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Sopravvivenza dei crediti Società cancellate: nuovo orientamento Cassazione

22 Luglio, 2025

La sopravvivenza dei crediti sociali rappresenta oggi uno dei temi più complessi nel diritto societario. Le Sezioni Unite della Suprema Corte, con la pronuncia numero 19750 del 16 luglio 2025, hanno chiarito definitivamente quando i diritti creditizi di una società sopravvivono alla sua estinzione. Una svolta che ridefinisce gli equilibri tra certezza giuridica e tutela dei creditori.

Crediti Società cancellate: Trasferimento automatico dei crediti ai soci

La cancellazione dal Registro delle Imprese non produce l’automatica estinzione dei crediti societari. Questo principio, ora consolidato dalle Sezioni Unite, comporta che tutti i diritti creditizi si trasferiscono automaticamente ai soci secondo il regime della comunione indivisa. Nella prassi professionale si osserva come questa regola generale operi indipendentemente dalla natura del credito – sia esso certo, incerto o ancora sub iudice.

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Il meccanismo successorio si attiva per effetto della mera cancellazione societaria, senza necessità di ulteriori formalità. Gli ex soci acquisiscono la titolarità dei diritti creditizi in regime di contitolarità, potendo azionare le relative pretese nei confronti dei debitori originari. Si tratta di una successione a titolo universale che trasferisce non solo la sostanza del diritto, ma anche le relative azioni processuali eventualmente già intraprese.

Presunzione di rinuncia: quando non opera

L’orientamento giurisprudenziale precedente stabiliva una presunzione assoluta di rinuncia per i crediti non iscritti nel bilancio finale di liquidazione. Questa impostazione, sostenuta dalle sentenze delle Sezioni Unite numeri 6070, 6071 e 6072 del 2013, considerava automaticamente abbandonati tutti i diritti creditizi illiquidi o incerti omessi dal bilancio conclusivo.

Le nuove Sezioni Unite respingono decisamente questo automatismo. La mancata iscrizione in bilancio non può più fondare, di per sé, alcuna presunzione di abbandono del credito. Come spesso accade nella casistica comune, molti diritti creditizi vengono omessi dal bilancio finale per semplice dimenticanza o per difficoltà di quantificazione, senza che ciò implichi alcuna volontà abdicativa.

Il principio contabile generale stabilisce che ogni credito – ancorché illiquido o incerto – deve essere iscritto nel bilancio al valore presumibile di realizzo secondo l’articolo 2426 del Codice Civile. Questa regola rende irrazionale distinguere tra crediti iscrivibili e non iscrivibili nel bilancio finale.

Onere probatorio della rinuncia

La decisione delle Sezioni Unite sposta l’onere della prova in capo al soggetto che invoca l’estinzione del credito. Non è più sufficiente allegare la mancata iscrizione nel bilancio finale per presumere l’avvenuta rinuncia. Occorre invece dimostrare una specifica manifestazione di volontà remissoria del creditore.

Nella pratica professionale si deve considerare che la rinuncia al credito richiede una manifestazione inequivocabile di volontà, anche mediante comportamento concludente, specificamente comunicata al debitore. Il creditore deve aver chiaramente espresso l’intenzione di liberare il debitore dall’obbligazione, offrendo a quest’ultimo la possibilità di dichiarare, entro congruo termine, se intenda o meno avvalersi della remissione.

Questa ricostruzione tutela maggiormente i creditori sociali, che altrimenti vedrebbero ridotto il patrimonio complessivamente destinato alla soddisfazione dei loro diritti senza alcun mezzo di tutela. Il valore delle pretese omesse dal bilancio finale non può più automaticamente sottrarsi alla garanzia patrimoniale.

Criticità dell’orientamento precedente

Le Sezioni Unite evidenziano diverse problematiche connesse all’automatismo precedentemente teorizzato. In primo luogo, risultava problematica l’individuazione dei diritti suscettibili di estinzione, data l’indeterminatezza della distinzione tra “diritti veri e propri” e le varie categorie (“mere pretese”, “diritti litigiosi”, “ragioni di credito”).

L’esperienza applicativa ha dimostrato come fosse difficile stabilire le modalità di iscrizione in bilancio delle “mere pretese” per evitarne l’estinzione. Si poneva inoltre la difficoltà di ricondurre un comportamento meramente omissivo – quale la mancata inclusione nel bilancio – alla disciplina civilistica della rinuncia, che richiede una manifestazione di volontà specificamente portata a conoscenza del creditore.

È opportuno notare come l’automatismo esponga a pregiudizio i creditori sociali, che non hanno alcun controllo sulla redazione del bilancio finale né mezzi di tutela contro le omissioni dei liquidatori.

Aspetti processuali della successione

Sul piano processuale, la sopravvivenza dei crediti comporta che gli ex soci possano proseguire i giudizi già iniziati dalla società estinta o intraprenderne di nuovi per far valere i diritti trasferiti. La cancellazione societaria non determina l’estinzione del processo, ma la necessità di dichiarare la successione processuale secondo l’articolo 110 del Codice di Procedura Civile.

Secondo quanto previsto dall’articolo 2495 comma 2 del Codice Civile, il soggetto convenuto dall’ex socio deve allegare e provare l’esistenza di un’inequivoca manifestazione di volontà remissoria per eccepire l’estinzione del credito azionato. Non è sufficiente la mera allegazione della mancata iscrizione nel bilancio finale.

La giurisprudenza ha talvolta interpretato estensivamente il concetto di successione, ammettendo anche l’ultrattività del mandato conferito dalla società ai propri legali per la proposizione di ricorsi per cassazione, nonostante l’intervenuta estinzione dell’ente.

Implicazioni per la prassi professionale

Nell’esperienza professionale quotidiana, questa pronuncia comporta significative modifiche nelle strategie di liquidazione societaria. I liquidatori devono prestare maggiore attenzione alla completezza del bilancio finale, includendo tutti i crediti anche solo potenziali al valore presumibile di realizzo.

Gli ex soci acquisiscono una posizione più favorevole, potendo azionare crediti precedentemente considerati estinti per il solo fatto della mancata iscrizione in bilancio. Tuttavia, devono considerare che tale facoltà si accompagna alla correlativa responsabilità per i debiti sociali secondo i limiti stabiliti dall’articolo 2495 comma 2 del Codice Civile.

I debitori delle società estinte non possono più fare affidamento sulla mera omissione dal bilancio finale per liberarsi automaticamente dalle proprie obbligazioni. Devono invece dimostrare la specifica volontà remissoria del creditore originario per invocare l’estinzione del debito.

Coordinamento con la disciplina tributaria

La decisione si coordina con l’orientamento consolidato in materia tributaria, dove le Sezioni Unite numero 3625 del 12 febbraio 2025 hanno chiarito che la responsabilità dei soci per i debiti fiscali dell’ente estinto opera indipendentemente dall’avvenuta percezione di somme dal bilancio finale di liquidazione.

Anche nell’ambito fiscale vige il principio della sopravvivenza delle obbligazioni, che si trasferiscono ai soci quale effetto automatico dell’estinzione societaria. L’Amministrazione finanziaria può azionare le proprie pretese nei confronti degli ex soci senza dover dimostrare la loro partecipazione alla ripartizione finale.

Tuttavia, è importante e fondamentale distinguere tra il profilo sostanziale della responsabilità – che sorge automaticamente – e quello della sua misura, che rimane limitata ai beni e alle utilità effettivamente percepiti secondo il bilancio finale di liquidazione.

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