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Verifiche fiscali: l’obbligo di motivazione spezza l’era dell’accesso indiscriminato

17 Settembre, 2025

La Corte europea dei diritti dell’uomo condanna l’Italia e il legislatore risponde con l’articolo 13-bis del decreto fiscale. Dal 2 agosto 2025 ogni verifica deve essere giustificata nel dettaglio, modificando equilibri consolidati tra fisco e contribuenti. Un’analisi delle implicazioni operative e giuridiche della svolta normativa.

🕒 Cosa sapere in un minuto

  • Dal 2 agosto 2025, ogni accesso e verifica fiscale deve essere espressamente motivato (“obbligo di motivazione dettagliata”).
  • La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per “controlli indiscriminati” senza adeguate garanzie procedurali.
  • L’autorizzazione all’accesso nei locali d’impresa deve contenere e riportare in verbale motivazioni specifiche e concrete.
  • Per immobili a uso promiscuo serve oggi anche la motivazione dettagliata dell’autorizzazione della Procura.
  • Restano escluse (per ora) le abitazioni private, ma sono possibili futuri ampliamenti per coerenza sistemica.
  • Una motivazione generica comporta vizio sostanziale e può essere contestata in contenzioso tributario.
  • La norma inaugura una stagione di controlli qualitativi e più tutelanti per i diritti dei contribuenti.

Il caso Italgomme e la condanna europea che ha cambiato tutto

Il 6 febbraio 2025 la Prima Sezione della Corte europea dei diritti dell’uomo ha pronunciato una sentenza destinata a fare storia nel rapporto tra fisco italiano e contribuenti. Nel caso Italgomme Pneumatici S.r.l. e altri c. Italia, i giudici di Strasburgo hanno condannato senza appello il sistema dei controlli fiscali nazionale per violazione dell’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

La vicenda ha origini concrete: tredici società pugliesi, guidate dalla Italgomme Pneumatici di Foggia, si sono viste ispezionare sedi aziendali e uffici professionali da parte di Guardia di Finanza e Agenzia delle Entrate tra il 2018 e il 2022. Durante queste operazioni, gli ispettori hanno esaminato, copiato e sequestrato non solo la documentazione contabile obbligatoria, ma anche scritture extracontabili, registri, fatture e archivi informatici. Il tutto senza dover fornire motivazioni specifiche né sottostare a controlli giurisdizionali preventivi.

Per i giudici europei, questo scenario configura un “potere discrezionale illimitato” che viola il diritto al rispetto del domicilio e della corrispondenza. La sentenza non si limita a una condanna formale: impone all’Italia di riformare completamente la normativa e le prassi operative, introducendo garanzie procedurali adeguate e controlli giurisdizionali effettivi.

La risposta lampo del legislatore: l’articolo 13-bis entra in scena

Il governo ha reagito con una tempistica impressionante. Appena cinque mesi dopo la condanna europea, il 17 giugno 2025 è stato varato il decreto-legge 84, convertito poi nella Legge 108/2025 con l’approvazione finale avvenuta il 30 luglio. L’articolo 13-bis, inserito durante l’esame parlamentare, rappresenta la risposta italiana alle critiche di Strasburgo.

La nuova norma modifica l’articolo 12 della Legge 212/2000 (lo Statuto del contribuente) aggiungendo un periodo che suona come una piccola rivoluzione: gli atti autorizzativi e i verbali delle operazioni di verifica fiscale devono riportare “in modo espresso e adeguatamente motivato” le circostanze e condizioni che giustificano l’accesso.

Non si tratta di un semplice adempimento burocratico. L’obbligo di motivazione dettagliata trasforma radicalmente l’approccio agli accessi fiscali, costringendo gli organi verificatori ad abbandonare le formule standardizzate del passato (“controllo lavoratori”, “verifica rimanenze”) per specificare le concrete ragioni che hanno determinato l’esigenza ispettiva.

Anatomia del nuovo sistema: autorizzazioni sotto la lente

La disciplina si applica con intensità differenziata secondo la tipologia di accesso, creando un sistema a geometrie variabili che riflette il diverso grado di invasività delle verifiche.

Verifiche nei locali d’impresa: la fine dei controlli generici

Per gli accessi in locali destinati ad attività commerciali, industriali, agricole o professionali, l’autorizzazione deve essere firmata dal responsabile della Guardia di Finanza o dell’Agenzia delle Entrate. Ma ora non basta più il timbro formale: occorre l’indicazione specifica delle ragioni che giustificano l’intervento.

Nella pratica professionale, questo significa che un’autorizzazione generica basata su “anomalie rilevate nel settore” o “controllo di routine” non soddisfa più i requisiti normativi. Gli organi verificatori dovranno specificare elementi concreti: discordanze tra dati dichiarati e parametri settoriali, segnalazioni di operazioni sospette, incongruenze emerse da precedenti controlli incrociati.

Il verbale di accesso deve poi riprodurre fedelmente i motivi indicati nell’autorizzazione, creando una tracciabilità documentale che consente al contribuente di comprendere fin dall’inizio gli obiettivi della verifica e di organizzare una difesa consapevole.

Immobili a uso promiscuo: la motivazione si estende

Quando l’immobile serve sia come abitazione che come sede dell’attività, la situazione si complica. È richiesta l’autorizzazione della Procura della Repubblica, ma fino al 2 agosto 2025 bastava una semplice presa d’atto dell’uso promiscuo. La nuova disciplina estende l’obbligo di motivazione anche a questi casi, superando una prassi consolidata che si limitava a verifiche formali.

Questo aspetto è particolarmente rilevante per professionisti e piccole imprese che utilizzano parte dell’abitazione per l’attività. L’autorizzazione del Procuratore dovrà ora specificare non solo l’uso promiscuo dell’immobile, ma anche le circostanze concrete che rendono necessario l’accesso in un ambiente parzialmente domestico.

Il nodo irrisolto delle abitazioni private

L’articolo 13-bis presenta però una lacuna che potrebbe generare contenziosi futuri. Gli accessi nelle abitazioni private, disciplinati dall’articolo 52 del DPR 633/1972, sembrano rimanere esclusi dall’obbligo di motivazione dettagliata.

Questi accessi sono consentiti solo in presenza di gravi indizi di violazioni fiscali e previa autorizzazione del Procuratore della Repubblica. La norma, interpretata letteralmente, non estenderebbe a tali casi l’obbligo motivazionale rafforzato, creando un paradosso giuridico: maggiori garanzie per gli accessi meno invasivi rispetto a quelli più restrittivi e intrusivi.

È un aspetto che gli operatori del settore stanno già evidenziando come problematico. La giurisprudenza ha talvolta interpretato la coerenza sistemica come principio guida nell’applicazione delle norme procedurali. È quindi probabile che la prassi operativa e, se necessario, la giurisprudenza confermino l’estensione dell’obbligo anche a questi casi più delicati.

Dalle parole ai fatti: l’impatto operativo della riforma

La vera sfida della riforma si gioca sul piano applicativo. I verificatori di Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza dovranno abbandonare un modus operandi consolidato da decenni, basato su autorizzazioni generiche e verbali standardizzati.

La fine dell’era delle formule precompilate

Basta con i moduli prestampati che elencavano finalità generiche come “accertamento della regolare tenuta delle scritture contabili” o “controllo del corretto adempimento degli obblighi fiscali”. Ora ogni autorizzazione deve contenere elementi specifici che giustifichino proprio quella verifica, in quel momento, presso quel contribuente.

Nella prassi, questo potrebbe tradursi in motivazioni del tipo: “Rilevate discordanze tra i ricavi dichiarati nel 2023 (€ 450.000) e i parametri medi del settore della riparazione auto nella provincia (€ 680.000 per imprese di analoghe dimensioni)”, oppure “Mancato riscontro alla richiesta di chiarimenti del 15 marzo 2025 relativa alle operazioni con la società XYZ, generatrici di crediti IVA per € 50.000”.

Il controllo di qualità delle motivazioni

Ma quando una motivazione può considerarsi “adeguata” secondo i parametri del nuovo articolo 13-bis? La norma non fornisce criteri specifici, demandando alla prassi applicativa e alla giurisprudenza la definizione dei contenuti minimi.

Gli esperti del settore individuano alcuni elementi qualificanti: la specificità (no a formule generiche), la congruità (proporzionalità tra mezzi impiegati e obiettivi), la fattualità (riferimento a dati e circostanze concrete), la chiarezza (comprensibilità per il contribuente non esperto).

Le prime reazioni del mondo professionale

L’Ordine dei Dottori Commercialisti ha salutato con favore l’innovazione, sottolineando come la trasparenza motivazionale rappresenti un elemento di civiltà giuridica. Tuttavia, non mancano le preoccupazioni operative.

Molti studi professionali stanno già preparando protocolli per la verifica immediata della congruità delle motivazioni contenute nei verbali di accesso. La possibilità di contestare fin dall’inizio l’inadeguatezza delle ragioni addotte potrebbe infatti costituire un efficace strumento di tutela, purché gestito con competenza tecnica.

I nuovi equilibri processuali

Il rafforzamento dell’obbligo motivazionale potrebbe incidere anche sui rapporti processuali con l’amministrazione finanziaria. Una motivazione inadeguata o generica potrebbe infatti costituire vizio dell’atto, contestabile in sede di eventuale contenzioso.

La Cassazione, con la sentenza delle Sezioni Unite n. 6782/2024, ha già stabilito che la mancanza di motivazione nell’autorizzazione all’accesso rappresenta un vizio sostanziale dell’atto, non meramente formale. La nuova disciplina amplifica questo principio, offrendo ai contribuenti strumenti di tutela più incisivi.

Scenari futuri e incognite applicative

L’articolo 13-bis è operativo da appena un mese, ma già si delineano alcuni scenari evolutivi. Il primo banco di prova sarà costituito dalle prime pronunce giurisprudenziali chiamate a valutare la congruità delle motivazioni fornite dall’amministrazione.

Il ruolo della giurisprudenza di merito

I Tribunali e le Commissioni Tributarie dovranno definire standard applicativi omogenei, evitando che l’obbligo motivazionale si trasformi in un adempimento puramente formale. È probabile che emerga una casistica ricca di principi e criteri, destinata a orientare la prassi operativa.

Alcuni tribunali potrebbero adottare un approccio rigoroso, pretendendo motivazioni dettagliate e circostanziate. Altri potrebbero mostrarsi più permissivi, accettando giustificazioni generiche purché non del tutto prive di contenuto. L’auspicio è che prevalga un orientamento uniforme che garantisca certezza applicativa.

L’evoluzione della prassi amministrativa

Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza dovranno probabilmente emanare nuove istruzioni operative per guidare i propri funzionari nell’applicazione della riforma. È verosimile l’elaborazione di formulari rinnovati, esempi pratici, criteri di valutazione dell’adeguatezza motivazionale.

La sfida sarà evitare che nascano nuovi standard predefiniti, che trasformerebbero l’obbligo di motivazione specifica in un catalogo di formule alternative, vanificando lo spirito della riforma.

Verso un nuovo equilibrio tra fisco e contribuente

L’articolo 13-bis del decreto fiscale 2025 rappresenta molto più di un aggiustamento tecnico: è il primo mattone di un nuovo equilibrio nei rapporti tra amministrazione finanziaria e contribuenti. Un equilibrio che, pur garantendo all’erario gli strumenti necessari per contrastare l’evasione fiscale, riconosce ai cittadini il diritto a controlli trasparenti, motivati e proporzionati.

La vera partita si giocherà nei prossimi mesi, quando la norma dovrà confrontarsi con la realtà operativa quotidiana. Solo allora si capirà se l’Italia è riuscita a rispondere adeguatamente alle critiche della Corte europea, trasformando una condanna in un’opportunità di modernizzazione del sistema fiscale.

L’impressione è che si sia aperta una stagione nuova, dove la qualità dei controlli prevale sulla quantità, e dove la tutela dei diritti fondamentali del contribuente non è più un optional ma una componente strutturale dell’attività ispettiva. Una rivoluzione silenziosa, ma dalle conseguenze potenzialmente dirompenti.

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