info@studiopizzano.it

Trasferire beni ai soci

Trasferire beni ai soci con le agevolazioni fiscali del 2026

28 Ottobre, 2025

[print_posts pdf="yes" word="no" print="yes"]

Nel prossimo bilancio dello Stato trovano nuovamente spazio le misure che consentono alle imprese di movimentare il proprio patrimonio immobiliare verso i soci pagando meno imposte. Si tratta di una finestra fiscale rivolta agli imprenditori e alle società, pensata per agevolare la fuoriuscita di beni dal regime commerciale. Ancora una volta, il legislatore decide di riproporre questa disciplina: le scadenze si allungano, ma i meccanismi rimangono sostanzialmente gli stessi. Non è proprio una novità, piuttosto una proroga di un’opportunità già sperimentata nel passato.

🕒 Cosa sapere in un minuto

  • La legge di bilancio 2026 proroga la possibilità di trasferire beni ai soci (immobili non strumentali e mobili registrati) con agevolazioni fiscali.
  • Il trasferimento deve essere perfezionato entro il 30 settembre 2026 (società) o 31 maggio 2026 (imprenditori individuali).
  • L’imposta sostitutiva è dell’8% (10,5% per società di comodo), calcolata sulla plusvalenza (valore normale meno costo fiscale) oppure sul valore catastale.
  • Le imposte di registro sono dimezzate, quelle ipotecarie e catastali restano fisse. Nessuna agevolazione sull’IVA.
  • L’agevolazione richiede che i soci siano iscritti entro il 30 settembre 2025. Attenzione a minusvalenze e beni rivalutati.
  • Alternativa: trasformazione in società semplice per la gestione di beni non strumentali.

L’occasione normativa che torna nel 2026

Qui bisogna partire da un dato importante: la bozza della legge di bilancio 2026 reintroduce la possibilità di operare con agevolazione fiscale sul trasferimento di beni ai soci. Non è proprio una sorpresa. Chi segue il tema da anni riconosce il canovaccio: stesse regole degli scorsi anni, solo le date cambiano. Prima c’era il 2016 (art. 1, commi 115-121 della L. 208/2015), poi il 2022, quindi il 2024. Ora tocca al 2026.

La norma si inserisce su un terreno già dissodato. L’Agenzia delle Entrate ha messo nero su bianco i criteri applicativi nelle circolari del giugno e settembre 2016 (la 26/E e la 37/E, per chi vuole i riferimenti precisi). Insomma, la pratica è consolidata. I professionisti sanno come muoversi. Non mancano precedenti, casi studio, modelli operativi collaudati.

I beni che possono beneficiare dell’agevolazione

Andiamo al punto: quali beni rientrano nella disciplina agevolativa? Innanzitutto gli immobili. Ma non tutti. Sono agevolabili gli immobili non strumentali per destinazione (quelli diversi da quelli di cui all’art. 43, secondo comma, del TUIR). Poi ci sono i beni mobili iscritti in registri pubblici, sempre a condizione che non servano all’esercizio dell’impresa.

Esempi concreti: una società ha due edifici. Uno lo usa come sede operativa (strumentale), l’altro lo ha sempre tenuto in portafoglio per investimento (non strumentale). Il secondo può uscire con l’agevolazione. Una società possiede auto aziendali e autocarri. Quelli registrati che non usa direttamente per l’attività, o comunque non strettamente necessari, possono beneficiare del regime agevolato.

C’è anche una terza opzione: la trasformazione in società semplice. Le società che hanno ad oggetto esclusivo o principale la gestione di immobili o beni mobili registrati (purché non strumentali) possono trasformarsi in società semplice agevolato. La logica è la stessa: far uscire questi beni dalla sfera commerciale.

Una precisazione però. La società semplice, per natura, non può svolgere attività commerciali. Deve limitarsi alla gestione dei beni immobili o mobili registrati. Può quindi occuparsi di mero godimento, senza violare la disciplina che riguarda le società di comodo (art. 30 della L. 724/94).

Le date che contano: il 30 settembre 2026

Passiamo alle scadenze, aspetto che spesso genera confusione. Per le società, il termine per completare l’operazione è il 30 settembre 2026. Questo significa che entro quella data deve essere già perfezionato l’atto di trasferimento, debitamente registrato presso il notaio o l’autorità competente. Non basta la delibera interna; serve il documento pubblico.

Attenzione, però. La scadenza di fine settembre non è proprio confortevole dal punto di vista operativo. Arriva subito dopo la pausa estiva. E siccome di mezzo c’è il notaio (obbligatorio per i trasferimenti di proprietà immobiliare e per la trasformazione di società), i tempi si stringono. Molti professionisti hanno sottolineato questa criticità negli anni passati.

C’è però una conseguenza positiva: il pagamento dell’imposta sostitutiva può essere rateizzato. Il 60% va versato entro il 30 settembre 2026, il restante 40% entro il 30 novembre dello stesso anno. Una concessione che aiuta i bilanci aziendali.

Per l’estromissione degli immobili degli imprenditori individuali, le cose funzionano diversamente. La scadenza è il 31 maggio 2026 (non settembre). E il versamento dell’imposta segue un calendario differente: 60% entro il 30 novembre 2026, e il restante 40% entro il 30 giugno 2027. Regole separate per soggetti diversi.

Come si calcola l’imposta sostitutiva

Qui arriviamo al cuore della questione economica. L’imposta sostitutiva si applica sulla plusvalenza, cioè sulla differenza tra il valore normale del bene e il suo costo fiscalmente riconosciuto (al netto degli ammortamenti già dedotti).

In concreto: una società ha acquistato un edificio 10 anni fa per 500.000 euro. Oggi quel fabbricato vale 800.000 euro secondo il valore di mercato. La plusvalenza è 300.000 euro. Su quella cifra si applica l’imposta sostitutiva.

L’aliquota ordinaria è l’8%. Ma c’è un’aliquota maggiorata al 10,5% per le società considerate “di comodo”. Cosa significa? Sono quelle che negli ultimi tre anni hanno generato ricavi inferiori ai ricavi presunti per legge (un test piuttosto tecnico, a cui pensa l’Agenzia delle Entrate). Su queste ultime grava il contributo aggiuntivo.

Esiste anche un’imposta sostitutiva del 13% sulle riserve in sospensione d’imposta che vengono annullate per effetto dell’assegnazione. È un meccanismo un po’ complesso, ma in sintesi: se la società aveva accumulato utili su cui aveva rinviato il pagamento delle imposte, quando assegna beni al socio, quelle riserve “si risvegliano” tributariamente e vengono tassate al 13%.

Per i beni immobili, esiste una facoltà importante: si può usare il valore catastale anziché il valore di mercato. Il valore catastale si calcola moltiplicando la rendita risultante in catasto per moltiplicatori specifici (quelli di cui all’art. 52 del DPR 131/1986). Spesso è vantaggioso perché inferiore al valore di mercato.

I requisiti che i soci devono possedere

Perché l’agevolazione scatti, occorre che i soci siano stati registrati nel libro soci entro il 30 settembre 2025 (per le assegnazioni in scadenza 2026). Per le società sprovviste di libro soci, la qualità deve risultare da titoli idonei con data certa.

Questo requisito è abbastanza semplice. Non è necessario che il socio abbia mantenuto ininterrottamente la qualifica dal giorno in cui è stato iscritto fino al momento dell’assegnazione. Quello che conta è essere socio alla data limite. Dopo, la quota di partecipazione può anche cambiare (il socio potrebbe vendere parte della sua quota a terzi, oppure acquisirne altra).

L’alternativa: assegnare oppure cedere

Qui occorre fare chiarezza su una distinzione importante. L’assegnazione e la cessione non sono la stessa cosa dal punto di vista giuridico e tributario.

L’assegnazione è il trasferimento gratuito del bene al socio. Comporta una riduzione del patrimonio netto della società. Il socio riceve il bene senza pagare nulla. A livello contabile, la società deve avere riserve libere (cioè non vincolate) almeno pari al valore contabile del bene. Se non le ha, l’assegnazione non è possibile.

La cessione agevolata, invece, è un trasferimento a titolo oneroso. Il socio paga un prezzo. Non importa se quel prezzo è proporzionale alla sua quota di partecipazione o meno. La società incassa denaro. Non ci sono i limiti di capienza sulle riserve come per l’assegnazione. Certo, il socio deve trovare i soldi per pagare.

In pratica, molte aziende scelgono una via di mezzo: il socio versa il prezzo, ma lo fa utilizzando crediti che ha verso la società (ad esempio, somme che ha prestato come finanziamento). Così il trasferimento avviene senza esigenza immediata di liquidità.

La trasformazione in società semplice: una via alternativa

Se una società gestisce principalmente immobili o beni mobili registrati non strumentali, può considerare la strada della trasformazione in società semplice. La logica è la stessa dell’assegnazione agevolata: far uscire i beni dal regime di impresa.

La trasformazione funziona così: la società commerciale si trasforma in società semplice, che per natura non può fare attività commerciali. I beni escono dal regime d’impresa alle stesse condizioni di un’assegnazione diretta ai soci, ma attraverso il passaggio formale in una struttura giuridica diversa.

La società semplice, una volta costituita, deve avere come scopo esclusivo o principale proprio la gestione di quei beni immobili o mobili registrati. Può limitarsi alla riscossione di affitti (se gli immobili sono locati), all’amministrazione ordinaria, al godimento personale da parte dei soci. Rimane fuori dal perimetro della disciplina sulle società di comodo.

Le agevolazioni sulle imposte d’atto

Accanto all’imposta sostitutiva principale, c’è un secondo strato di vantaggi. Le imposte d’atto vengono agevolate.

L’imposta di registro dimezzata. Non è abolita, ma ridotta al 50%. Rimane comunque un onere.

L’imposta ipotecaria e l’imposta catastale rimangono in misura fissa. Non variano in funzione del valore dell’immobile, ma sono somme predeterminate dalla legge (attualmente 200 euro e 50 euro per ciascuna, salvo variazioni).

Per quanto riguarda l’IVA, nessuna agevolazione è prevista. Se il trasferimento dell’immobile è soggetto a IVA (ad esempio, perché l’immobile è stato acquisito con IVA deducibile), l’imposta si applica secondo le regole ordinarie. Se l’immobile è fuori campo IVA, l’operazione resta fuori campo. Niente di speciale.

I due mondi: società e imprenditori individuali

Finora abbiamo parlato soprattutto di società. Ma la disciplina riguarda anche gli imprenditori individuali. Per loro, il regime è diverso.

L’imprenditore individuale può estromettere dal suo patrimonio aziendale gli immobili strumentali, sia per natura che per destinazione. La logica è differente rispetto alle società. Non si tratta di mandare in pensione beni marginali, ma di consentire all’imprenditore di “riappropriarsi” dell’immobile dove lavora, come una sorta di buonuscita al termine dell’attività.

Per l’imprenditore vale il termine del 31 maggio 2026. Anche lui deve versare un’imposta sostitutiva (medesime aliquote: 8%, 10,5%, oppure 13% sulle riserve), ma con scadenze differenti di versamento. Il 60% entro il 30 novembre 2026, il resto entro il 30 giugno 2027.

C’è anche un requisito aggiuntivo per l’imprenditore: deve avere posseduto il bene entro il 30 settembre 2025. Questo termine non esiste per le società.

Una circolarità normativa che si ripete

Riflettendo sul contesto più ampio: questa disciplina ritorna ogni due, tre anni. Non è una misura strutturale del sistema tributario, ma una sorta di finestra temporanea che il legislatore continua ad aprire e chiudere.

La ragione? Probabilmente il dato che, quando la finestra si apre, c’è sempre elevato interesse da parte delle imprese. La possibilità di trasferire beni ai soci a condizioni fiscali favorevoli genera domanda. Viene sfruttata rapidamente. Poi il legislatore la chiude e, dopo qualche anno, la riapre.

Nel frattempo, la pratica si sedimenta. I professionisti imparano. I notai gestiscono i trasferimenti. L’Agenzia delle Entrate affronta i casi controversi. Quando la norma torna, il mercato è più maturo rispetto alla prima volta.

Adempimenti e documentazione

Perché l’agevolazione sia piena e incontrastabile, serve documentazione precisa. Innanzitutto, un atto notarile che perfeziona il trasferimento. Non è opzionale; è obbligatorio per gli immobili e per i beni mobili registrati.

Nel modello Redditi della società (quello che si presenta al Fisco), vanno indicate le operazioni agevolate, con i valori relativi e i versamenti effettuati. I codici tributo da usare nel modello F24 sono il 1836 (imposta sostitutiva ordinaria al 8% o al 10,5%) e il 1837 (imposta sostitutiva del 13% sulle riserve).

L’imprenditore individuale, dal canto suo, annota l’estromissione nel libro giornale (o nel registro dei beni ammortizzabili, se opta per la contabilità semplificata) e poi la riporta nel Modello Redditi, quadro RQ.

Tabella riassuntiva: tre operazioni a confronto

Aspetto Assegnazione Cessione Trasformazione
Natura Gratuita Onerosa Trasformazione giuridica
Limite riserve Sì (capienza) No No (riguarda la società)
Socio paga No No
Aliquota imposta 8% (o 10,5%) 8% (o 10,5%) 8% (o 10,5%)
Scadenza società 2026 30 settembre 30 settembre 30 settembre
Scadenza imprenditore N.A. N.A. N.A.

La questione della minusvalenza

Un aspetto che merita attenzione: cosa accade se il bene viene trasferito a valore inferiore rispetto al costo fiscale? Qui la minusvalenza si comporta diversamente a seconda dell’operazione.

Nell’assegnazione, la minusvalenza è sempre indeducibile per la società (art. 101, comma 1, TUIR). È una regola precisa: se il bene vale meno di quanto costò, non c’è margine di manovra.

Nella cessione agevolata, invece, la minusvalenza è deducibile, ma entro certi limiti. Specificamente, la deducibilità è limitata alla differenza tra il costo fiscalmente riconosciuto e il valore normale del bene (secondo la risoluzione dell’Agenzia 101/E del 2017). Meno restrittiva, ma pur sempre vincolata.

Aspetti critici e casistiche ricorrenti

Nella pratica professionale, emergono frequentemente alcuni nodi. Il primo riguarda i beni rivalutati. Se una società ha eseguito una rivalutazione di beni negli esercizi precedenti, e poi li assegna o cede agevolato prima del quarto anno successivo, la rivalutazione perde efficacia. Il bene “torna” al costo originale. È una conseguenza talvolta sorprendente per chi non vi era preparato.

Un secondo profilo delicato concerne la qualificazione dei beni come strumentali o meno. La giurisprudenza (il Tribunale di Milano, ad esempio) ha precisato che la norma agevolativa è di carattere fiscale e non può derogare alle norme di diritto societario. Quindi, l’assegnazione agevolata deve rispettare le regole ordinarie: deve riguardare tutti i soci in proporzione alle loro quote (non è possibile assegnare selettivamente a un solo socio, salvo il ricorso alla cessione), e deve trovare copertura nel patrimonio netto della società.

Infine, c’è il tema delle società in liquidazione. L’Agenzia delle Entrate, nella circolare del 2016, ha chiarito che anche se una società è in fase di chiusura (non esercita più attività, ma sta solo estinguendo rapporti con creditori e debitori), gli immobili possono comunque beneficiare dell’agevolazione. È un’apertura importante, che consente liquidazioni più agevolate.

Articoli correlati per Categoria