Comprendere se sia più conveniente costituire una società di persone oppure una società di capitali non è un esercizio teorico. È una scelta che incide sulle imposte, sulla tutela del patrimonio personale e anche sul modo in cui l’impresa potrà crescere negli anni. Il confronto non riguarda solo IRPEF e IRES, ma anche IRAP, contributi previdenziali e tempi di tassazione del reddito.
🕒 Cosa sapere in un minuto
- Le società di persone sono fiscalmente trasparenti: il reddito d’impresa viene imputato ai soci e tassato in IRPEF, anche se gli utili non sono distribuiti.
- Le società di capitali pagano IRES e IRAP; il socio persona fisica è tassato solo se riceve dividendi (imposta sostitutiva 26%, senza addizionali).
- La società di persone può risultare più conveniente su utili medio bassi e soci senza altri redditi rilevanti.
- Se si vogliono accumulare utili in azienda o i soci hanno redditi personali elevati, la società di capitali tende a essere più efficiente.
- Nelle società di persone i soci (tranne gli accomandanti) rispondono illimitatamente con il proprio patrimonio; nelle società di capitali la responsabilità è limitata ai conferimenti.
- IRAP colpisce sia società di persone sia società di capitali; la vera differenza riguarda il livello e il momento della tassazione in capo ai soci.
- La scelta tra società di persone o di capitali va valutata considerando imposte, contributi, piani di crescita e protezione del patrimonio familiare.
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Chi deve scegliere tra società di persone o di capitali
Il bivio tra società di persone o di capitali interessa soprattutto persone fisiche che non esercitano ancora attività d’impresa e stanno valutando di avviare un’attività commerciale tramite una struttura societaria.
Nella prassi sono spesso due soci, magari familiari o amici, che stanno decidendo se aprire una S.n.c. o una S.a.s., oppure una S.r.l. “tradizionale” o una S.r.l. semplificata. Dietro questa scelta, però, si nasconde una domanda più concreta: come verrà tassato il reddito prodotto e quanto di quel reddito arriverà davvero nelle tasche dei soci?
La risposta cambia molto a seconda che si opti per un modello trasparente, come avviene per le società di persone ai sensi dell’art. 5 e dell’art. 6, comma 3, TUIR, oppure per una struttura soggetta a IRES autonoma, come le società di capitali.
Come viene tassata la società di persone
Per le società semplici, le S.n.c. e le S.a.s. residenti nel territorio dello Stato il reddito prodotto viene considerato sempre reddito d’impresa e si determina in modo unitario secondo le regole proprie di questa categoria di reddito (art. 6, comma 3 e art. 56 TUIR).
Poi succede una cosa particolare. Il reddito non resta “bloccato” in capo alla società. Per effetto della trasparenza fiscale viene imputato direttamente ai soci, proporzionalmente alla loro quota di partecipazione agli utili, a prescindere dal fatto che l’utile sia stato distribuito o lasciato in azienda.
Se nulla è stabilito nello statuto o nell’atto costitutivo, le quote si presumono proporzionate al valore dei conferimenti. Quando neppure i conferimenti sono determinati, le quote si considerano uguali.
Il reddito così imputato confluisce nel quadro H del modello Redditi delle persone fisiche e si somma agli altri redditi del socio. Diventa quindi soggetto agli scaglioni IRPEF di cui all’art. 11 TUIR:
- 23% fino a 28.000 euro;
- 35% oltre 28.000 e fino a 50.000 euro (con possibile riduzione al 33% nel disegno di legge di Bilancio 2026, se confermata);
- 43% oltre 50.000 euro.
A queste aliquote si aggiungono le addizionali regionali e comunali in capo ai soci, oltre all’IRAP sul valore della produzione, dovuta dalla società di persone. Se i soci partecipano abitualmente e in modo prevalente all’attività lavorativa, esecutiva o direzionale, si sommano anche i contributi INPS nella gestione artigiani o commercianti.
In pratica, la società di persone è fiscalmente “trasparente”: il fisco guarda direttamente ai soci e non lascia riposare gli utili dentro la struttura societaria.
La fiscalità delle società di capitali tra IRES e dividendi
Per le società di capitali (S.r.l., S.p.A., S.a.p.a.) lo schema cambia. La società è un soggetto passivo autonomo IRES, con aliquota ordinaria del 24% sul reddito imponibile, determinato secondo le regole del reddito d’impresa previste dal TUIR.
Su questo reddito si applica anche l’IRAP, di regola con aliquota base del 3,9%, salvo variazioni regionali. La società paga quindi un primo livello di imposta “proprio”, senza coinvolgere ancora i soci.
Il momento in cui il socio viene tassato dipende dalla decisione di distribuire o meno gli utili.
Se gli utili restano accantonati a riserva, il socio non ha alcun prelievo diretto su quella ricchezza. Se invece l’assemblea delibera la distribuzione, i dividendi percepiti dal socio persona fisica non imprenditore sono assoggettati a una imposta sostitutiva del 26%, mediante ritenuta a titolo d’imposta ai sensi dell’art. 27, comma 1, del D.P.R. 600/1973.
Questo meccanismo presenta alcune conseguenze rilevanti:
- i dividendi tassati con imposta sostitutiva non subiscono addizionali regionali e comunali;
- su tali somme non spettano detrazioni o deduzioni IRPEF, salvo altri redditi del contribuente;
- i dividendi così tassati non vanno indicati in dichiarazione dal socio, perché la tassazione è già definitiva in capo al percettore.
In parallelo, il socio che partecipa al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza dovrà occuparsi dei contributi previdenziali, secondo le regole INPS applicabili. Se poi percepisce un compenso specifico come amministratore, si apre anche il capitolo della Gestione separata INPS.
Va ricordato che, in presenza di determinati requisiti, anche una S.r.l. può optare per il regime di trasparenza fiscale e avvicinarsi, dal punto di vista impositivo, alle società di persone. La decisione non è banale e ha impatti di lungo periodo.
Come si determina il reddito e dove incide l’IRAP
Sia per le società di persone commerciali sia per le società di capitali, la base imponibile del reddito d’impresa viene calcolata applicando le regole generali degli artt. 81 e seguenti del TUIR.
I componenti positivi e negativi di reddito concorrono per competenza, come prevede l’art. 109, comma 1, TUIR: ricavi, costi, ammortamenti, accantonamenti deducibili, proventi e oneri vari.
Un discorso a parte riguarda l’IRAP, imposta regionale sul valore della produzione. Anche le società di persone commerciali sono soggetti passivi IRAP. L’imposta colpisce un risultato economico diverso dal reddito d’impresa, più vicino a un margine operativo, e non dipende dalla scelta tra società di persone o di capitali.
La vera differenza sta nel modo in cui il reddito d’impresa, una volta determinato, viene “scaricato” sui soci o trattenuto in capo alla società.
Quando il fisco chiede il conto nei due modelli
Nel modello trasparente, tipico della società di persone, il reddito imputato ai soci viene tassato nel medesimo periodo d’imposta in cui si considera prodotto dalla società. Non interessa se l’utile è stato messo a riserva, se i soci lo hanno effettivamente prelevato oppure no.
Si consideri, ad esempio, una S.n.c. con due soci al 50%. Il reddito d’impresa del 2025 pari a 100.000 euro, dopo IRAP, viene imputato a ciascun socio nella misura del 50% per il periodo d’imposta 2025. Anche nel caso in cui nessuno abbia incassato un euro di utile, quel reddito entra negli scaglioni IRPEF dei soci.
Per le società di capitali, invece, la tassazione dei dividendi segue il principio di cassa: il prelievo sul socio avviene soltanto nel periodo d’imposta in cui la società decide di distribuire gli utili. Il passaggio chiave è la delibera di approvazione del bilancio e di riparto degli utili.
Questo sfasamento temporale diventa un elemento centrale nella valutazione di convenienza tra società di persone o di capitali, soprattutto quando l’impresa intende reinvestire una quota significativa degli utili.
Oltre le imposte: responsabilità, contabilità e costi di gestione
La scelta non è mai solo fiscale. Le società di persone, salvo i soci accomandanti nella S.a.s., espongono i soci a responsabilità illimitata e solidale per le obbligazioni sociali. In caso di debiti verso fornitori, banche o fisco, il patrimonio personale dei soci può essere aggredito.
Di contro, le società di persone presentano in genere costi di gestione inferiori e adempimenti meno gravosi. In presenza dei requisiti, possono adottare la contabilità semplificata, con un impianto contabile meno pesante di quello ordinario richiesto alle società di capitali.
Nelle società di capitali prevale la logica della responsabilità limitata: il socio rischia, in linea di principio, soltanto quanto ha conferito o si è impegnato a conferire. Il patrimonio della società resta separato da quello personale.
Questa protezione patrimoniale, spesso, pesa tanto quanto la differenza d’imposta tra i due modelli. Una S.r.l. costa di più, è più complessa da gestire, ma offre una “barriera” tra rischio d’impresa e patrimonio familiare che molte volte diventa decisiva.
Esempio pratico 1: utili distribuiti e soci senza altri redditi
Per mettere a confronto società di persone e società di capitali è utile riprendere i numeri in modo semplice. Si immagini un utile d’esercizio prima delle imposte pari a 100.000 euro, con due soci al 50%.
Nella S.r.l. che distribuisce tutto l’utile:
- la società paga IRES al 24% (24.000 euro)
- sostiene IRAP al 3,9% (3.900 euro)
- resta un utile distribuibile di 72.100 euro
- la distribuzione ai soci genera imposta sostitutiva del 26% sui dividendi, pari a 18.746 euro
Il carico complessivo, sommando imposte societarie e sui soci, arriva così a 46.646 euro.
Nella S.n.c. con lo stesso utile di 100.000 euro:
- la società paga IRAP di 3.900 euro
- il reddito netto attribuito ai soci per trasparenza è 96.100 euro, 48.050 euro ciascuno
- l’IRPEF di ciascun socio, senza altri redditi, si calcola sugli scaglioni: 28.000 al 23% e la parte residua al 35%
- il totale IRPEF per entrambi è 26.915 euro
- si aggiungono addizionali stimate in 730 euro complessivi
Il peso fiscale complessivo stimato per la S.n.c. in questo scenario è 31.545 euro, quindi sensibilmente inferiore rispetto al caso della S.r.l. che distribuisce integralmente gli utili.
Quando i soci non hanno altri redditi, la società di persone tende a essere più leggera sul piano fiscale, se si guarda solo all’anno e si assumono le stesse condizioni di utile.
Esempio pratico 2: utili distribuiti ma soci con altri redditi elevati
La fotografia cambia se i soci hanno già altri redditi personali. Si riprenda lo stesso utile di 100.000 euro in S.n.c. con due soci al 50%, ma si ipotizzi che ciascuno abbia già 30.000 euro di reddito da lavoro dipendente.
Il reddito imputato da partecipazione resta 48.050 euro per socio. Sommato ai 30.000 euro preesistenti porta ogni contribuente in misura consistente sullo scaglione IRPEF del 43%.
Il risultato è un’IRPEF complessiva per entrambi i soci pari a 38.123 euro, a cui si aggiungono addizionali stimate in 1.640 euro. Il peso totale, includendo i 3.900 euro di IRAP, arriva a 43.663 euro.
In questo caso la differenza rispetto alla S.r.l. che distribuisce gli utili si assottiglia molto. La società di persone, combinata con altri redditi personali, “spinge” i soci verso l’aliquota massima del 43%, facendo perdere parte del vantaggio iniziale.
Qui emerge un punto chiave: la scelta tra società di persone o di capitali non può prescindere dalla posizione fiscale personale dei soci.
Esempio pratico 3: utili non distribuiti e strategia di accumulo
Se la strategia dell’imprenditore è quella di trattenere gli utili in azienda per rafforzare il patrimonio o finanziare nuovi investimenti, il quadro cambia ancora.
Per una S.r.l. con utile di 100.000 euro che non distribuisce nulla:
- IRES 24% pari a 24.000 euro
- IRAP 3,9% pari a 3.900 euro
- nessuna imposta sostitutiva perché non ci sono dividendi distribuiti
Il costo fiscale complessivo si ferma a 27.900 euro, mentre il resto dell’utile rimane nella società sotto forma di riserve.
La stessa situazione in una S.n.c. non consente questo “congelamento” della tassazione. L’utile, pur non distribuito, viene comunque imputato ai soci e tassato immediatamente in IRPEF, con un peso totale di 31.545 euro nel caso di soci privi di altri redditi.
Chi punta a una crescita per accumulo interno di utili, magari in vista di investimenti futuri o per rafforzare il rating bancario, trova nella società di capitali uno strumento più coerente.
Esempi con utili elevati: quando cambiano gli equilibri
Per utili più elevati, ad esempio 1.000.000 euro con due soci al 50%, il confronto si fa ancora più interessante.
Nella S.r.l. che distribuisce l’intero utile:
- IRES 24%: 240.000 euro
- IRAP 3,9%: 39.000 euro
- utile distribuibile: 721.000 euro
- imposta sostitutiva del 26% sui dividendi: 187.460 euro
Il peso fiscale complessivo è pari a 466.460 euro.
Nella S.n.c. con lo stesso utile:
- IRAP 39.000 euro
- reddito imputato ai soci: 961.000 euro, quindi 480.500 euro ciascuno
- IRPEF complessiva stimata per i due soci: 398.510 euro
- addizionali stimate: 17.200 euro
Il totale arriva a 454.719 euro, cioè un risultato leggermente migliore rispetto alla S.r.l. che distribuisce tutto l’utile, anche se il margine si assottiglia.
Se però la S.r.l. non distribuisce gli utili, il carico resta fermo a 279.000 euro (IRES più IRAP), mentre la S.n.c. continua a tassare per trasparenza fino a 454.719 euro. A quel punto la differenza è evidente e difficilmente ignorabile.
In pratica, su utili molto alti e con una politica di non distribuzione, la società di capitali inizia a mostrare un vantaggio fiscale significativo rispetto alla società di persone.
Uno schema di sintesi in tabella
Per avere un colpo d’occhio, si può riassumere uno degli scenari nella tabella che segue (utile 100.000 euro, due soci al 50%, nessun altro reddito):
| Scenario | Imposte società | Imposte soci | Totale imposte stimate |
|---|---|---|---|
| S.r.l. con utili distribuiti | IRES 24.000 + IRAP 3.900 | Sostitutiva dividendi 18.746 | 46.646 |
| S.r.l. con utili non distribuiti | IRES 24.000 + IRAP 3.900 | 0 | 27.900 |
| S.n.c. (trasparenza, senza altri redditi) | IRAP 3.900 | IRPEF + addizionali 27.645 circa | 31.545 |
È uno schema indicativo, certo, ma rende l’idea dei diversi livelli e tempi di prelievo.
Come orientare la scelta tra società di persone o di capitali
La domanda di partenza, a questo punto, si può rileggere in modo più articolato: conviene davvero una società di persone o di capitali?
La società di persone tende a risultare fiscalmente più favorevole quando:
- gli utili non sono particolarmente elevati
- i soci non hanno altri redditi rilevanti
- si preferisce una struttura snella, con costi di gestione contenuti
La società di capitali, invece, risulta spesso preferibile quando:
- si prevede di reinvestire una quota consistente di utili in azienda
- i soci hanno già redditi personali medio alti che li porterebbero verso le aliquote massime IRPEF
- la tutela del patrimonio personale è un obiettivo centrale
- si vuole costruire una struttura più adatta a futuri ingressi di nuovi soci o investitori
La scelta migliore non è mai uguale per tutti. Va costruita sulla situazione complessiva dei soci, sui piani di sviluppo dell’attività e sulla propensione al rischio, fiscale e patrimoniale.



