovalutare il messaggio o di considerarlo alla stregua di un normale sollecito di pagamento. Si tratta invece di un segnale che richiede un’immediata valutazione della situazione complessiva. È consigliabile rivolgersi tempestivamente a un commercialista o a un advisor esperto in crisi d’impresa per effettuare un’analisi approfondita della situazione patrimoniale, finanziaria ed economica dell’azienda.

Se l’analisi evidenzia che esistono concrete possibilità di risanamento, attivare la composizione negoziata può rappresentare la scelta più razionale. Durante il percorso è fondamentale mantenere la massima trasparenza con l’esperto e con i creditori, fornendo tutta la documentazione richiesta e aggiornando costantemente le previsioni. Altrettanto importante è continuare a gestire l’azienda con oculatezza, evitando di aggravare la posizione debitoria con nuove inadempienze.

Va tenuto presente che la composizione negoziata non è uno strumento magico che risolve tutti i problemi. Richiede impegno, sacrifici e spesso anche la disponibilità dei soci a iniettare nuove risorse. In alcuni casi può essere necessario procedere con dismissioni di asset non strategici o con ridimensionamenti della struttura. L’obiettivo è trovare un equilibrio sostenibile tra il mantenimento dell’attività e la soddisfazione dei creditori. Quando questo equilibrio non esiste, o quando l’impresa ha ormai perso ogni prospettiva di continuità, potrebbe essere più saggio valutare altre strade, come il concordato preventivo liquidatorio o addirittura la liquidazione giudiziale controllata.

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