L’Agenzia delle Entrate, con la recente risposta a interpello n. 136 del 2025, fa luce sul trattamento IVA applicabile al rimborso dei costi del personale impiegato in codatorialità all’interno delle reti d’impresa. La questione, di grande interesse per le aggregazioni aziendali, vede esclusa l’imposta sul valore aggiunto per queste specifiche movimentazioni finanziarie, differenziandole nettamente dal distacco di personale. Si tratta di un chiarimento che fa seguito alla circolare n. 5/2025.
Il perimetro della codatorialità nelle reti d’impresa
Quando si parla di codatorialità, specialmente nell’ambito delle reti d’impresa, ci si riferisce a una situazione in cui più imprenditori, legati da un contratto di rete, assumono congiuntamente la veste di datori di lavoro nei confronti di uno o più dipendenti. Questa modalità di gestione del personale è espressamente contemplata dall’articolo 30 del Decreto Legislativo 276/2003, in particolare al comma 4-ter, che consente l’ingaggio di lavoratori con regole definite direttamente nel contratto di rete. È una dinamica che scardina la visione tradizionale del rapporto di lavoro, legandolo a un progetto comune piuttosto che a una singola entità aziendale. Nella prassi, questa flessibilità permette alle imprese in rete di condividere competenze e risorse umane in maniera efficiente.
Distacco di personale: un mondo a parte
Ben diverso è il distacco di personale, disciplinato anch’esso dall’articolo 30 del D.Lgs. 276/2003. Qui, un datore di lavoro (il distaccante) mette temporaneamente a disposizione di un altro soggetto (il distaccatario) uno o più lavoratori per l’esecuzione di una specifica attività lavorativa, ma ciò avviene per soddisfare un proprio interesse produttivo. Elemento cardine, questo dell’interesse, che nel caso di distacco tra aziende retiste, secondo il comma 4-ter della medesima norma, si considera automaticamente sorto in forza dell’operare della rete stessa.
Tuttavia, la natura della prestazione nel distacco è intrinsecamente diversa da quella della codatorialità: nel distacco c’è una fornitura di manodopera, seppur temporanea, che può avere rilevanza ai fini IVA, specialmente con le novità normative per i contratti stipulati o rinnovati dal 1° gennaio 2025.
La posizione dell’agenzia: niente iva sui rimborsi
L’Agenzia delle Entrate, nella risposta n. 136, ha abbracciato la tesi secondo cui il semplice rimborso del costo dei lavoratori in codatorialità non configura una prestazione di servizi rilevante ai fini IVA. Perché questa conclusione? La ragione risiede nell’assenza di un rapporto sinallagmatico, ovvero di uno scambio di prestazioni corrispettive, tra le imprese della rete. Nella codatorialità, infatti, le imprese che aderiscono alle regole d’ingaggio stabilite dal contratto di rete assumono ciascuna il ruolo di datore di lavoro. Sono, pertanto, direttamente e pro quota responsabili del pagamento dello stipendio al lavoratore.
Di conseguenza, il rimborso degli oneri sostenuti, magari da un’impresa capofila che anticipa i pagamenti, assume la natura di una mera movimentazione di denaro. Si tratta, in sostanza, di una restituzione di somme anticipate solidalmente, operazione esclusa dal campo di applicazione dell’IVA ai sensi dell’articolo 2, terzo comma, lettera a) del DPR 633/72.
Una distinzione cruciale per la corretta gestione
È opportuno notare come l’Agenzia operi una distinzione importante tra la codatorialità tipica delle reti d’impresa e la codatorialità atipica. Quest’ultima, come delineato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 3899/2019 e Cass. n. 16975/2022), può emergere anche al di fuori dei contratti di rete, ad esempio nei gruppi societari, quando un lavoratore presta la sua opera per più società del gruppo. L’Agenzia sottolinea che il comma 4-ter dell’articolo 30 del D.Lgs. 276/2003 si configura come una norma speciale per le reti, che ammette la codatorialità a condizioni specifiche, non necessariamente sovrapponibili agli elementi “costitutivi” individuati dalla Cassazione per i gruppi.
Nei gruppi, l’interdipendenza si manifesta spesso tramite l’attività di direzione e coordinamento ex articolo 2497 del Codice Civile, esercitata da una holding. Nelle reti, invece, il collante è il programma comune di rete e l’obiettivo condiviso.
Implicazioni pratiche per le imprese in rete
Cosa significa tutto ciò per le aziende che operano in rete e condividono personale in codatorialità? Significa che il riaddebito dei costi del personale tra le imprese partecipanti, proporzionato all’effettivo utilizzo del lavoratore da parte di ciascuna, non dovrà essere assoggettato a IVA. Si tratta di una semplificazione non da poco, che evita l’insorgere di obblighi di fatturazione IVA per queste specifiche movimentazioni. Un aspetto spesso trascurato, ma fondamentale per la corretta gestione fiscale, è che questa irrilevanza ai fini IVA, come precisato anche dalla circolare n. 5/2025, si applica indipendentemente dalla forma giuridica che la rete ha assunto.
Quindi, sia che si tratti di una “rete-contratto” (una collaborazione pura senza un nuovo soggetto giuridico) sia di una “rete-soggetto” (con la creazione di un autonomo centro d’imputazione), il principio non cambia.
Il flusso finanziario e la sua natura
La logica dell’Agenzia delle Entrate si concentra sulla natura del flusso finanziario. Se non c’è una prestazione di servizi resa da un soggetto (la presunta impresa “fornitrice” di personale) a un altro (l’impresa “utilizzatrice”) in cambio di un corrispettivo, allora l’IVA non trova terreno fertile. Nella codatorialità disciplinata per le reti, ogni impresa è già “utilizzatrice” e “datrice di lavoro” allo stesso tempo, per la sua quota parte. Il rimborso, quindi, non fa che ristabilire l’equilibrio finanziario a fronte di un’anticipazione di costi comuni.
Si tratta di un meccanismo di ripartizione interna, non di una transazione commerciale esterna. Comprendere a fondo questa distinzione è vitale per evitare errori e contenziosi.