L’affrancamento straordinario delle riserve in sospensione d’imposta disciplinato dall’articolo 14 del decreto legislativo 192/2024 presenta particolarità interpretative che meritano attenzione. La normativa, precisata dal decreto ministeriale del 27 giugno 2025, stabilisce criteri temporali specifici per determinare l’ammontare affrancabile, con conseguenze significative per le distribuzioni effettuate durante il 2025. Un aspetto chiave riguarda la possibilità di affrancare importi anche quando le riserve vengano distribuite nell’anno corrente, purché non si basi su delibere assunte nel 2024.
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Affrancamento riserve 2025: Doppio riferimento temporale della norma
La formulazione dell’articolo 14 del DLgs 192/2024 richiama due distinti momenti di valutazione. Si fa riferimento alle riserve “esistenti nel bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2023, che residuano al termine dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2024”. Questa dicitura, replicata identicamente nel decreto attuativo, implica una valutazione su due bilanci consecutivi.
Il primo riferimento – quello al bilancio 2023 – serve per verificare l’esistenza originaria della riserva. Il secondo momento, ovvero la chiusura dell’esercizio 2024, determina invece l’ammontare effettivamente affrancabile. La lettura sistematica di queste previsioni suggerisce che le movimentazioni intervenute nel 2024 influenzano direttamente la quantificazione del beneficio fiscale.
Le distribuzioni o utilizzi diversi – come ad esempio la copertura di perdite – realizzati durante il 2024 comportano conseguentemente una riduzione dell’importo su cui calcolare l’imposta sostitutiva del 10%. Questo principio appare coerente con la finalità della norma di premiare le riserve effettivamente residue.
Quando le distribuzioni del 2025 non incidono
Un aspetto particolarmente interessante emerge dalla formulazione letterale della disciplina. Secondo l’interpretazione fornita dalla Relazione illustrativa al decreto ministeriale, le distribuzioni effettuate nel corso del 2025 non dovrebbero ridurre l’importo affrancabile, essendo questo già cristallizzato sulla base del bilancio 2024.
Consideriamo il caso di una società che presenta al 31 dicembre 2024 riserve in sospensione per 150.000 euro. Se nei primi mesi del 2025, prima della presentazione della dichiarazione dei redditi, vengono distribuite riserve per 40.000 euro, l’affrancamento può comunque essere perfezionato sull’intero importo di 150.000 euro.
Questa interpretazione trova giustificazione nel meccanismo di perfezionamento dell’operazione, che avviene – secondo quanto stabilito dall’articolo 4, primo comma del decreto ministeriale – mediante l’indicazione in dichiarazione delle riserve affrancate e dell’imposta sostitutiva dovuta.
Il vincolo della delibera assembleare
La possibilità di affrancare riserve successivamente distribuite nel 2025 incontra però un limite procedurale significativo. L’articolo 3, secondo comma del decreto ministeriale del 27 giugno 2025 precisa che le distribuzioni del 2025 non devono fondarsi su delibere assunte nel 2024.
Questa regola si allinea con i principi contabili nazionali, in particolare l’OIC 28 al paragrafo 23. La disciplina contabile richiede l’iscrizione del debito verso i soci nel momento dell’assunzione dell’obbligazione, coincidente con la delibera assembleare. Di conseguenza, anche in assenza di materiale erogazione, l’importo della riserva risulta già decrementato nel bilancio 2024.
Nella prassi applicativa, questa previsione impone particolare attenzione alla documentazione delle delibere. Le società interessate all’affrancamento dovranno verificare che eventuali distribuzioni programmate per il 2025 non siano già state formalizzate assemblearmente nell’esercizio precedente.
Incrementi e imputazioni al capitale sociale
La disciplina dell’affrancamento riserve 2025 presenta ulteriori sfaccettature quando si considerino variazioni in aumento delle poste patrimoniali. Le riserve in sospensione del 2023 potrebbero aver subito riduzioni nel 2024 per imputazione al capitale sociale, operazione che non dovrebbe ostacolare l’affrancamento.
L’articolo 2, secondo comma del decreto ministeriale chiarisce espressamente che riserve e fondi in sospensione d’imposta possono essere affrancati anche se già imputati al capitale sociale. Questa precisazione appare rilevante per quelle operazioni societarie che comportano movimentazioni contabili senza distribuzione effettiva di risorse.
Più complesso risulta il caso delle riserve che si incrementano durante il 2024. Questo scenario si verifica tipicamente con le riserve di rivalutazione disciplinate dall’articolo 13 della legge 342/2000, richiamate dalle successive normative di rivalutazione. L’articolo 13, secondo comma della legge 342/2000 consente la reintegrazione di riserve precedentemente utilizzate per la copertura di perdite.
Orientamenti contrastanti sulla reintegrazione
La questione della reintegrazione ha generato orientamenti interpretativi non uniformi. Un primo orientamento, basato sulla lettera della norma, riteneva affrancabile l’importo risultante al termine dell’esercizio 2024, comprensivo quindi della parte reintegrata. La riserva incrementata rimaneva pur sempre quella “esistente” nel bilancio 2023, come richiesto dalla disciplina.
La Relazione illustrativa al decreto ministeriale ha però adottato un orientamento restrittivo. Secondo questa interpretazione, la parte di riserva reintegrata nel 2024 non viene considerata esistente ai fini dell’affrancamento. L’importo affrancabile viene conseguentemente limitato al minore tra quello del 2023 e quello del 2024.
Questa lettura, pur apparendo più cautelativa, potrebbe generare incertezze applicative. Nelle situazioni in cui le riserve abbiano subito utilizzi parziali per copertura perdite e successive reintegrazioni, la determinazione dell’importo affrancabile richiederà particolare attenzione alla ricostruzione storica delle movimentazioni.
Aspetti contabili nel calcolo dell’imposta
Sul piano operativo, l’importo delle riserve affrancabile corrisponde a quello risultante dalla contabilità al 31 dicembre 2024. La Relazione illustrativa al decreto ministeriale conferma quanto già precisato dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 6 del 1° marzo 2022.
In particolare, per le riserve formate con saldi attivi di rivalutazione in sospensione d’imposta, non risulta necessario incrementare l’importo dell’imposta sostitutiva precedentemente versata. Questa operazione rimane invece obbligatoria – secondo l’articolo 13, terzo comma della legge 342/2000 – solo in caso di distribuzione ai soci di riserve non affrancate.
Il calcolo dell’imposta sostitutiva del 10% si basa quindi sui valori contabili iscritti, senza necessità di rettifiche per le imposte sostitutive già versate in sede di rivalutazione. Questa semplificazione facilita gli adempimenti contabili e dichiarativi.
Considerazioni operative per i contribuenti
L’affrancamento straordinario rappresenta un’opportunità fiscale che richiede valutazioni strategiche accurate. I contribuenti devono considerare non solo l’impatto immediato dell’imposta sostitutiva del 10%, ma anche le prospettive di utilizzo futuro delle riserve.
L’operazione risulta particolarmente vantaggiosa per le società che programmano distribuzioni ai soci o operazioni straordinarie che comporterebbero l’emersione fiscale delle riserve. Il costo dell’affrancamento, dilazionabile in quattro rate annuali, può risultare inferiore rispetto alla tassazione ordinaria che si applicherebbe in caso di utilizzo delle riserve.
La tempistica delle delibere assembleari assume rilevanza cruciale. Le società interessate dovranno coordinare le scelte di affrancamento con la programmazione delle distribuzioni, tenendo conto che delibere assunte nel 2024 escludono la possibilità di affrancare importi successivamente distribuiti.