Il trattamento fiscale delle sopravvenienze attive da esdebitamento nell’ambito dell’IRAP presenta profili di particolare complessità interpretativa, non trovando nel DLgs 446/97 una disciplina espressa analoga a quella prevista per l’IRES. La questione assume rilevanza strategica nella prassi delle procedure concorsuali, dove la corretta qualificazione di tali componenti può incidere significativamente sulla determinazione della base imponibile regionale.
Quadro normativo di riferimento nell’IRAP
Diversamente da quanto accade per l’imposta sui redditi delle società, la disciplina IRAP non contempla disposizioni specifiche per il trattamento delle plusvalenze emergenti dalle procedure di ristrutturazione del debito. Questa lacuna normativa obbliga gli interpreti a ricorrere ai principi generali del tributo regionale, in particolare al meccanismo della “presa diretta” dal bilancio d’esercizio previsto per le società di capitali e gli enti commerciali.
Il sistema IRAP, come noto, assume le componenti imponibili o deducibili così come risultanti dal Conto economico, fatte salve le eccezioni espressamente stabilite dalla normativa di riferimento. Tuttavia, la mera presenza di un componente nel bilancio non è sempre sufficiente a determinarne la rilevanza ai fini del tributo regionale.
Classificazione contabile e riflessi tributari
La dottrina contabile fornisce orientamenti significativi per la risoluzione della questione. Il documento OIC 19, al paragrafo 21A, attribuisce natura finanziaria ai componenti reddituali derivanti dalla riduzione dell’ammontare del capitale da rimborsare nell’ambito di operazioni di ristrutturazione del debito. Tale qualificazione prescinde dalla natura originaria dei debiti oggetto di riduzione, che rileva invece per la loro classificazione nelle voci dello Stato patrimoniale.
Particolarmente significativo risulta il documento OIC 12, che nei paragrafi 92 e 98 ricomprende i “componenti positivi di reddito derivanti da ristrutturazioni del debito” nella voce “C.16.d – Proventi diversi dai precedenti” del Conto economico. Questa collocazione contabile si applica sia alle società che adottano il criterio del costo ammortizzato, sia a quelle che non lo applicano.
Orientamenti dell’Agenzia delle Entrate
La prassi amministrativa ha fornito indicazioni di rilievo attraverso diverse risposte a interpello. L’Agenzia delle Entrate, con le risposte n. 954-688/2013 e la DRE Lombardia n. 904-211/2016 in tema di concordato preventivo, unitamente alla DRE Marche n. 910-78/2015 per gli accordi di ristrutturazione dei debiti, ha escluso dal valore della produzione netta le sopravvenienze attive derivanti dalla falcidia concordataria.
Il fondamento di tale orientamento risiedeva nella classificazione di questi componenti nella voce E.20 “Proventi straordinari” del Conto economico (successivamente abrogata dal 2016), considerata non rilevante ai fini del tributo regionale. La giurisprudenza di legittimità ha confermato questa impostazione nella sentenza della Corte di Cassazione n. 11217/2011.
Principio di correlazione e sue limitazioni
Un aspetto particolarmente delicato riguarda l’applicazione del principio di correlazione contenuto nell’articolo 5, comma 4, del DLgs 446/97. Tale principio stabilisce che sono imponibili o deducibili anche i proventi o gli oneri classificabili in voci diverse da quelle rilevanti ai fini IRAP, purché correlati a componenti positivi e negativi del valore della produzione di periodi d’imposta precedenti o successivi.
Tuttavia, come precisato dalle risposte a interpello citate, questo principio trova applicazione limitatamente ai componenti reddituali che rettificano proventi ed oneri già incisi sulla formazione della base imponibile IRAP in esercizi precedenti. La sua operatività risulta invece esclusa quando i componenti derivano dalla rettifica di un credito o di un debito conseguente a valutazioni riguardanti “l’aspetto meramente finanziario della capacità di adempiere all’obbligazione”.
Evoluzione giurisprudenziale e dottrinale
La giurisprudenza di legittimità ha contribuito a chiarire i confini applicativi della disciplina. Secondo la Cassazione, le perdite su crediti indeducibili ai fini IRAP sono soltanto quelle che si verificano quando il credito, già determinato nell’importo, viene successivamente scontato o ridotto per mancato incasso. Non assumono invece tale qualificazione i minori introiti derivanti dalla determinazione del credito attraverso “una definizione pattizia” priva di “connotato abdicativo”.
Applicando “a specchio” tale principio, la sopravvenienza attiva derivante dal mancato pagamento di passività per effetto dell’insolvenza – e non della rinegoziazione delle condizioni originarie – non appare mai correlata a oneri di precedenti esercizi, anche quando si tratti di costi operativi sostenuti in periodi d’imposta antecedenti.
Superamento delle tesi restrittive
La prassi interpretativa più recente ha definitivamente abbandonato orientamenti che distinguevano il trattamento delle sopravvenienze attive in base alla natura del debito oggetto di stralcio. La tesi che considerava irrilevanti ai fini IRAP le sole sopravvenienze da debiti bancari o finanziari, mentre avrebbe dovuto assoggettare a tassazione quelle derivanti da debiti commerciali, appare ormai superata.
Tale evoluzione si fonda sulla considerazione che la natura finanziaria dell’operazione di esdebitamento prevale sulla classificazione originaria del debito. Questo approccio trova riscontro nella giurisprudenza costituzionale e nella prassi amministrativa più consolidata, che privilegia la sostanza economica dell’operazione rispetto alla sua forma giuridica.