Le imprese che attraversano una fase di difficoltà finanziaria – fenomeno peraltro non infrequente nell’attuale contesto economico – possono valutare il ricorso alla sospensione delle rate dei finanziamenti bancari quale alternativa meno invasiva rispetto agli strumenti contemplati dal Codice della crisi d’impresa.
L’Associazione Bancaria Italiana ha diffuso, con circolare del 2 maggio 2025, le nuove “Linee Guida” elaborate nell’ambito del tavolo di coordinamento con le Associazioni imprenditoriali. Il documento, predisposto con il contributo del Fondo di garanzia per le PMI, ISMEA e SACE, delinea un quadro procedurale articolato che le banche dovranno seguire nell’esame delle istanze di sospensione.
I presupposti applicativi e i profili valutativi
Va innanzitutto precisato che l’accoglimento delle richieste non opera in via automatica. Gli istituti di credito sono tenuti a svolgere approfondite valutazioni di merito creditizio, verificando – aspetto questo fondamentale – il carattere meramente transitorio delle difficoltà e la concreta possibilità di ripristino delle condizioni di sostenibilità.
Nella prassi applicativa, la sospensione può interessare alternativamente:
- i) l’intera rata (capitale e interessi);
- ii) la sola quota capitale.
Quest’ultima modalità viene generalmente privilegiata dagli operatori bancari in quanto minimizza gli impatti negativi in termini di classificazione prudenziale e, circostanza non secondaria, evita l’accumulo di un eccessivo debito per interessi.
Le implicazioni sulla classificazione del credito secondo la normativa europea
Un profilo di particolare criticità – spesso sottovalutato dalle imprese – riguarda la classificazione della posizione creditizia ai sensi della disciplina europea di vigilanza bancaria. La concessione della sospensione configura infatti una “misura di concessione” (c.d. forbearance), con conseguente attribuzione del relativo attributo segnaletico.
È opportuno evidenziare come l’attributo “forborne” rappresenti una qualificazione trasversale, applicabile tanto alle posizioni in bonis quanto a quelle deteriorate. Sebbene tale informazione non venga comunicata in Centrale Rischi – circostanza questa che attenua parzialmente l’impatto reputazionale – essa comporta tuttavia significative limitazioni nell’operatività bancaria dell’impresa, con particolare riferimento alla concessione di nuove linee di credito.
La rimozione della qualifica richiede il soddisfacimento cumulativo di stringenti condizioni:
- decorso di almeno 24 mesi dalla riclassificazione in bonis (il c.d. “periodo di prova”);
- effettuazione di pagamenti regolari per almeno la metà del periodo di osservazione;
- assenza di esposizioni scadute oltre i 30 giorni.
I criteri di classificazione in default
La disciplina prudenziale prevede specifici criteri per la classificazione in default del finanziamento sospeso. Nella casistica più ricorrente, ciò si verifica allorché:
- l’impresa abbia già beneficiato di analoga misura nell’anno precedente, che le aveva consentito di superare una precedente situazione di default;
- abbia ottenuto facilitazioni nei due anni antecedenti e presenti contemporaneamente scaduti superiori a 30 giorni.
Un ulteriore criterio – dalla rilevanza pratica non trascurabile – attiene alla riduzione del valore attuale netto dei flussi di cassa derivanti dal finanziamento. Qualora tale riduzione superi la soglia dell’1%, scatta automaticamente la classificazione in default. È proprio per scongiurare tale evenienza che nella prassi si privilegia, come detto, la sospensione della sola quota capitale.
Il regime delle garanzie pubbliche: aspetti procedurali
Quando il finanziamento oggetto di sospensione risulti assistito da garanzia pubblica, emerge l’esigenza – tutt’altro che secondaria – di prolungare la validità della garanzia medesima in coerenza con l’allungamento del piano di ammortamento.
Per quanto concerne il Fondo di garanzia per le PMI, che rappresenta lo strumento di gran lunga più utilizzato, le Linee Guida distinguono due procedure alternative.
Nel caso di finanziamenti classificati in bonis, il prolungamento viene autorizzato previa mera verifica della permanenza dei requisiti soggettivi e oggettivi originari. Occorre tuttavia considerare che l’estensione temporale della garanzia configura un elemento aggiuntivo di aiuto, con conseguente erosione del plafond disponibile per l’impresa beneficiaria.
Diversa è l’ipotesi – statisticamente prevalente – della “temporanea difficoltà dell’impresa”. In tal caso, sebbene la richiesta venga generalmente accolta, l’impresa si trova nell’impossibilità di accedere a nuove garanzie fino alla completa estinzione del finanziamento oggetto di sospensione. Il vantaggio, non marginale, risiede nel fatto che l’operazione non genera ulteriore elemento di aiuto.
Regimi speciali e discipline derogatorie
Il quadro normativo contempla maggiori margini di flessibilità per determinate tipologie di garanzia:
- quelle concesse nell’ambito del Temporary Framework (relative all’emergenza Covid-19 e alla crisi ucraina), la cui durata può essere estesa oltre il limite ordinario di 8 anni;
- le garanzie rilasciate ex art. 13, primo comma, lettera m), D.L. n. 23/2020 (c.d. “Decreto Liquidità”), prorogabili oltre i 180 mesi.
La differenziazione dei regimi applicabili – aspetto questo di non secondaria importanza – incide significativamente sulla flessibilità operativa concessa alle imprese beneficiarie.
Osservazioni conclusive e profili applicativi
L’implementazione delle nuove Linee Guida richiede un’attenta ponderazione caso per caso. Le imprese dovrebbero valutare preventivamente molteplici profili, tra cui:
- l’impatto della classificazione forborne sulla propria capacità di accesso al credito;
- l’opportunità di optare per la sospensione totale ovvero parziale delle rate;
- gli effetti sul plafond residuo di garanzie pubbliche utilizzabili.
Nell’esperienza applicativa si è potuto constatare come una comunicazione trasparente e continuativa con l’istituto di credito durante il periodo di sospensione – preferibilmente supportata da reportistica periodica predisposta da professionisti indipendenti – faciliti considerevolmente il percorso di normalizzazione del rapporto creditizio.
La disciplina delineata dalle Linee Guida rappresenta indubbiamente un passo avanti nella sistematizzazione di una materia tradizionalmente caratterizzata da prassi eterogenee e incertezze interpretative. Resta da verificare, nell’applicazione concreta, la capacità del nuovo framework di contemperare efficacemente le esigenze di tutela del sistema bancario con quelle di sostegno alle imprese in temporanea difficoltà.